Bologna, 30 luglio 2018 – Per il salto ostacoli azzurro una missione è stata compiuta raggiungendo l’obiettivo: adesso se ne prospetta un’altra. La missione compiuta è la permanenza per il 2019 nella Prima Divisione di Coppa delle Nazioni. Questo era l’obiettivo primario e principale dell’anno, al quale subordinare tutti gli altri. Non essere nella Prima Divisione al giorno d’oggi – soprattutto considerando la spaccatura netta che si è creata tra i cavalieri che possono frequentare il Global Champions Tour e quelli che invece ne sono esclusi – è una specie di catastrofe per l’intero movimento sportivo di un Paese. L’immagine di ciò è ben rappresentata da due frasi che Alberto Zorzi e Bruno Chimirri hanno pronunciato in occasione di due interviste che abbiamo pubblicato di recente su queste stesse pagine elettroniche. Ha detto Zorzi, riferendosi ai suoi impegni e ai suoi risultati: “Di concorsi a cinque stelle ce ne sono ogni fine settimana: se non è questa, sarà la prossima”. Bruno Chimirri: “Se non ci confermiamo in Prima Divisione io cosa faccio… vado a fare i concorsi ad Arezzo, Cattolica, Gorla… ”. Ecco, capite? In queste due frasi c’è il senso del tutto.
Per fortuna il problema è risolto: la Prima Divisione è confermata anche per il 2019, traguardo che abbiamo raggiunto con grande sofferenza e proprio all’ultimo momento possibile per soli due punti e mezzo di vantaggio sulla Spagna. Ma è raggiunto: questo contava. Il modo in cui si è ottenuto magari potrà essere motivo di utile riflessione per impostare la stagione 2019, cercando se possibile di evitare di arrivare in fondo con l’acqua alla gola… Il selezionatore azzurro Duccio Bartalucci peraltro sa benissimo tutto, quindi non ha certo bisogno di suggerimenti o di consigli. Rimane il fatto che il suo lavoro non è come quello di un allenatore o selezionatore di calcio che tra i ventiquattro giocatori disponibili può permettersi di scegliere quelli che più gli aggradano o che ritiene maggiormente utili per la prossima partita: lui deve fare i conti con la disponibilità dei cavalieri, con la programmazione a lungo termine del lavoro dei cavalli, con la volontà dei proprietari dei cavalli… Non è facile mettere tutto insieme. E non è facile inoltre rinunciare di colpo a cavalli come Ares, Armitages Boy, Ensor de Litrange, Casallo Z, Fair Light van het Heike, come ha notato lo stesso Bartalucci nel suo commento post Coppa delle Nazioni di Hickstead…
Comunque sia, il capitolo Prima Divisione è chiuso. Cioè, il capitolo permanenza in Prima Divisione è chiuso… In realtà tra due settimane a Dublino affronteremo l’ultima delle tappe del circuito: una Coppa delle Nazioni che come unico risultato praticamente utile potrebbe darci la partecipazione alla finalissima di Barcellona in ottobre. Una finalissima che tuttavia mette in campo solo gloria, denaro e prestigio, non altro (triste da dire, ma oggi sembra che lo sport serva solo se c’è un tornaconto pratico): cioè non qualifica a nulla, non è funzionale a nulla, non stacca biglietti per alcuna destinazione… Diciamo che se ci saremo sarà bello, se non ci saremo non sarà un problema.
Tutto ciò detto, adesso si apre la corsa all’altro grande traguardo del nostro 2018: la qualifica alle Olimpiadi del 2020. Qualifica che augurabilmente dovremo centrare in occasione dell’ormai imminente Campionato del Mondo di Tryon (fine settembre). Allora, qui è forse utile fare il riassunto delle puntate precedenti. Il meccanismo delle qualifiche olimpiche è entrato in vigore per Atlanta 1996. Noi non ci siamo qualificati: ma siamo stati ripescati in virtù di situazioni contingenti ben gestite dalla Fise di allora (presidente Mauro Checcoli). Non ci siamo qualificati poi per Sydney 2000. Ce l’abbiamo fatta per Atene 2004. Abbiamo quindi fallito Pechino 2008, Londra 2012, Rio de Janeiro 2016. Non c’è da stare allegri, come si vede… meno ancora se aggiungessimo che a Barcellona 1992 abbiamo ottenuto il peggior risultato della nostra storia, che a Seul 1988 per la prima volta nella storia la Fise (Lino Sordelli presidente) ha volontariamente deciso di non partecipare (allora fu uno scandalo pazzesco!), che a Los Angeles 1984 a un nostro cavaliere si è rotto il sottopancia in campo durante la gara, che Mosca 1980 è stata boicottata per l’invasione sovietica dell’Afghanistan, che a Montreal 1976 si è definitivamente certificato il tramonto dei fratelli d’Inzeo. Dobbiamo quindi risalire a Monaco 1972 per ritrovare l’ultima nota azzurra positiva alle Olimpiadi: Graziano Mancinelli oro individuale e – con Vittorio Orlandi e i fratelli d’Inzeo – bronzo a squadre. Ecco, ripetiamo: questo è il sintetico riassunto di ciò che è accaduto fin qui, tanto per inquadrare il problema in una prospettiva ampia.
Il mondiale non sarà l’unica e ultima possibilità per staccare il biglietto verso Tokyo: nel 2019 ci sarà il Campionato d’Europa, quello sì ultima possibilità. Ma se ce la facessimo prima sarebbe di gran lunga meglio, anche perché vorrebbe dire aver fatto un buon Campionato del Mondo, che non è proprio la garetta della parrocchia… La Coppa delle Nazioni di Dublino quindi a questo punto diventa anche un test di qualche utilità sul cammino di avvicinamento a Tryon, un possibile buon allenamento posto che su due binomi non ci possono essere dubbi in prospettiva mondiale, cioè Luca Marziani/Tokyo du Soleil e Bruno Chimirri/Tower Mouche. Bisogna scegliere gli altri tre: ma qui ci fermiamo, altrimenti che lavoro farebbe il commissario tecnico Duccio Bartalucci… ?