Bologna, 4 ottobre 2017 – Giampiero Garofalo, classe 1994, due Campionati d’Europa da juniores e due da young rider, uno dei migliori rappresentanti della linea verde… azzurra. Ora si trova in Germania, a Bad Essen, presso la scuderia del campione tedesco Marco Kutscher, grazie al programma che la Young Riders Academy ormai da tempo mette a disposizione dei giovani talenti in fase di emersione e che possono così beneficiare degli insegnamenti di alcuni tra i più grandi cavalieri e trainer del mondo (per tutte le curiosità e informazioni sul programma della Academy: http://www.ridersacademy.eu/home.aspx).
Da quanto tempo sta lavorando con Marco Kutscher?
«Sono qui dal 24 luglio con tre cavalli, due di Simona Gigante e uno che ho comperato io qualche tempo prima di partire. Questo periodo mi ha aiutato molto sia per la crescita mia personale sia per il lavoro dei cavalli, in particolare quest’ultimo nuovo arrivato che ho portato qui proprio perché sapevo di avere l’opportunità di lavorare con Marco Kutscher. E rimarrò qui fino al 24 ottobre».
Lei però in realtà faceva parte del programma della Young Riders Academy dello scorso anno…
«Sì, è vero. Ma l’anno scorso non ero riuscito a organizzare la cosa dato che avevo appena finito di lavorare per Emanuele Gaudiano, ero appena rientrato in Italia e non avevo ancora cavalli pronti per poter vivere un’esperienza come questa. Così abbiamo pensato di aspettare il momento giusto per poter partire. I dirigenti della Young Riders Academy sono stati gentilissimi perché mi hanno dato la possibilità comunque di fare questa esperienza, anche se un anno più tardi rispetto a quello che sarebbe dovuto essere».
Lei è già abbastanza esperto della vita di cavaliere all’estero…
«Sì, questo sì. Sono stato due anni da Emanuele Gaudiano: gli anni più belli della mia carriera perché ho avuto la possibilità di partecipare a un po’ di Coppe delle Nazioni seniores, di fare concorsi come Roma e Verona, di montare qualche cavallo abbastanza buono… Poi sono tornato in Italia per un anno e adesso sono qui da Marco Kutscher. Spero di tornare all’estero… cioè di rimanere, in qualche modo».
Com’è l’esperienza di lavoro con Marco Kutscher?
«Beh, è stato come ripartire da zero. Prima di tutto Marco ha voluto conoscere a fondo i cavalli, poi mi ha impostato quasi completamente da capo, se devo essere sincero. Mi ha dato una buona base di lavoro in piano: certo, alcuni mesi non sono moltissimi, ci vorrebbe più tempo, ovvio, però adesso potrò continuare seguendo questo indirizzo di base in autonomia. Certo, con una persona a terra è meglio, soprattutto con una persona come Marco Kutscher: uno come lui fa la differenza, fa molta differenza… !».
Un buon rapporto anche da un punto di vista umano?
«Marco è una persona molto disponibile per qualsiasi cosa. Sono molto fortunato nel poter lavorare con lui: non è solo un grande istruttore, è anche una persona fantastica. E poi non c’è solo lui: c’è anche la sua compagna, Eva Bitter, l’amazzone del famoso stallone Stakkato. Lei è sempre molto disponibile, quando non c’è Marco lei mi dà una mano, mi segue, mi aiuta, mi consiglia… Eva e Marco sono davvero due persone molto presenti per qualsiasi cosa, a cavallo come pure non a cavallo».
Nonostante gli impegni agonistici Marco Kutscher è a casa spesso?
«Dal lunedì al giovedì è sempre presente. Per montare, per darmi una mano, per seguirmi, per farmi montare cavalli suoi… In effetti questa era un po’ la mia preoccupazione, inizialmente: temevo che un cavaliere come lui non avrebbe avuto molto tempo per darmi retta, invece Marco mi è vicino in modo continuo».
C’è una cosa in particolare che è cambiata in lei grazie agli insegnamenti di Kutscher?
«La cosa molto importante che ho imparato qui è prendere il mio tempo. Che può sembrare una banalità da dire, ma in realtà è un aspetto su cui bisogna concentrarsi a dovere. Quando si è in sella bisogna riuscire a smettere di pensare a qualunque cosa che non sia ciò che si sta facendo: cioè montare quel cavallo, e senza andare di fretta soprattutto. Il che quando si devono montare tanti cavalli non è facile: ma bisogna imporselo. Qui ho imparato a prendere il tempo giusto per ciascun cavallo».
Con suo papà ha contatti frequenti?
«Sì, certo, con mio papà e con mio fratello ci sentiamo costantemente. Sono entrambi molto contenti di quello che sto facendo qui».
Allargando il discorso, secondo lei è effettivamente utile per i cavalieri italiani fare esperienza all’estero?
«Credo di sì. L’esperienza fa sempre bene, poi è ovvio che bisogna anche essere bravi a prendere le cose giuste, perché non sempre è tutto ideale… Detto ciò, è un’esperienza che può servire a tutti. All’estero c’è una grandissima quantità di persone che montano bene, c’è un interesse nei confronti dei cavalli e del nostro sport davvero massima, quindi è possibile imparare anche solo guardando».
Cosa non abbiamo in Italia rispetto a quello che si trova fuori?
«Credo l’organizzazione. Noi a volte manchiamo in questo. Non sappiamo quello che dobbiamo fare durante l’anno: qui invece lavorano per obiettivi. Noi dobbiamo sempre sperare che ogni concorso vada super bene per poter poi fare qualcosa. Qui invece c’è la possibilità di mirare agli obiettivi secondo un programma. Esiste la certezza del programma. Da noi manca questa realtà. Se sbagliamo una gara ci giochiamo tutto il resto».
Finito il periodo da Kutscher cosa farà?
«Tornerò in Italia e poi in gennaio spero di avere qualche altra opportunità di andare da qualche cavaliere importante per fare ancora un po’ di lavoro e di esperienza. Vedremo. Per un domani mi piacerebbe mettermi in proprio, o in alternativa andare a lavorare in qualche grande scuderia internazionale».