Ginevra, venerdì 10 dicembre 2021 – Questa mattina nella sala Londra dell’Hotel Hilton a Ginevra si è svolta l’assemblea generale dell’International Jumping Riders Club. Un’occasione molto attesa perché tra i vari temi all’ordine del giorno vi era quello ormai famigerato del formato olimpico approvato dall’assemblea generale della Fei lo scorso 17 novembre ad Anversa: squadre a tre binomi anche alle Olimpiadi di Parigi 2024.
Oltre ai componenti del direttivo del Club Internazionale dei cavalieri seduti al tavolo dei relatori – il presidente Kevin Staut, la direttrice Eleonora Ottaviani, i membri Max Kuehner, Henrik von Eckermann, François Mathy, Rodrigo Pessoa, Steve Guerdat e Peder Fredricson – erano presenti Marco Fuste, componente la commissione salto ostacoli della Fei, Pedro Veniss, rappresentante dei cavalieri nella commissione salto ostacoli della Fei, George Dimaras, vice presidente della Federazione Equestre Europea.
Come è ormai noto, il mondo dello sport attivo è assolutamente contrario alla regola di tre binomi per squadra invece di quattro con il drop score, tuttavia in sede di votazione 70 federazioni nazionali si sono espresse a favore e 30 contro in vista di Parigi 2024: ma dopo che la commissione salto ostacoli della Fei aveva dichiarato di sostenere al 100% quanto esplicitamente richiesto dal Cio sia prima dei Giochi di Tokyo sia subito dopo con una lettera del direttore sportivo il quale si complimentava per i brillanti – a suo dire – risultati ottenuti a Tokyo con il nuovo formato. Eleonora Ottaviani è stata al proposito lapidaria: “In quella lettera si fa menzione di tutto, tranne di una cosa: i cavalli”. E’ proprio il ‘problema’ cavalli quello che invece più sta a cuore a tutti i cavalieri: il formato a tre infatti obbliga i tre binomi di ciascuna formazione a portare a termine in qualunque modo possibile la gara, pena l’eliminazione di tutta la squadra.
E’ stato quindi questo l’argomento che ha animato molto i toni della discussione, dopo l’aver disbrigato questioni meramente amministrative circa l’attività del Club. Marco Fuste è stato quindi bersagliato dalle domande ma più che altro dalle osservazioni dei componenti il consiglio direttivo del Club. Purtroppo però è risultato evidente una volta di più che il problema più che tecnico e… sportivo è in realtà politico. Anzi, la madre di tutti i problemi per quanto riguarda il nostro sport sta nel sistema di votazione in sede di assemblea generale: e cioè quello che si basa sulla regola per cui a una federazione nazionale corrisponde un voto. E’ evidente che si tratta di un criterio squilibrato per lo sport equestre: può forse funzionare in molte altre discipline, ma non nell’unica in assoluto che contempla anche la presenza di un secondo atleta, il cavallo. Circa il quale è richiesta competenza, esperienza, conoscenza. Quindi è ovvio che il voto di una federazione nazionale facente parte del terzo mondo (equestre, sia ben chiaro… ) non può valere quanto quello per esempio della Germania: soprattutto se quella federazione non contempla la registrazione di alcun cavallo… !
Marco Fuste ha fatto notare che la questione del sistema di voto non riguarda l’organismo che gestisce lo sport, bensì la parte politica della Fei: e che per modificare tale sistema occorre modificare lo statuto, e che per modificare lo statuto ci vuole il favore di almeno tre quarti dei Paesi con diritto di voto. Rodrigo Pessoa è stato molto duro: “I Paesi che sono davvero coinvolti nel nostro sport sono concordi nel sostenere che il formato a tre è una cosa sbagliata. La politica non deve aver a che fare con lo sport: la questione del voto è essenziale, perché la cosa più frustrante per tutti noi è che la Fei ascolti la voce di chi non è nello sport. Dopo la decisione di gareggiare con squadre a tre a Tokyo siamo stati tranquilli accettando la situazione. Poi c’è stato Tokyo e abbiamo visto tutti come è andata. Subito dopo la Fei ci ha detto che si sarebbe ridiscusso il tutto ma invece siamo arrivati all’assemblea generale di Anversa dove è stato esplicitamente chiesto alle federazioni nazionali di votare secondo quanto indicato dal Cio. Adesso basta. Adesso è giunto il momento di impegnarsi per far capire alle federazioni nazionali quanto sbagliato sia questo criterio. Non staremo più zitti e buoni, questo è certo”. Laura Kraut ha aggiunto in modo cristallino: “Ci sono Paesi che non hanno cavalli che votano su regole che riguardano la vita dei cavalli…”.
Steve Guerdat, il quale ad Anversa prima che le federazioni nazionali votassero aveva pubblicamente esposto il punto di vista dei cavalieri invitando gli aventi diritto al voto a impegnarsi per rappresentare veramente la voce dello sport (e dunque rimanendo poi amaramente deluso dall’esito delle urne), oggi è stato glaciale: “La Fei con una mano ci dà quello che con l’altra ci toglie. Io non ho più niente da dire ormai, chiediamo pure alle Isole Cayman, ad Haiti o al Congo quali siano le cose migliori e più importanti da fare per il nostro sport”.
In collegamento dalla Germania è intervenuto anche Ludger Beerbaum, il quale dall’alto della sua lunga esperienza nello sport non solo nel ruolo di atleta ma anche in quello di organizzatore di eventi e – per tanti anni – di componente il consiglio direttivo del Club dei cavalieri, ha fatto presente come siano ormai venticinque anni come minimo che si trova a confronto con problematiche del genere e con un atteggiamento della Fei molto politico e molto poco sportivo. Aggiungendo poi con la franchezza che uno come lui si può di certo permettere nei confronti di Marco Fuste: “Tu rappresenti la Fei e quindi devi sostenere determinati argomenti, ma io so che in cuor tuo la pensi diversamente…”.
George Dimaras ha fatto un lungo e interessante intervento con il quale ha espresso tutta la sua delusione circa la maniera in cui si sono svolti i rapporti tra la Federazione Equestre Europea (di cui lui ricopre il ruolo di vicepresidente) e la Fei subito prima e subito dopo le Olimpiadi di Tokyo: ci è stata detta una cosa, ma ne è stata fatta un’altra… “Le federazioni nazionali a volte votano senza comprendere davvero la realtà del problema dal punto di vista sportivo”, ha poi aggiunto Dimaras, “sta quindi a tutti noi cavalieri impegnarci per far capire loro le cose”.
Ma la considerazione finale di Eleonora Ottaviani è stato un capolavoro di sarcasmo e allo stesso tempo di realismo: “Come facciamo a contattare i cavalieri di federazioni che non hanno cavalieri?”.