Bologna, martedì 27 agosto 2024 – Se tutti noi oggi possiamo ammirare un binomio magnifico come quello composto da Giulia Martinengo Marquet e Delta de l’Isle lo dobbiamo in buona parte a lei: Silvia Torresani. Proprio la persona della quale molto si è detto e scritto negli ultimi anni grazie al suo ruolo nella squadra svedese di salto ostacoli come veterinaria fisioterapista, oltre che per le sue collaborazioni con diversi soggetti privati (tra i quali lo stesso numero uno del mondo, Henrik von Eckermann). Ma al di là di tutto questo, il fatto è che la storia di Delta è abbastanza particolare…
«Con Giulia e suo marito Stefano Cesaretto lavoro da tantissimi anni, non ricordo nemmeno quanti, certamente più di una decina… Con il tempo tra noi si è instaurato un bellissimo rapporto di amicizia e stima reciproche».
È quindi nel quadro di questo rapporto speciale che a un certo punto compare Delta de l’Isle?
«Sì, esatto. Delta era un mio paziente, la scuderia della sua proprietaria tedesca in Germania infatti avevo iniziato a seguirla io. Questa signora nell’inverno del 2022 ha deciso di trasferire a casa mia sia Delta sia un’altra sua cavalla per dare loro un momento di pausa dalle gare mantenendoli comunque in esercizio, facendogli svolgere lavoro in acqua e in generale venendo seguiti nella cura del corpo e dello sviluppo muscolare. In quel momento tra l’altro lei non era molto contenta del cavaliere che avevano in Germania… Così questi due cavalli sono arrivati da me in dicembre».
Delta sembra essere cavallo di una certa personalità…
«Altroché! È un cavallo molto particolare, molto sensibile ma di carattere forte e deciso. I primi giorni la sua proprietaria mi telefonava in continuazione per chiedere di lui e io le rispondevo che andava tutto bene, ma che andava tutto bene anche con l’altra cavalla… Ma lei voleva sapere principalmente di Delta. Poi un giorno mi ha detto ti chiedo tanto di lui perché Delta a casa solitamente distrugge i box… ».
Distrugge i box… ?
«In effetti mi era poi tornato in mente che lì in Germania avevo visto il suo box foderato di materassi… lui talvolta calciava con una forza tale da rischiare di farsi molto male».
Invece in scuderia da lei?
«Da noi l’ha fatto solo qualche volta, quando gli abbiamo messo vicino qualcuno che gli stava antipatico. I nostri box non sono separati dalla parete piena, c’è la grata tra uno e l’altro quindi i cavalli si vedono e si toccano. Delta fa subito capire se il suo vicino gli piace o meno: calciando, appunto».
Quindi bisogna fare un lavoro di socializzazione?
«Sì, ma non solo. A un certo punto ci siamo resi conto che Delta era anche impaurito dall’idea di dover attraversare spazi stretti, o che lui reputava comunque troppo stretti. L’abbiamo capito perché il suo box è comunicante con un piccolo paddock ma lui se ne stava davanti alla porta senza uscire… Anche entrare e uscire dal box all’inizio era un po’ complicato: lui varcava l’ingresso lanciandosi e saltando dentro o fuori… Ma poi nel corso delle settimane tutto è molto migliorato».
Come ha fatto a migliorare tutto questo?
«Beh, lavorando molto sulla sua emotività, sul suo corpo. Delta è molto sensibile e questa sua sensibilità la manifesta anche a livello muscolare: se lui non capisce qualcosa, se non si sente sicuro in una determinata situazione… ecco, allora si irrigidisce, diventa davvero un blocco rigido, se lo si vede trottare in quei momenti sembra quasi che non riesca a muoversi. La sua proprietaria si è resa conto dei miglioramenti di Delta anche da questo punto di vista e così quella che doveva essere una sua permanenza da noi di un mese e mezzo in realtà si è protratta fino alla primavera del 2023. Noi lo abbiamo tenuto in lavoro sia in piano sia saltando e nel frattempo la signora ha interrotto il rapporto con il suo cavaliere, a quel punto ex cavaliere».
Si è presentato quindi il momento in cui decidere cosa fare con Delta… ?
«Esatto. La signora a un certo punto ha anche pensato di venderlo… ma senza davvero volerlo vendere. Lei infatti non fa commercio dei suoi cavalli, è molto legata sentimentalmente a tutti loro… le è venuto il pensiero di vendere Delta sperando di non doverlo fare veramente. Anche perché Delta non è un cavallo che possa andare in mano a tutti, ci vuole una persona che lo lasci nel suo, che lo rispetti per quello che lui è… ».
Giulia Martinengo Marquet!
«Voglio chiarire bene una cosa: io durante tutti gli anni del mio lavoro non ho mai, e sottolineo mai, proposto cavalli a qualcuno. Non è una cosa che fa parte del mio lavoro ovviamente, e in più io voglio che i confini che separano le varie situazioni rimangano chiaramente delineati. Però quella era una circostanza davvero particolare, fuori da qualunque logica commerciale, caratterizzata da aspetti sentimentali molto forti… insomma, ho detto alla signora che secondo me Giulia poteva essere la persona adatta a Delta».
La risposta è stata ovviamente affermativa da parte della signora…
«Sì, il rapporto tra noi è molto bello, siamo in grande sintonia… Così ho chiamato Giulia e Stefano dicendo loro che secondo me c’era questo cavallo molto interessante da provare».
E la prova come è andata?
«Beh… diciamo che Delta fino a quel momento era sempre stato montato da me o da mio marito. Quando l’ho sellato e lui si è reso conto che non sarei stata io a montarlo mi ha guardato come per dire e adesso cosa succede… ? Ha iniziato a lavorare e… insomma, io Giulia la conosco troppo bene e ho visto la sua espressione iniziale… anche perché Delta non è un cavallo dal quale lavorando in piano non vorresti più smontare… quindi all’inizio le sensazioni di Giulia non credo siano state delle migliori. Ma poi, quando ha iniziato a saltare… beh, Delta è davvero un fuoriclasse, un talento».
Quindi la situazione si è definita?
«Sì, ma in un modo un po’ particolare, diciamo… La signora infatti ha deciso di dare Delta a Giulia a patto che il cavallo rimanesse qui da noi».
In effetti una cosa molto più che particolare…
«Ma con Giulia e Stefano abbiamo un rapporto di così lunga data che loro si fidano ciecamente di noi e del nostro lavoro. C’è un rispetto assoluto del lavoro e del ruolo di ciascuno. Noi non interferiamo sulle loro scelte e loro non lo fanno sulle nostre».
Però ci sarà bisogno di un contatto costante, continuo, no?
«Certo, ovviamente. C’è una programmazione concordata e un costante scambio di informazioni, ci confrontiamo sempre su tutto: è un bellissimo lavoro di squadra».
E Delta come vive questa differenza tra… casa e sport?
«All’inizio tornava sempre a casa dopo ogni concorso, intendo a casa da noi, per poi ripartire la settimana dopo. Da quando le trasferte all’estero si sono intensificate nel numero ci sono effettivamente dei periodi tra un concorso e l’altro in cui lui sta fuori. Ma adesso Delta conosce perfettamente casa sua sia qui da noi sia da Giulia e Stefano, è totalmente a suo agio in entrambe le situazioni: e i suoi comportamenti che inizialmente derivavano da ansia e preoccupazione sono gradatamente venuti meno anche in gara».
Sarà felice la sua proprietaria!
«Felicissima! Anche perché che Delta fosse un talento lo sapevamo bene tutti, ma nessuno si sarebbe aspettato un rendimento così positivo e soprattutto così rapidamente. Del resto che Giulia sia un’amazzone straordinaria non è certo un mistero: ma oltre a ciò lei è stata bravissima nel credere in quello che noi le dicevamo inizialmente, quando le avevamo suggerito di cominciare piano, senza mettere Delta subito a confronto con gare impegnative. La chiave di tutto con Delta, sia per noi sia per Giulia, è prendere atto di questa sua grande emotività legata al suo grande talento, e cercare di metterlo sempre nelle condizioni migliori per sentirsi bene».
Quando lei dice ‘noi’ intende la coppia che forma con suo marito Massimo Da Re: uniti nella vita e anche nella professione, quindi.
«Certo. Siamo veterinari entrambi, ci siamo conosciuti a Bologna ai tempi dell’università. Dopo esserci sposati abbiamo deciso di trasferirci in Friuli, regione d’origine di Massimo: abbiamo vissuto a Udine fino all’anno scorso, adesso ci siamo trasferiti a Colloredo di Monte Albano, in collina, dove ha sede il nostro allevamento e la nostra azienda agricola».
Una struttura molto grande?
«Abbiamo trentadue ettari di pascolo, produciamo in casa la maggior parte del fieno che ci serve per l’allevamento. Abbiamo una quarantina di cavalli che vivono all’aperto, in capannina e in gruppo, di diversa età… fattrici gravide, fattrici con puledro, puledri di diverse fasce d’età. Facciamo gruppi eterogenei, nel senso che tutti i giovani hanno con loro almeno due cavalli più maturi che facciano quasi da scuola, oltre a cavalli a fine carriera sia nostri sia di qualche privato».
Ospitate poi anche i cavalli che vi vengono inviati per trattamenti di vario tipo?
«Sì, certo. In scuderia abbiamo cavalli giovani che iniziano il lavoro e la preparazione, cavalli che vengono qui per staccare dall’impegno agonistico ma rimanere comunque in allenamento, cavalli che devono mantenere la forma fisica ma liberandosi a livello mentale dell’impegno del lavoro quotidiano. Oppure ancora cavalli che hanno bisogno di un lavoro diverso, o di una riabilitazione fisica in seguito a infortuni, oppure di risolvere problematiche comportamentali».
Ma quando lei si è laureata pensava che sarebbe stato questo il suo futuro di professionista?
«Non esattamente. All’inizio pensavo che mi sarei dedicata all’allevamento dal punto di vista più specifico della ginecologia. Ma dopo aver fatto diversi periodi di tirocinio anche durante gli anni dello studio mi sono resa conto che non faceva per me: era tutto una sorta di catena di montaggio, una fattrice via l’altra, senza la possibilità di avere un vero e proprio rapporto soggettivo con l’animale, che era invece quello che io cercavo».
Quindi ha modificato gli obiettivi?
«Sono andata per un periodo negli Stati Uniti dove all’inizio degli anni Duemila si stava cominciando a parlare della fisioterapia applicata ai cavalli. Lì ho iniziato a prendere contatto anche con altre tecniche come la chiropratica e l’agopuntura, che ho poi deciso di approfondire una volta rientrata in Italia. Anzi, la certificazione in agopuntura veterinaria l’ho presa in Belgio dopo aver conosciuto in Kentucky il primo veterinario ad applicare l’agopuntura ai cavalli negli Stati Uniti, Marvin Cain: è stato lui a consigliarmi di andare in Belgio. Però diversi colleghi ortopedici della zona di Bologna mi dimostravano un certo scetticismo circa la possibilità che per la fisioterapia ci fossero degli sbocchi possibili qui da noi, meglio che tu ti dia alla dermatologia, mi suggerivano… Del resto stiamo parlando di circa venticinque anni fa, in Italia era una cosa completamente nuova».
Per fortuna non si è data alla dermatologia!
«Sì, ho fatto di testa mia seguendo i miei desideri e anche le mie intuizioni… Massimo dopo la laurea si è specializzato in odontostomatologia, però come me ha sempre avuto il pallino dello sport e quindi adesso ci aiutiamo a vicenda: io non faccio i denti, però lui aiuta me nel lavoro di riabilitazione, di fisioterapia e di addestramento».
Entrambi infatti siete cavalieri: lei quando e dove ha cominciato a montare?
«Ho cominciato da bambina a Riva del Garda, dove sono nata, in provincia di Trento, in un centro ippico il cui istruttore era Primo Tumiatti. Poi quando mi sono trasferita a Bologna per l’università sono stata seguita da Giorgio Rotondi. Uscivo spesso in concorso ma poi una volta cominciata l’attività di veterinaria non ce l’ho più fatta: si fa il veterinario e basta… Adesso monto solo i cavalli che arrivano nella nostra scuderia per essere seguiti da noi».
Voi avete un rapporto molto stretto con Linda Tellington Jones, vero?
«Sì, assolutamente: una persona che ci è stata di grandissima ispirazione, da lei abbiamo imparato tantissimo. L’abbiamo seguita prima negli Stati Uniti durante alcuni suoi corsi, poi questi stessi corsi li abbiamo organizzati con lei da noi, il prossimo anzi è in programma tra poco, dal 20 al 22 settembre. Tante delle nostre idee e del nostro modo di lavorare derivano da quello che abbiamo imparato dalla signora Tellington Jones, una persona che a 87 anni ha ancora una voglia prorompente di insegnare e di divulgare il suo pensiero e le sue conoscenze».
Se volessimo sintetizzare il contenuto di queste vostre idee e del vostro modo di lavorare… ?
«Mio marito e io siamo sempre stati convinti che dietro al cavallo, alla macchina cavallo, c’è qualcosa d’altro: non solo un corpo fatto di muscoli che funzionano, ma ci sono paure, sentimenti, emozioni, difficoltà… e da veterinari ci accorgevamo che questa parte non veniva considerata. Noi invece la vogliamo considerare: ecco tutto».