Bologna, 21 ottobre 2016 – Il 14 luglio del 2006 a Falsterbo, in Svezia, successe una cosa favolosa e di certo straordinaria in senso letterale. Successe questo: una ragazza venticinquenne fece il suo esordio in Coppa delle Nazioni; la sua squadra – l’Italia – vinse; lei fece un meraviglioso doppio netto; quel doppio netto fu l’unico di tutta la gara. Capite? Esordio, vittoria, miglior risultato individuale in assoluto della Coppa. Chiara Arrighetti nemmeno nei suoi sogni migliori e più temerari avrebbe potuto immaginare una tale concentrazione di successo e di emozione. Nemmeno tenendo conto di ciò che – ugualmente straordinario – le era accaduto solo qualche mese prima a Piazza di Siena, quando lei aveva partecipato non solo al suo primo Csio di Roma ma anche al suo primo (ovviamente) Gran Premio Roma. Ecco cosa scrivemmo su Cavallo Magazine a proposito di quel Gran Premio disputato domenica 28 maggio: “Quando entrano in campo per iniziare la prima manche del Gran Premio Roma, il pubblico di Piazza di Siena sa che loro – amazzone e cavallo – sono all’esordio in questa gara, una gara che ogni cavaliere italiano sogna di poter affrontare prima o poi nella sua carriera. Anche lei, anche Chiara fin da bambina aveva sempre sognato di arrivare a Piazza di Siena. E adesso c’è, adesso è lì, per la prima volta nella sua vita: non solo a Piazza di Siena, ma addirittura in Gran Premio Roma. Il massimo. La gente in tribuna sa e capisce tutto questo: e accoglie la giovane amazzone in campo con un caldo e affettuoso e incoraggiante applauso. Come dire: forza, siamo tutti con te. Forza Chiara. E Chiara parte, prende il galoppo, si dirige verso il primo ostacolo, sta per iniziare il suo Gran Premio Roma, ma il suo Gran Premio Roma non inizia: perché il suo cavallo, il suo Harpon du Borda, sul primo ostacolo si ferma. Sul primo ostacolo. Una fermata goffa e sgraziata, le barriere cadono, Chiara finisce sul collo del suo cavallo, quell’atmosfera di bella e ansiosa attesa viene violentata da un evento che disturba nel profondo ogni singolo spettatore in tribuna. Il pensiero comune è perfino ovvio: poverina, adesso perde il morale, adesso non ce la farà più, adesso si sentirà a pezzi, adesso penserà di aver fatto la classica figura della sprovvedutella un po’ incosciente che va a fare qualcosa di più grande di lei. Su Piazza di Siena cala il silenzio. Davvero: una cosa irreale. E Chiara prende il galoppo per la seconda volta. Per la seconda volta si dirige verso quel primo, maledetto ostacolo. Lo supera. E come supera il primo supera anche il secondo, e poi il terzo, il quarto, tutti gli altri, anche la doppia gabbia, anche le linee più difficili, anche gli ostacoli più insidiosi. Tutti. Taglia il traguardo senza aver toccato una sola barriera. Esplode un applauso liberatorio: Chiara sorride e poi ride, quasi incredula. Ce l’ha fatta. Praticamente il suo è un percorso netto. E oggi, a distanza di tempo, lo si può dire senza alcun dubbio: non molti cavalieri in quella circostanza sarebbero stati capaci di una tale reazione”. E pensare che nessun cavaliere italiano seppe chiudere a zero quella prima manche: solo lei, solo Chiara… che però senza toccare una sola barriera collezionò 7 penalità e finì al 26° posto.
Roma e Falsterbo: l’inizio di una storia meravigliosa e perfetta, ma che così meravigliosa e così perfetta non sarebbe potuta essere senza di lui, senza Harpon du Borda. Un cavallo normale ed eccezionale allo stesso tempo. Normale nell’aspetto, normale nel colore del suo mantello (non candido e non corvino, non rosso e nemmeno marrone di quel baio che quando è bello è stupendo, bensì sauro un po’ anonimo come tanti), normale nella sua storia di cavallo trovato quasi per caso e senza essere l’oggetto di una attenzione specifica. Ma eccezionale per quello che ha saputo fare sotto la sella di un’amazzone che lo ha valorizzato come meglio non sarebbe stato possibile. Chiara Arrighetti e Harpon du Borda in breve diventano una macchina da percorso netto: ne mettono in fila uno dopo l’altro, in serie, una cosa davvero impressionante, la domanda a un certo punto era se e quando sarebbe caduta una barriera… La loro storia sportiva si è in breve evoluta fino a portarli al Campionato d’Europa di Mannheim nel 2007 raggiungendo la finale individuale, per poi concludersi agonisticamente parlando nel 2012 dopo un’infinità di ottimi risultati sia in Gran Premio sia in Coppa delle Nazioni. Harpon du Borda per Chiara Arrighetti non è stato un cavallo: è stato il cavallo. Certo. Non si creda che sia stato così solo in virtù dei risultati agonistici ottenuti in concorso. O meglio, sì, proprio per questo, ma cercando di capire cosa voglia dire per uno sportivo, per un atleta, per un’amazzone o cavaliere che sia condividere insieme a un altro atleta, l’atleta cavallo, il cammino quotidiano, giornaliero che conduce a quei risultati: le giornate di lavoro silenzioso in maneggio, i momenti vissuti in scuderia fianco a fianco nel profumo della paglia e con il solo suono di qualche sbuffo di tosse o di qualche colpo di zoccolo sul legno della porta del box, gli esercizi ripetuti in campo ostacoli, no, così non va bene, rifacciamo, ecco, adesso sì, abbiamo capito, ci siamo capiti, le trasferte in van con la preoccupazione che lui lì dietro stia bene, la mano che passa su quella schiena liscia e muscolosa e sulle spalle e poi giù lungo quelle gambe magiche per assicurarsi che tutto sia in ordine, le passeggiate rilassanti a lavoro terminato, le carezze su quel muso vellutato e caldo e lo sguardo dentro quegli occhi grandi e profondi che quando non c’è la tensione della gara o dell’azione sportiva si rilassano abbandonandosi con fiducia al compagno e amico e fratello uomo ma nel caso di Chiara compagna e amica e sorella donna… e in tutto questo la crescita di un sentimento di affetto e poi di amore e poi di assoluta appartenenza reciproca come forse nemmeno tra gli umani è possibile… Ecco, prendiamo tutto questo e portiamolo dentro l’evento sportivo, dentro la grande gara vissuta insieme, l’adrenalina, adesso siamo soli, tu e io, e ce la faremo… e poi l’applauso esplosivo di un pubblico, la gioia, i sorrisi, gli amici di squadra, gli articoli sui giornali, le fotografie… ecco il cavallo della vita, il compagno con il quale raggiungere traguardi insperati, intesa e successo, comprensione e azione, momenti privati e momenti pubblici, sempre insieme, sapendo perfettamente cosa farà l’uno e cosa farà l’altro, ecco il cavallo della vita. Ecco Harpon du Borda per Chiara Arrighetti: così, esattamente così. E’ stato più importante lui per lei o lei per lui? Impossibile stabilirlo: sono stati una cosa unica, inscindibile. Inscindibile perfino ora che Harpon se n’è andato. C’è il dolore, adesso, bruciante e totale: ma poi il tempo aiuterà a sopportarlo bene, quel dolore, pur senza mai cancellarlo; e allora ci sarà lo spazio migliore per ricordare solo le cose belle, solo quel muso morbido e caldo e vellutato, e quanto importante sia stato aver avuto nella propria esistenza un compagno di vita e di sport del genere. Un privilegio, forse. Chiara Arrighetti lo sa bene: il dolore che lei prova oggi vuol dire tutto questo.