Bologna, sabato 6 febbraio 2021 – Hugo Simon è un fenomeno. In tutti i sensi. Tedesco ma divenuto austriaco nel 1972 a seguito di qualche frizione con la sua federazione originaria (dopo aver esordito in Coppa delle Nazioni per i colori della Germania nel 1970), vincitore della prima edizione della finale di Coppa del Mondo (1979) ma anche primo cavaliere nella storia capace di vincerne tre (le altre due nel 1996 e 1997), sei Olimpiadi con la epocale medaglia d’argento della squadra austriaca nel 1992 e sei Campionati del Mondo (bronzo individuale nel 1974), tredici Campionati d’Europa con le medaglie individuali di bronzo nel 1979 e d’argento nel 1997, cavalli famosissimi come Lavendel, The Freak, Jasper, Apricot D, E.T. Frh. Ma soprattutto una carriera che lo ha visto irriducibile protagonista in gara fino a tutto il 2016. L’intervista che segue (con sua moglie… !) è del 2015: e spiega molte cose…
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Settantatré anni e non sentirli. Hugo Simon continua imperterrito ad andare in concorso e soprattutto a vincere. Anni fa in un’intervista diede una risposta che bene illustra il suo spirito agonistico e battagliero: gli venne chiesto quali fossero i cavalieri che più ammirava e lui senza battere ciglio rispose: «Tutti quelli che mi stanno davanti in premiazione». Nel 1996 a Ginevra in occasione della conferenza stampa al termine della finale della Coppa del Mondo che lui conquistò in sella a E.T (la sua seconda) Rodrigo Pessoa si alzò in piedi e disse: «Scusate, ma vorrei dare un consiglio a Simon. Hugo, non sei più tanto giovane: per favore, ritirati!». Molte risate, ma consiglio ovviamente inascoltato… anzi: l’anno dopo Simon rivinse la finale mondiale e ancora oggi, alla verde età di settantatré anni, il vizio di lasciarsi gli avversari alle spalle non se lo è affatto tolto.
Hugo Simon è un fenomeno senza eguali. Non esiste un cavaliere nel circuito internazionale che vinca quello che vince lui a quell’età: Ian Millar (altro fenomeno) è del 1947, Michel Robert – che dopo il ritiro dall’agonismo di alto livello continua di tanto in tanto a fare qualche piccolo concorso – del 1948. Giovinetti, in confronto a chi è nato nel 1942.
E dunque foglio con alcuni appunti per le domande da rivolgergli. Numero telefonico. Tre squilli. Voce femminile: «Sì, pronto?».
Ah… buongiorno signora. Avevamo un appuntamento telefonico per parlare con il signor Hugo Simon…
«Sì, lo so, lo so, io sono Margit, sua moglie. Guardi: mio marito non parla inglese troppo bene e mi ha pregato di rispondere al suo posto alle domande che vorreste rivolgergli».
Eh… beh, sì, grazie, ma sarebbe stato meglio se…
«Sì sì, mi rendo conto, però le dico questo: io so più cose su mio marito di quante ne sappia lui a proposito di sé stesso, mi creda!».
Caspita, una bellissima unione allora! Siete sposati da molto?
«Tre anni».
Ah, beh… non proprio tanto allora!
«Sì, ma stiamo insieme da più di venti… ».
E come mai vi siete sposati solo tre anni fa?
«Prima non ne abbiamo mai avuto il tempo in effetti».
Una vita frenetica?
«Beh sa, tra il lavoro e i concorsi… ».
Suo marito continua a occuparsi della costruzione e della gestione di supermercati come anni fa?
«Sì, questa è ancora la sua occupazione principale. E poi case. Il resto del suo tempo è dedicato ai cavalli: che sono per lui un hobby, ma gestito in modo molto professionale. La scuderia poi è a casa nostra, quindi… ».
Ma come fa suo marito a essere in una forma fisica ancora così prestante da surclassare spesso cavalieri ben più giovani di lui?
«A lui piace montare a cavallo. E gli piace moltissimo la gara, la competizione, il confronto».
Sì, ma il fisico umano ha le sue leggi…
«Hugo nuota moltissimo. Abbiamo la piscina a casa e lui ogni mattina dopo essersi alzato fa delle lunghe nuotate».
Ma va in palestra, fa una dieta, fa dello yoga… insomma, qualcosa di speciale dovrà pur fare…
«No, niente di tutto questo, anzi. A lui piace moltissimo mangiare e bere, e certo non rinuncia a nulla, figuriamoci… Vino, birra e buon cibo… lui ama godersi le cose buone della vita. Hugo dice sempre che tutto questo lo deve a Dio, pazienza e buona salute. Poi lui non cammina mai: corre sempre. Lui fa tutto di corsa. E poi c’è un’altra cosa: i concorsi. Per lui sono davvero rigeneranti».
In effetti è un bell’impegno fisico anche quello di essere fuori casa con tre o quattro cavalli da montare in gara…
«Sì, ma non è questo il punto. Il fatto è che quando Hugo è in concorso sta sempre in compagnia di persone giovani. Lui vuole stare sempre con i giovani, o comunque con quelli più giovani di lui: e in concorso ormai tutti sono più giovani di lui… ! Le persone della sua età parlano sempre e solo di malattie, salute, incidenti, problemi, tristezze, morti eccetera… e allora psicologicamente diventa un peso. Per Hugo stare con i giovani è un modo di esorcizzare il tempo che passa. I pensieri giovani aiutano a rimanere giovani: i pensieri vecchi accelerano l’invecchiamento».
La carriera sportiva di suo marito è lunghissima: oggi il suo rapporto con la gara è cambiato rispetto a dieci o vent’anni fa?
«Sì e no. Sì perché oggi Hugo non vuole più sentire le pressioni e le responsabilità simili a quelle che vissuto in passato, quindi lui adesso va in concorso solo per divertirsi: non farebbe più un campionato internazionale, per dire, anche se avesse il cavallo giusto e la possibilità di farlo. No perché quando è in gara vuole comunque sempre vincere: o quanto meno provarci».
Nel 1972 prima delle Olimpiadi di Monaco di Baviera suo marito è passato dalla Germania all’Austria. Fosse rimasto tedesco avrebbe avuto certamente più occasioni di vittoria e di successo nei campionati internazionali e nelle Coppe delle Nazioni. Si è mai pentito di quella decisione?
«No, assolutamente, mai. Poi mi sembra di aver capito che non si trattò di una vera e propria decisione. A quel tempo infatti il regolamento olimpico prevedeva che gli atleti rappresentassero il Paese di nascita: e Hugo è nato in una località tedesca nel 1942, ma poi divenuta austriaca al termine della seconda guerra mondiale. E comunque ci fu anche qualche tensione con la federazione tedesca: in quegli anni infatti Hugo era uno dei cavalieri di maggior successo a livello internazionale ma i responsabili tecnici della squadra lo ritenevano ancora troppo inesperto per un’Olimpiade, quindi gli proposero di far parte della squadra come riserva chiedendogli inoltre di affidare il suo cavallo a un altro dei cavalieri che sarebbero stati titolari. E questo ovviamente non gli andò proprio giù… ».
E da austriaco si classificò al quarto posto individuale a Monaco, quasi una beffa per i tedeschi che come primo ebbero Fritz Ligges all’ottavo posto… Comunque a suo marito non è mai passato per la testa di ritornare a essere tedesco…
«Mai. Anche perché al di là di questioni tecniche e sportive il suo cuore è austriaco. Lui si sente austriaco. Mio marito è così: vive di passioni e vive con il cuore».
Ecco perché lei lo conosce così bene allora!
«Esatto. Sono sua moglie, ma sono soprattutto la sua compagna».