Ginevra, 10 dicembre 2017 – Il numero uno del mondo si è preso il Gran Premio numero uno del mondo (indoor). Kent Farrington su Gazelle ha vinto il Gran Premio Rolex di Ginevra alla sua maniera: velocità, aggressività, precisione, capacità di scaricare una pressione pazzesca sugli avversari grazie alla sua semplice presenza in barrage. Uno spettacolo. In uno dei Gran Premi più difficili che si siano mai visti nel corso delle ultime edizioni del concorso, tra l’altro. L’olandese Louis Konickx e lo svizzero Gerard Lachat hanno infatti costruito un percorso in cui – a parte le dimensioni, ovviamente massime – ogni ostacolo ha posto ai concorrenti una buona dose di problemi per delicatezza, trasparenza, tecnicità. Concludendo, nel base, con una gabbia di verticali entrambi su fosso posto dietro l’ostacolo il cui elemento di ingresso ha rappresentato una vera e propria ‘tomba’ implacabile. Una sfida estrema. Dando al pubblico la gioia di poter vedere esprimersi al massimo la tecnica dei più grandi cavalieri e cavalli del mondo. E’ stato uno spettacolo davvero appassionante, durante il quale si è dovuto attendere il venticinquesimo binomio in campo per vedere il primo percorso netto, firmato dall’olandese Harrie Smolders su Don VHP Z a conferma di una stagione per entrambi meravigliosa. A dire il vero il primo zero agli ostacoli l’aveva portato a termine il binomio campione uscente, vincitore cioè nel 2016, Pedro Veniss su Quabri de l’Isle, però penalizzato di un punto per aver ecceduto il tempo massimo di quattro decimi di secondo. Anche il cronometro ha infatti giocato una parte importante nell’economia della gara, come peraltro sempre dovrebbe accadere a questo livello di competitività: ai concorrenti non era lasciato il benché minimo agio sul ritmo da mantenere lungo il tracciato, pena l’infrazione che è risultata fatale non solo a Veniss ma anche a Laura Kraut, autrice di una prestazione da salutare applaudendo alzandosi in piedi (la statunitense è un’amazzone semplicemente meravigliosa: capace di coniugare i principi più classici dell’equitazione in leggerezza con l’efficacia agonistica massima) in sella a Confu e però terminando con soli due centesimi di secondo in ritardo.
Farrington in barrage è partito per penultimo, quando i suoi tre più temibili avversari avevano già detto la loro: e quando lo statunitense si trova in questa situazione i rivali possono solo sperare che una barriera cada, perché sul cronometro non c’è storia. Impossibile essere più veloci del numero uno del mondo: che monti Voyeur o Creedance o Gazelle, il cronometro gli dà sempre ragione. Sempre. Prima di lui tutti avevano chiuso a zero: Harrie Smolders che partendo per primo non aveva grandi riferimenti; Henrik von Eckermann che pilotava Mary Lou in modo davvero magistrale; Gregory Wathelet che in sella a Coree puntava a un secondo successo nel Rolex Grand Slam of Showjumping (sebbene non consecutivo, avendo vinto il GP di Aquisgrana prima di quello di Calgary finito nelle mani del tedesco Philip Weishaupt che oggi ha chiuso a 9 penalità in base). Tutti consapevoli di avere dopo di loro una vera e propria belva affamata di vittoria come Farrington. Il quale infatti bruciava il primato di von Eckermann di quasi un secondo. Ultimo a partire un binomio interessante: Cian O’Connor su Fibonacci, il grigio ex Meredith Michaels Beerbaum e da quest’ultima ceduto qualche tempo fa alla statunitense Lillie Keenan, allenata proprio da O’Connor. Il cavaliere irlandese aveva fatto solo un piccolo concorso di prova prima di venire qui a Ginevra, ma l’insieme si è creato al meglio visto il bellissimo percorso netto in questo Gran Premio Rolex: poi un errore in barrage e un tempo ‘tranquillo’, ma ciò che più importava in questo momento era ovviamente il responso del primo percorso. Cavallo non certo maestoso come lo ricordavamo ai tempi di Meredith, ma pur sempre di grandissima efficacia.
E il nostro Emilio Bicocchi? Un errore e un punto sul tempo. Ci si potrebbe fermare a questo risultato essenzialmente ‘numerico’, ma non sarebbe per nulla giusto. Quello che è invece giusto sottolineare è che tutte le difficoltà più estreme del percorso il nostro cavaliere e il suo Ares le hanno superate quasi ridicolizzandole, compresa la tremenda gabbia di verticali finale. Certo, l’errore c’è stato: su un verticale che ha penalizzato non solo Bicocchi peraltro, un ostacolo che – in apparenza – si sarebbe detto tutto sommato tra i meno insidiosi. Non ci doveva essere quell’errore, ovvio: ma ciò detto, è importante ribadire una volta di più che il cavaliere toscano e il suo Ares ormai hanno raggiunto un livello assolutamente pari a quello dei più forti binomi del mondo (senza contare che anche il solo qualificarsi non è stata impresa da poco: fuori dalla gara è rimasto un certo Scott Brash, per esempio, o anche i nostri Bucci, de Luca e Zorzi, oppure Janika Sprunger, Romain Duguet, Maikel van der Vleuten, Ben Maher… ). Basta dare un’occhiata alla classifica della gara, del resto, per rendersene conto: con uno o più errori troviamo Luciana Diniz e Fit for Fun, Lauren Hough e Ohlala, Jeroen Dubbeldam e Zenith, Michael Whitaker e Calisto Blue, Eric Lamaze e Fine Lady, Simon Delestre e Ryan des Hayettes, Christian Ahlmann e Epleaser van het Heike, Niels Bruynseels e Cas de Liberté, Martin Fuchs e Clooney, Steve Guerdat e Bianca, Roger Yves Bost e Sangria du Coty… ma si potrebbe continuare perché la lista è lunga. Emilio Bicocchi ha fatto un grandissimo lavoro con Ares, portandolo a stabilizzare il suo rendimento raggiungendo una consistenza e una continuità davvero ammirevoli. Il cavallo ha ancora qualche margine di miglioramento, che si concretizzerà di certo l’anno prossimo dopo aver vissuto una stagione significativa come quella che sta terminando, ricca di esperienze e di routine nelle gare più importanti del panorama internazionale. Allora spariranno anche questi piccoli errori tecnicamente insignificanti ma agonisticamente determinanti. Oggi è il compleanno di Emilio Bicocchi (41 anni): a nostro avviso i motivi per festeggiare ci sono tutti.
LA CLASSIFICA DEL GRAN PREMIO ROLEX