Bologna, giovedì 1 agosto 2019 – Ares probabilmente è stato il cavallo che ha caratterizzato il miglior periodo vissuto da Emilio Bicocchi fino a oggi: non tanto per i risultati magnifici conquistati in gara, quanto proprio per la qualità della sua vita di atleta e di persona e di uomo di cavalli. I risultati agonistici ne sono stati una conseguenza, piuttosto. Ares è arrivato quando Emilio Bicocchi (oggi 42 anni) aveva ormai raggiunto un grado di maturità e di esperienza e di consapevolezza pieno e massimo: la qualità del cavallo unita alla capacità del cavaliere, di ‘quel’ cavaliere, hanno prodotto un binomio formidabile negli anni compresi tra il 2014 e il 2017, quattro stagioni in crescita continua, costante e regolare, gara dopo gara e concorso dopo concorso, impreziosite da risultati stupendi. Ma… c’è un ma, ovviamente… Il ‘ma’ consiste nel fatto che la vita dei cavalieri professionisti – tanto più di quelli di gran successo – porta spesso di fronte a un bivio… alla necessità di fare scelte e di prendere decisioni non facili. Il bivio si presenta al cospetto di Emilio Bicocchi nel mese di marzo del 2018: la classica offerta che non si può rifiutare… Ares ha 12 anni, di certo è arrivato al suo meglio e al suo massimo, un meglio e un massimo che avrebbe potuto mantenere ancora per un bel po’ di tempo, sicuro, ma l’offerta è adesso e non dopo… E quindi, che fare? Emilio Bicocchi è un professionista, deve gestire una scuderia personale, lo sport si fa programmando e pensando al futuro… Emilio Bicocchi decide di accettare l’offerta. Ares parte, direzione Irlanda.
Marzo 2018. Emilio Bicocchi si ritrova quindi senza il cavallo numero uno in scuderia: passa in un sol momento dall’essere una delle pedine fondamentali della squadra nazionale a dover guardare i suoi compagni standosene seduto in tribuna o – talvolta – perfino davanti alla tv. È il rovescio temporaneo di una medaglia che però vale molto… Emilio riorganizza la scuderia, comunque può contare su alcuni cavalli che gli consentono di rimanere ad alto livello seppure non più massimo, la sua bravura di cavaliere gli permette di esserci. Esserci, sì: perché una delle prerogative imprescindibili per qualunque atleta è quella di farsi trovare pronto quando il destino bussa alla porta. E il destino arriva infine alla porta di Emilio Bicocchi: bussa, e porta una cavalla che si chiama Evita… La storia diventa adesso attualità: Emilio Bicocchi ed Evita esplodono nel giro di pochi mesi, una serie di prestazioni e risultati impressionanti fino al culmine di questi giorni, con il 2° posto nel Gran Premio dello Csio a cinque stelle e di Prima Divisione di Falsterbo e l’inclusione da parte del c.t. Duccio Bartalucci nella lista dei dieci azzurri per il Campionato d’Europa di Rotterdam…
Come ha vissuto il dopo Ares? Cosa ha significato separarsi da un cavallo del genere, come ha affrontato il momento?
«Sportivamente è stata abbastanza dura. E anche affettivamente, devo riconoscerlo: è stata una delle rare volte in cui ho veramente sofferto la separazione da un cavallo perché ad Ares ero molto legato. Molto legato, sì. La sua partenza ha determinato un allontanamento per un certo periodo dal palcoscenico più importante, ma questa era una cosa comunque messa in preventivo».
Un allontanamento tutto sommato relativo, però: certo, non più Coppe delle Nazioni e campionati internazionali, ma non se ne è di certo rimasto a casa con le mani in mano…
«No, infatti: per fortuna l’anno scorso ho avuto Call Me che mi ha permesso di rimanere a un buon livello, anche se non certo paragonabile a quello che avevo raggiunto con Ares».
Nonostante la preventiva consapevolezza di perdere la competitività di alto livello, nel momento in cui è davvero successo che pensieri ha fatto?
«Eh… è difficile, però quando la cosa è preventivata la si affronta di certo meglio, con più sicurezza. Fa parte del nostro mestiere… ».
Non c’è mai stato un momento in cui ha rimpianto la decisione di vendere Ares?
«No, no… con i rimpianti non vai da nessuna parte. Le domande bisogna farsele prima, dopo non serve a niente. Anzi. Bisogna vivere e superare i momenti nel migliore dei modi ma sempre pensando dal presente al futuro, guardare indietro non serve a niente. Quindi lo sapevo, ero consapevole di quello che sarebbe successo, ma siamo comunque riusciti a reggere e a tenere botta… Poi è logico: quando vedi gli altri che vanno a fare certi concorsi e tu stai a casa è dura, però fa parte del gioco».
Dopo la vendita di Ares quale… strategia aveva previsto?
«La strategia è sempre abbastanza simile, nel senso che negli anni si cerca sempre di costruire dei rinnovi. Per fortuna io ne avevo con alcuni giovani cavalli buoni, da Faliane a Rondine del Terriccio, a Red Bobo del Terriccio, poi è arrivato anche Flinton che sta andando molto bene… ecco, la strategia è quella di darsi nuovi obiettivi da raggiungere, lavorare in funzione di quelli».
E poi l’arrivo di Evita. Che ha cambiato un po’ le cose, no?
«Non le ha cambiate un po’: le ha cambiate enormemente!».
Ecco. Come è andata la storia del suo arrivo?
«Evita è arrivata a dicembre dell’anno scorso e prima di tutto ci tengo davvero molto a ringraziare Cristian Pitzianti perché è lui che ha messo in contatto i proprietari della cavalla con me. Anzi, prima di tutto devo ringraziare Antonella Canova e Nino Marchese, appunto i proprietari di Evita, ma se non ci fosse stato Cristian Pitzianti non sarebbe successo nulla di tutto questo. Probabilmente, non sarebbe successo: poi chissà, magari ci si sarebbe incontrati lo stesso per altre vie… ».
Ma come mai Cristian Pitzianti ha pensato a questo contatto?
«Cristian mi ha detto guarda, ci sono questi miei amici che hanno questa cavalla che vorrebbero valorizzare perché la figlia in questo momento ha smesso di montare… e così parlando ho fatto il tuo nome… perché secondo me, ha detto Cristian, sei la persona e il cavaliere adatto per questa cavalla, per cercare di farle fare il salto di qualità che si pensa e che si spera, quindi vedrai che ti contatterà Antonella».
Ed effettivamente il contatto è avvenuto…
«Sì, mi ha contattato Antonella Canova, mi ha parlato della cavalla, io sono andato a provarla a Padova in scuderia da loro, ho fatto una prova molto rapida perché era un giorno di forte pioggia, ho fatto proprio quattro salti di numero in maneggio coperto, la cavalla mi è piaciuta… e da lì abbiamo deciso di iniziare questa collaborazione. Evita è arrivata in scuderia da me in dicembre».
Lei cosa pensava effettivamente in quel momento della cavalla?
«Evita mi aveva dato delle ottime sensazioni. Posso dire solo sensazioni, perché non avevo ancora dei riscontri consistenti. Però sentivo un certo feeling. A fine anno ho fatto un nazionale ad Arezzo facendo delle gare piccole, poi a gennaio sarei partito per la tournée negli Emirati Arabi per quattro settimane… Allora mi sono detto, proviamo a portarla: un po’ un azzardo, sì, però pensavo che potesse servire per farla crescere un po’ nel livello delle prestazioni… E così è stato: Evita durante quella tournée ha cominciato a fare molto bene delle 145, poi è arrivata nelle 150 e poi 155 sempre piazzata, sempre molto molto bene».
Ma lei l’ha scoperta diciamo strada facendo, oppure ha subito capito che poteva essere una cavalla da grandi cose?
«La cavalla mi ha dato ottime sensazioni: specialmente in gara lei è molto combattiva, ha qualcosa in più in campo ostacoli. Le sensazioni erano buone, quindi, però un conto sono le sensazioni e un conto è la realtà, ovviamente, cioè andare in gara e avere risultati. Parlando con Antonella e con Nino io avevo sempre detto: la cavalla avrà una buona progressione ma non sarà una cosa veloce… Io pensavo infatti che Evita avrebbe raggiunto il suo meglio alla fine del 2019, all’inizio del 2020… mai avrei immaginato che nel giro di soli sei mesi sarebbe arrivata dove è adesso!».
C’è stato un momento particolare in cui lei l’ha sentita fare un salto di qualità?
«Ma in realtà mai, perché è stata una crescita graduale. Ogni concorso io l’ho sempre portata a fare qualcosa di più, sia come altezze sia come richieste di velocità, e la cavalla l’ha sempre fatto crescendo ogni volta di un pezzettino in più, quindi non c’è mai stato l’exploit, c’è stata invece una continua progressione. Ma la cosa importante – e lo dicevo anche ad Antonella – è che la cavalla tornava da un concorso e ogni volta anche a casa andava meglio, sempre in progressione, in miglioramento continuo».
La gara più bella, che le è piaciuta di più, in cui ha sentito Evita al suo meglio?
«Beh, forse il Gran Premio a Falsterbo… Poi anche altre, la vittoria a Piazza di Siena… In effetti Evita è una cavalla che ha una percentuale di vittorie e piazzamenti molto molto alta. Però a oggi la punta dell’iceberg è il Gran Premio di Falsterbo».
Un cavallo che progredisce con costante regolarità dà sensazioni bellissime al suo cavaliere: quindi anche l’umore ne risente in positivo!
«Ah, senza dubbio, certo, quando si ha un cavallo competitivo ad alto livello poi anche tutto il resto va meglio. Però ci tengo a dire una cosa: io non credo ai miracoli né credo di possedere la bacchetta magica… in realtà io ho semplicemente portato avanti un lavoro che avevano già iniziato magnificamente i miei predecessori su Evita, cioè Stella Marchese, la figlia di Antonella e Nino, e Filippo Bassan. Loro hanno portato la cavalla a quel livello, io poi ho cercato di affinare e di sviluppare il lavoro fatto, ma non è che ho preso una cavalla che andava male e che di botto ha cominciato ad andare bene, ecco: questo ci tengo a dirlo con chiarezza. Sono molto riconoscente a tutti loro, quindi».
Il c.t. Duccio Bartalucci l’aveva addirittura inserita nei dieci della long-list per il Campionato d’Europa…
«È logico che essere nei dieci è stata una soddisfazione grandissima… Poi la cosa più importante è essere nei cinque e infine nei quattro, però il solo fatto di essere stato inserito in quella lista è una forma di riconoscimento. In realtà io non ero previsto per Rotterdam: con Evita farò Dublino e poi avremo altri programmi, però ripeto, non solo non avrei mai immaginato di arrivare con lei al livello in cui siamo oggi, figurarsi essere inserito nella lista dei dieci migliori binomi azzurri… ».
Insomma, da Ares a Evita non è poi trascorso molto tempo…
«Non avrei mai pensato che le cose sarebbero state così veloci… !».