Bologna, 17 agosto 2017 – Ci ho messo qualche giorno a mettere a fuoco… Non capivo cosa, dopo tanti concorsi visti, dopo tanti salti, dopo tante immagini di campioni, nel weekend a cavallo del ‘sacro’ Ferragosto, mi avesse smosso emozioni inaspettate. Dopo aver assistito al ritiro del gigante Bolt ai mondiali di atletica di Londra 2017, dopo tanto sport e tanti primati, nella pagina sportiva del Tg nazionale, in fascia oraria di massimo ascolto, ho visto il percorso di Valkenswaard di De Luca con Ensor de Litrange. Ovvero, De Luca è arrivato sullo stesso video di calciatori e protagonisti di sport di massa.
La qualità di questo cavaliere ha bucato la cortina del ‘settore’ e ha portato l’equitazione, il salto ostacoli, sotto gli occhi di tutti. De Luca ha fatto vivere la celebrazione collettiva di un campione capace di vincere. E in una certa misura, con lui, ha vinto il nostro sport.
E fin qui, niente di strano: c’è stato il risultato e quindi anche la notizia.
Quello che in realtà mi ha fatto emozionare è stato vedere accendere i riflettori su un senso di appartenenza a un movimento, a una disciplina, che normalmente viene ignorata.
Mi sono sentita fiera del ‘mio’ salto ostacoli. Mi sono sentita fiera del fatto che la mia passione non sia stata ‘solo’ premiata da una vittoria, bensì del fatto che questo risultato sia arrivato nelle case di tanti italiani.
In un momento di grande benessere dell’equitazione di vertice, con De Luca, Zorzi e altri numerosi cavalieri che tirano la volata, è il momento di spingere sull’acceleratore della comunicazione. Abbiamo campioni e protagonisti da ‘spendere’ a livello mediatico più che in altri momenti del passato recente: testimonial di uno sport che deve allargare il proprio pubblico.
E mentre ci sarà sicuramente chi sta già lavorando per capitalizzare questo momento, non ci rimane che dire grazie ai nostri binomi. Grazie al nostro sport.
di Liana Ayres