Asolo, 17 febbraio 2018 – Metti una istruttrice molto speciale, Valentina Moro, che ha uno squadrone di Folletti ai suoi ordini e una passione pervicace per il Sistema Naturale di Equitazione.
Metti che l’istruttrice compie gli anni, vuole regalarsi una cartolina che rappresenta uno dei suoi cavalieri preferiti (Gaspare Bolla, il Cavaliere Perdutissimo) ma non ci riesce perché qualcuno l’ha preceduta, e lei ci rimane malissimo. E chi l’ha presa quella cartolina? i suoi allievi, che gliela consegnerano il dì del genetliaco ma intanto la lasciano a piangere sulla cartolina perdutissima per giorni, e giorni….perché sono Folletti, e i folletti sono fatti così, un po’ pepperini.
Ma a noi vengono in mente vecchie, belle storie e ve le raccontiamo: anchce se partiamo da un altro cavaliere fascinoso, Tommaso Lequio di Assaba.
Il guaio di parlare sempre dei cari, vecchi bei tempi è che a noi sembra di essere così lontani da loro e dalle persone che li abitavano.
Invece no: a ben guardare c’è sempre qualcosa o qualcuno che ci unisce ad una Epoca d’oro che, per noi amanti dell’equitazione sportiva, è chiaramente il periodo della parabola caprilliana. E la figura che più si presta a fare da filo rosso di collegamento tra quei giorni e i nostri è quella del generale Tommaso Lequio di Assaba.
Che era nato a Cuneo nel 1893 ma venne trasferito subito con la famiglia a Pinerolo, al seguito del padre che era un pluridecorato ufficiale di artiglieria. Lequio quindi aveva visto la luce due anni dopo al primo corso di Equitazione di Campagna per gli ufficiali di cavalleria del Regio Esercito, tenuto dal marchese di Roccagiovine e tra i cui allievi aveva brillato proprio Federigo Caprilli e il piccolo Tom crebbe proprio tra quegli ufficiali, alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo dove Caprilli fu istruttore dal 1904.
Se fu per caso o per osmosi ambientale non si sa, ma il mini Lequio si rivelò subito per quello che era: un fervente appassionato dell’equitazione, per dirla con un eufemismo.
Era sempre tra i piedi di Bolla e Antonelli, due dei migliori istruttori cresciuti alla scuola dell’Equitazione Naturale e li tampinava con indefessa testardaggine: non si dava per vinto nemmeno quando Bolla, il suo preferito, gli faceva salire e scendere le scale con il tallone tenuto basso – un allenamento mirato a fargli acquisire uno dei principi fondamentali del Sistema ancora prima di montare in sella. Già, perché per quanto appassionato Tommaso dovette aspettare fino ai tredici anni per cominciare a montare: a Pinerolo non c’erano pony, e solo quell’anno Bolla ritenne che il ragazzo avesse raggiunto la statura e la maturità per montare a cavallo.
Era il 1907, l’anno in cui Caprilli morì. E proprio allora Tommaso Lequio cominciava a diventare “il più grande cavaliere del mondo”, come lo definiva sempre Bizard,un ufficiale di cavalleria francese.
Fu il primo cavaliere in assoluto a nascere e crescere nel Sistema Naturale di Equitazione: il primo a non dover dimenticare vecchie abitudini, il primo ad arrivare con tutto l’entusiasmo, l’elasticità e l’energia della gioventù in mano a istruttori molto preparati, molto capaci, molto motivati. Ne uscì un cavaliere impeccabile nello stile, coraggioso nel temperamento (era famoso per la sua capacità sui grossi ostacoli) e dotato di uno dei talenti più invidiati dai cavalcanti di ogni ordine e grado, quello di improvvisare senza difficoltà ogni cavallo, anche e soprattutto il più difficile.
Ma non solo: Tommaso Lequio fu anche un ottimo soldato, e terminò la sua carriera nell’Esercito come comandante della Divisione Corazzata Ariete. Dal 1960 sino alla morte, avvenuta cinque anni dopo, ricoprì l’incarico di presidente della FISE e qualche bambino di allora ancora se lo ricorda ai bei concorsi di Salice Terme: era un personaggio affascinante, di cui gli istruttori parlavano agli allievi portandolo come esempio di grandissimo stile. Per rendere più umano un personaggio che potrebbe risultare troppo perfetto registriamo una sua nota debolezza: era un inguaribile tombeur de femmes, tanto da essere anche sfidato in duello da un marito offeso.
A parte questo, Tommaso Lequio rimane ancora il modello ideale del perfetto cavaliere: che all’inizio non era altro che un bambino innamorato dei cavalli, e tirato su da istruttori che sapevano fare il loro lavoro nel modo migliore.