Bologna, 15 febbraio 2017 – Una crisi respiratoria: e Daniele ieri è andato oltre. Inaspettatamente. Sorprendentemente. Lui, nato nel dicembre del 1967, che nel corso degli ultimi ventuno anni della sua vita ha strenuamente fatto fronte a tutte le enormi difficoltà causategli da un maledetto incidente in macchina… Un incidente arrivato al termine di una delle sue più belle esperienze agonistiche: in Romania, a Piatra Neamt nel 1996, la squadra azzurra composta da lui su Wolanda, da suo fratello Cristian Pitzianti su Equador, da Andrea Franchi su Filippo Il Bello e da Giovanni Consorti su Vahinha (praticamente un distaccamento di favolosi toscani) aveva vinto la Coppa delle Nazioni. Vittoria dell’Italia: una grande gioia, una soddisfazione enorme anche perché condivisa con gli amici più vicini, gli amici di una vita. Poi il ritorno in macchina. Lentamente, dietro il van. E il destino maledetto in agguato: un colpo di sonno? Un piccolo malore? Chissà… A bordo tutti illesi tranne lui: che rimane paralizzato dalla vita in giù. Per chiunque rimanere senza l’uso delle gambe è una tragedia sconvolgente; ma per un uomo che per professione e per passione fa il cavaliere lo è ancora di più. E’ difficile anche solo immaginare quali possano essere stati i pensieri di Daniele Del Marco nel momento in cui ha capito che non avrebbe più potuto montare a cavallo, che quello che aveva fatto e stava facendo ogni giorno da quasi sempre non sarebbe stato più possibile. Eppure lui ha reagito, con tutta la sua forza: trasferendo nella sua attività di istruttore tutta l’energia fisica e mentale che altrimenti attraverso le sue gambe e le sue mani sarebbe stata assorbita dal costato e dalla bocca di un cavallo, di tutti i cavalli. E per rendersi conto di cosa ciò abbia voluto dire basterebbe ascoltare le parole dei suoi allievi, dei suoi collaboratori, dei suoi amici. Cristian Pitzianti, che non molti anni fa ha vissuto momenti di altissimo livello sportivo e agonistico internazionale, al culmine del suo successo ha dichiarato senza mezzi termini: «Ci tengo a dire che le mie soddisfazioni di oggi per la maggior parte dipendono dalle capacità tecniche di mio fratello Daniele Del Marco, che mi ha veramente trasmesso tantissimo. Lui è una persona favolosa, un uomo in gamba». Poche semplici ma eloquenti parole che definiscono al meglio la figura di quest’uomo discreto e riservato, che della sua condizione non ha mai fatto un elemento di autocommiserazione né di impossibilità per raggiungere qualunque tipo di traguardo o risultato. È un esempio meraviglioso, Daniele, per tutti noi che rimaniamo qui a lottare contro le nostre piccole difficoltà quotidiane, spesso sentendoci impotenti o inadeguati a superare ostacoli davvero minimi. Quelli che invece ha superato Daniele Del Marco sono stati ostacoli immensi, ben più insidiosi e consistenti di quelli saltati in campo per vincere quella Coppa delle Nazioni. Ora è andato, Daniele, ma una cosa è certa: la sua fisica assenza non lo sposterà di un millimetro dal cuore e dalla mente di chi gli ha voluto bene, di chi lo ha ammirato come cavaliere e come istruttore, di chi ha gioito per i suoi successi, di chi lo ha apprezzato per il suo valore di persona. Un maledetto incidente non è riuscito a cancellare Daniele Del Marco dal nostro amato mondo: non ci riuscirà nemmeno la sua fisica scomparsa.