Bologna, 16 maggio 2018 – Piazza di Siena è un luogo magico. E dunque vi accadono delle magie… Come quella che stiamo vedendo adesso con gli occhi della mente e della memoria. Questa.
Venerdì 4 maggio 1951. Piazza di Siena è immersa nella folla, circondata dalla folla. Una folla smisurata disposta tutto intorno al campo ostacoli, dietro le siepi che ne delimitano il perimetro. Una folla che invade le gradinate ovunque, una marea di pubblico: almeno trentacinquemila persone. Trentacinquemila persone intorno a Piazza di Siena. E’ tardi, l’oscurità sta calando, i profili e i contorni di cose e persone cominciano a perdere nitidezza nell’umidità della sera anticipatrice della notte. Improvvisamente un bagliore, quasi una piccola scintilla che si accende laggiù, in mezzo alla gente… e poi un altro, dall’altra parte della tribuna, ecco un altro piccolo bagliore, una fiammella luminosa che oscilla nell’aria… e poi ecco ancora una luce laggiù tra i gradoni… e anche lì, dalla parte opposta un’altra… due, no… tre… no, adesso sono dieci… cinquanta… cento… improvvisamente migliaia di bagliori, di scintille, di fiamme che si alzano verso il cielo dalle tribune e dalle gradinate, una quantità di torce infuocate che illuminano l’oscurità della sera, come d’incanto un gigantesco anello di scintille luminose abbraccia Piazza di Siena… cosa succede, cosa accade, cosa sta succedendo? La gente lo fa, certo, la gente lo fa perché è il modo migliore e più intenso per dire ci siamo, siamo con voi: gli spettatori impugnano tutto quello che trovano, i programmi del concorso, i fogli con gli ordini di partenza, i giornali, le riviste, qualsiasi cosa possa bruciare… E tutti accendono queste torce improvvisate… E tutti le alzano al cielo… E tutti rimangono così, immobili, sopraffatti dall’emozione per ciò che era accaduto e per ciò che sta accadendo, migliaia di piccoli fuochi nella sera di Piazza di Siena… Ma cosa sta accadendo?
Sabato 28 aprile 1951. Inizia il concorso ippico internazionale ufficiale di Roma. Sandro Bettoni è in campo prova su Litargirio. Dopo aver effettuato un lavoro di riscaldamento del cavallo in vista della gara del pomeriggio, Bettoni smonta e consegna Litargirio al suo uomo di scuderia. Ha una sensazione strana. Manda a chiamare Piero d’Inzeo: e gli chiede di montare Litargirio nel pomeriggio, di preoccuparsi di fare il cambio di monta, di sistemare tutte le faccende regolamentari. Perché, gli chiede Piero. Torno in albergo, non mi sento tanto bene, risponde il vecchio campione, il vecchio soldato, il vecchio comandante. Vecchio in senso storico e figurato: Alessandro Bettoni è nato nel 1892, non ha ancora sessant’anni, ma è come se il suo corpo e il suo cuore ne avessero vissuti il doppio… Dentro di lui ci sono la cavalleria, Pinerolo, i trionfi degli ufficiali italiani dei quali lui è massimo rappresentante sui campi ostacoli di tutta Europa, cavalli che si sono chiamati Scoiattolo, Judex, Juno, Nereide, Adigrat, Aladino, la sopportazione del fascismo come il peggior imbarbarimento della razza umana, la guerra combattuta obbedendo in nome dell’Italia e del re e non certo del… Duce dell’Impero, il comando del reggimento più amato, Savoia Cavalleria, la Russia, i cavalli e le sciabole contro le armi di un nemico infine sopraffatto, la radiazione dall’esercito repubblicano a causa della sua fedeltà alla famiglia reale, quindi il ritorno ai concorsi e ai cavalli… Alessandro Bettoni chiede di essere accompagnato in albergo, poi una volta in camera dice al suo attendente mi sdraio un attimo, magari passa. E muore.
Domenica 29 aprile 1951. Piazza di Siena è immersa in un silenzio sepolcrale, benché avvolta da una massa di spettatori strabordante. Silenzio. Entrano in campo due uomini a piedi: conducono due cavalli a mano. I cavalli sono bardati a lutto: coperta e cappuccio. Sono Litargirio e Serena: i cavalli di Alessandro Bettoni. I due uomini che li conducono a mano sono due cavalieri: Raimondo d’Inzeo e Sandro Perrone, irrigiditi nel dolore. I due uomini e i due cavalli si fermano al centro del campo ostacoli, fianco a fianco. I cavalli sono immobili, forse consapevoli del momento. Tutto rimane fermo nel silenzio per istanti che paiono ore. Dal silenzio nasce un suono, è la voce di Ranieri di Campello, il presidente della Fise: «Il cuore di Alessandro Bettoni, colonnello di cavalleria, ha fermato iersera i suoi generosi palpiti di sportivo e di soldato pochi minuti dopo aver abbandonato questo campo ove innumerevoli volte aveva trionfato per la maestria della sua arte equestre… ». Il ricordo di Campello prosegue poi intenso e toccante, amplificato da un silenzio che sembra il prodotto di un’assenza mentre invece una vera e propria folla circonda l’ovale di Piazza di Siena.
Dunque venerdì 4 maggio 1951. Il concorso nel frattempo è andato avanti: di certo Alessandro Bettoni avrebbe voluto così. Figuriamoci: lui che aveva guidato la carica di Isbuscenskij nella steppa russa… E’ il giorno della Coppa delle Nazioni. Gianni Serpi su Giua, Alessandro Perrone su Oriur, Raimondo d’Inzeo su Destino, Piero d’Inzeo su Brando: è l’Italia. Su Serpi pesa come un macigno la responsabilità di sostituire Bettoni. Forse il peso è troppo: 11 penalità nella prima manche, 19 nella seconda. Sandrino Perrone incappa in un brutto primo percorso (16 penalità) riscattato con un favoloso secondo giro senza alcun errore. Come sempre sono Raimondo e Piero le pedine dalle mosse decisive. Raimondo costruisce le fondamenta: doppio zero! Piero rifinisce l’opera: 4/0. Ma non bastano i risultati dei due fuoriclasse azzurri. Dipende dagli avversari. Anzi, dall’avversario: Harry Llewellyn. Il campione britannico in sella al leggendario Foxhunter è l’ultimo concorrente della gara: con zero vince la Gran Bretagna 12 a 15, con un errore vince l’Italia 15 a 16. Il duello viene vissuto in tribuna dai massimi rappresentanti istituzionali: a fianco del presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi siede la regina Elisabetta d’Inghilterra insieme al duca Filippo di Edimburgo, oltre al generale Montgomery. La tensione è spasmodica. Foxhunter galoppa sull’erba di Piazza di Siena senza produrre alcun suono: e i trentacinquemila spettatori trattengono il fiato con gli occhi sgranati. Salto dopo salto il destino fa il suo corso, fino a ciò che sarebbe stato inevitabile oggi, a Piazza di Siena, proprio oggi, venerdì 4 maggio 1951, solo qualche giorno dopo la scomparsa di Sandro Bettoni: Foxhunter tocca un po’ più forte una barriera, il legno traballa, traballa, e traballa ancora… per infine cadere a terra. Esplode un boato: l’Italia vince la Coppa delle Nazioni.
E’ tardi, l’oscurità sta scendendo su Piazza di Siena. Le squadre sono in campo per la premiazione della Coppa delle Nazioni. L’atmosfera è strana… gioia, sì, ma anche dolore, un dolore gioioso o forse una gioia dolorosa. Come è possibile che Sandro Bettoni sia morto… ? Il comandante. Il colonnello. Il campione. L’Italia ha vinto. La sua Italia ha vinto. I suoi ragazzi hanno vinto. Una fiamma. Una scintilla. Due fiamme. Tre fiamme… Cinque… dieci… cinquanta… cento… mille fiamme, mille e mille torce si alzano nell’aria umida e quasi scura, mille fuochi circondano Piazza di Siena, migliaia di persone sollevano la fiamma che arde nel cielo come simbolo di un’emozione che non può avere fine e che durerà per sempre. Sandro Bettoni e i suoi ragazzi hanno vinto: trentacinquemila persone hanno tra le mani il fuoco della passione.