Bologna, 14 agosto 2017 – Lunedì nel primo pomeriggio. Il giorno dopo la fine del Campionato d’Europa giovanile di Samorin, in Slovacchia. «Sono stanco morto, per adesso… Quattordici ore di van, poi arrivi a casa ma ci sono i cavalli da sistemare… Credo che realizzerò tutto tra un po’ di tempo», dice Giovanni Battista Correddu con voce però allegra e nient’affatto provata. «Del resto questo è il nostro lavoro, è la strada che stiamo percorrendo, questi risultati un po’ ce li aspettiamo: sono le cose che ci permettono di andare avanti in questo sport che è fatto molto di passione e poco di cose reali e concrete… ».
E’ il 1989. Fine del corso istruttori ai Pratoni del Vivaro, il tredicesimo, l’ultimo tenuto dal colonnello Ludovico Nava. Il colonnello propone a Esmeralda Pecchio di fermarsi lì, per lavorare al Centro Equestre Federale. Lei è lusingata, ma no grazie: l’amore è più forte di qualunque altra cosa. Anche per una ragazza milanese abituata alle cose della Lombardia. Lei non si ferma ai Pratoni perché vuole seguire Giovanni Battista Correddu ovunque sia la sua destinazione. La destinazione è la Sardegna, terra di cavalli, sì, ma dura, difficile, lì non c’è la metropolitana sotto casa… Amore e cavalli, cavalli e amore: sembra una favola, ma non è mica tutto rose e fiori come nelle favole vere e quindi proprio per questo le soddisfazioni hanno ancora più gusto. Quindici anni di Sardegna caratterizzati da un unico obiettivo: preparare e valorizzare cavalli giovani da vendere. E i cavalli prodotti dalla ditta Correddu & Pecchio sono molti e di valore: Ulabai, Quit Horse, Torralba, Quirky Mare, Sir Lad, Tres Jolie, Perla di Vallitara, Zola Dady, Briosa Bella, Bebieto, Venere Rossa, Unipol… solo per dirne alcuni. Ulabai montata da Esmeralda nel 1998 ottiene addirittura il 4° posto nel Campionato del Mondo dei cavalli di 5 anni a Lanaken: un successo e una gioia. «La priorità era quella di far crescere i cavalli e poi venderli, non seguire un nostro obiettivo agonistico: in Sardegna avevamo oggettive difficoltà di trasporto e movimento», dice Esmeralda.
Poi arrivano i figli, Francesco nel 2000 (8 dicembre) e Lorenzo nel 2003 (2 aprile). Momento di riflessione: cosa facciamo? Decisione coraggiosa: andiamo in Lombardia. La nonna ancor giovane può essere un valido aiuto per seguire i bambini mentre mamma e papà fanno il loro lavoro a tempo pieno e contemporaneamente cercando una soluzione per sistemarsi in via definitiva: addio Sardegna dopo ben quindici anni. Esmeralda e Giovanni Battista trovano una base d’appoggio grazie alla quale poter continuare la loro attività, fino a quando compare l’occasione che stavano cercando: una cascina a Legnano, per la precisione a Canegrate, dove due figlie rimaste sole non se la sentono più di portare avanti l’allevamento di mucche. Nel 2012 l’operazione si perfeziona, ma prima di poter iniziare la vita lì trascorrono altri due anni in attesa dei vari permessi necessari per creare le strutture indispensabili. Da quel momento Giovanni Battista praticamente comincia a vivere sulla ruspa: fa tutto lui, insieme a Esmeralda… sposta la terra, scava, crea i collegamenti, gli scarichi, i contatti. Il risultato oggi non è ancora definitivo, la previsione è che tra qualche settimana, in settembre, tutto sarà pronto come nei sogni di Esmeralda e Giovanni Battista: quattro scuderie – una per i cavalli dei proprietari, una per le fattrici, una per la scuola, una per i cavalli di famiglia – con due maneggi coperti, uno piccolino (15×30) e l’altro più grande (30×70). Quello che manca – ed è in via di realizzazione – è solo una delle quattro scuderie. Esmeralda gestisce anche la scuola con l’aiuto di Filippo Morelli («Un ragazzo molto bravo e molto serio nel suo lavoro», dice lei), mentre Romina Ripa si dedica all’attività ludica. Oggi la Scuderia Parco dei Mulini ospita settanta cavalli… e nel 2016, al secondo anno di attività, ha avuto più di trecento tesserati.
Nel frattempo Francesco e Lorenzo ovviamente montano a cavallo. Sono ragazzi sportivi e dinamici: a scuola vanno benissimo entrambi (Lorenzo ha finito le medie e Francesco sta facendo il liceo scientifico), studiano ma senza fare fatica, oltre all’equitazione si dedicano anche al kickboxing e allo studio dell’inglese. «Sono molto fiera di loro, fanno tutto con facilità, ma in ogni caso il motto di famiglia è chiaro: niente sacrifici, niente risultati», dice Esmeralda. Per entrambi quello di Samorin non è stato il primo Campionato d’Europa: per Francesco è stato addirittura il quarto. Sembrava destinato a concludersi in un trionfo: dopo aver conquistato la medaglia d’oro a squadre, lui si è presentato alla finale individuale da primo in classifica, ma due errori nella prima manche – poi zero nella seconda – lo hanno costretto infine al 5° posto. «L’anno scorso è successo lo stesso: era 7°, poi nella prima manche ha fatto tre errori e zero nella seconda. Questa volta il primo posto deve essergli pesato un po’: uno non lo pensa e non lo vuole pensare, ma il peso c’è, del resto la gara è di grande prestigio», riflette mamma Esmeralda. E Francesco cosa ne dice? «Un po’ di delusione, sì, ovvio. Ero entrato per far bene ma forse sono stato un po’ lento a svegliarmi: ho fatto degli errori stupidi e solo per colpa mia. Un po’ di tensione la sentivo, sì, ma quella positiva non negativa. In ogni caso la gioia per l’oro a squadre è ben più grande della delusione per il mancato podio individuale» (caspita, un ragionamento da vero ‘grande’!).
Lorenzo è una sagoma… Sentite Esmeralda: «Lorenzo ama molto montare a cavallo, ma avendolo… come dire, gratis in casa, è difficile capire fino a che punto sia una passione vera o semplice divertimento. Due settimane fa mi dice ma guarda che io non è che ci penso al Campionato d’Europa: ho fatto l’esame di terza media, adesso voglio starmene in vacanza, non ho voglia di montare a cavallo, non ci vado agli europei… come dire, non mi scocciare, ho fatto il mio dovere a scuola, adesso basta… Lui è molto appassionato anche di motori, per lui l’idea della moto è un punto di arrivo fondamentale, e su questo abbiamo un po’ di contrasto perché io gli ho detto che per me la moto non la vedrà mai… Allora un giorno l’ho preso e gli ho detto ok, hai vinto tu: se fai 20 mila punti prendi la moto. Lui si è perfino messo a piangere dall’emozione: senza nemmeno sapere in che modo avrebbe potuto guadagnare quei 20 mila punti… ! Allora gli ho detto: se vinci il Campionato d’Europa sono cinquemila punti; cinquemila sono per la promozione a scuola, poi ogni giorno ci sono alcune cose come rifarti il letto la mattina e fare qualche lavoretto che ti possono far guadagnare venti punti a volta… Mamma: subito! Lorenzo ha trovato così immediatamente lo stimolo. Si sono riaccese le motivazioni. Ha capito che io sarei stata un ostacolo e che così avrebbe trovato il modo per superarmi… Ha funzionato! Del resto loro giocano, fanno le cose divertendosi, con il cuore, con il gusto della sfida. A Samorin dopo la prima gara sono andata verso di lui per dirgli che era stato davvero bravo, ma non sono riuscita perché ha parlato lui prima di me: mamma, la moto si avvicina, mi ha detto… !».
Adesso è chiaro il motivo per cui Lorenzo ha fatto il barrage per la medaglia d’oro individuale a quella velocità e a quel ritmo… «Ma non è che i cavalli passano in secondo piano, eh… Anzi, questa vittoria direi che deve essere il primo passo», dice Lorenzo convinto. «Il giorno della finale sono partito un po’ teso, la cavalla era un po’ carica. Prima del secondo giro mi hanno aiutato tantissimo i miei genitori e mio fratello, infatti ho montato più deciso, più sicuro. Nel barrage sono partito con la voglia di vincere anche perché ero penultimo, sapevo quale era il tempo da battere, ho preso qualche salto in diagonale, ho tagliato molto. Il percorso l’avevo visto con il tecnico Giorgio Nuti che mi aveva detto dove girare e come farlo, poi il selezionatore Stefano Scaccabarozzi ci diceva come avevano fatto gli altri, dove avevano girato… C’è stato un bellissimo lavoro di squadra».
Ecco i Correddu, insomma: Giovanni Battista, Esmeralda, Francesco e Lorenzo. Una storia di passione, di amore, di sacrifici, di lavoro, di gioie. E adesso di medaglie. Una storia tutta nostra, una storia italiana.