Bologna, 26 giugno 2107 – Jane Richard ha partecipato a cinque edizioni consecutive del Campionato d’Europa giovanile: due da junior (2000 e 2001) e tre da young rider (2002, 2003 e 2004). Il che, per un vivaio fertile e ricco come quello elvetico, vuol dire molto più di qualcosa… La sua carriera da seniores si è poi sviluppata felicemente insieme a vari cavalli che per lei sono stati importanti: Good Life d’Elle, Mr. Waterloo, Jalla de Gaverie, Kazop d’Ysieux, Upanisad di San Patrignano, Zekina Z, Dieudonne de Guldenboom, Dixon, Quister, Pablo de Virton solo per citare quelli di maggior successo tra i moltissimi presentati in concorso. Il destino ha quindi fatto sì che l’incontro con Ignace Philips si tramutasse in una svolta determinante per la sua vita: e Jane è diventata così moglie e madre.
Come ha vissuto il passaggio da una realtà di vita e di equitazione svizzera a una realtà di vita e di equitazione italiana?
«Io sono ovviamente svizzera. La Svizzera è un bellissimo Paese e la mia formazione è avvenuta lì, facendo agonismo a livello juniores e young rider con anche il Campionato d’Europa di categoria. Poi ho conosciuto Ignace e per lui sono venuta in Italia. Trovo che l’Italia sia un Paese bellissimo, meraviglioso per vivere, mangiare e lavorare. Noi in famiglia ci troviamo molto bene in Italia. Per quanto riguarda lo sport, io credo che ogni Paese abbia la sua caratteristica precisa: la nostra equitazione di base, quella di mio marito e mia, è però più di stampo direi… americano, un’equitazione leggera, nel ritmo e nel senso del cavallo. Io penso che non è importante dove ci si trova fisicamente: quello che importa è che il sistema adottato abbia una continuità e sia anche vincente».
Quali sono gli effetti della mistione internazionale tra lei svizzera, suo marito belga, e insieme in Italia?
«Penso che sia una cosa molto particolare e bella. Viviamo in un Paese bellissimo con tanti lati positivi. Mio marito e la sua famiglia hanno un allevamento in Belgio e una cultura dello sport che si è sviluppata in Belgio: quindi credo che possano portare delle cose buone in Italia, da questo punto di vista. Io come svizzera… beh, noi non abbiamo una grande realtà allevatoriale come il Belgio, siamo più simili all’Italia direi… La cosa bella è riunire tanti aspetti diversi che fusi insieme portano la gente ad avere successo nell’equitazione. Per noi è molto importante aiutare i nostri clienti e far crescere buoni cavalli».
Lei parla benissimo l’italiano…
«Beh, ci provo. Il mio accento però rimane straniero direi».
È stato difficile per lei imparare l’italiano?
«Più o meno sì, però non è molto distante dal francese per certi aspetti».
Tra lei e Ignace quali sono le differenze principali dal punto di vista dello sport e del rapporto con i cavalli?
«Penso che noi due ci completiamo molto bene. Ignace per me è molto importante: mi aiuta nell’allenamento, nella preparazione dei cavalli. Un lato di lui e un lato di me fanno il successo. Questo successo può arrivare solo quando le cose si abbinano: non penso che sia possibile quando uno è l’opposto dell’altro. Per arrivare al successo ci vogliono mille fattori diversi, ecco perché è indispensabile seguire la stessa direzione quando si è in due».
Nello specifico cosa ha dato lui a lei, e cosa lei a lui.
«Credo che siamo riusciti a creare insieme la base della nostra vita. Abbiamo creato il nostro centro, abbiamo portato avanti cavalieri e cavalli. L’abbiamo fatto e ci siamo riusciti perché è la cosa che ci piace, quindi direi che entrambi ci siamo dati molto».
Essere marito e moglie e fare insieme lo stesso lavoro è facile o difficile, un vantaggio o uno svantaggio?
«Di sicuro non è sempre facile. Bisogna anche avere buone capacità di adattamento però nel nostro caso la grande fortuna è poter fare affidamento su una grande famiglia nella quale tutti si aiutano. Caroline, la sorella di Ignace, è sempre presente in ufficio ed è fondamentale quando noi non ci siamo; i genitori di Ignace ci aiutano tantissimo anche con nostro figlio, grazie a loro l’ho potuto portare quasi sempre con me in tutti i concorsi cui ho partecipato… Insomma, gestire la nostra vita così e poter lavorare tutti insieme così penso… sì, penso che una cosa così bella nella vita non esiste, se funziona. E la nostra funziona».
Il vostro bambino adesso quanto ha?
«Ha sei anni e a settembre inizia ad andare a scuola».
Monta già a cavallo?
«Sì, una o due volte alla settimana, però gli piace tantissimo anche il calcio. Ma per me e Ignace non è importante che lui diventi cavaliere: è però importante che sappia montare a cavallo perché deve sapere cosa facciamo noi nella vita. Poi sarà lui a decidere quello che vuole fare».
La vostra base è a Vinovo, alle porte di Torino. Ma avete anche basi all’estero dove vi appoggiate?
«No. In Belgio Ignace ha il suo allevamento, ma la nostra base operativa e sportiva è a Vinovo, al centro ippico La Madonnina».
Quindi la vostra è davvero una vita felice?
«Sì, devo dire di sì. Nel corso degli ultimi dieci anni siamo riusciti a valorizzare non solo allievi ma anche cavalli come Pablo de Virton, Dieudonne de Guldenboom, un cavallo come Dixon vincitore con Ian Millar… Penso che dobbiamo essere soddisfatti del nostro lavoro, ma spero anche che in futuro le soddisfazioni continuino… Non ci si deve fermare a compiacersi di ciò che è accaduto, bensì cercare di proseguire».
Per lei però l’attività principale rimane il montare a cavallo, andare in concorso…
«Sì, per il momento sì. Però facciamo anche tanti stage da noi, abbiamo tanta gente che viene qui con il suo cavallo, per una settimana, anche un mese, gente che poi viene fuori in gara con noi, dai semplici concorsi nazionali fino alle tappe del Longines Global Champions Tour o altre gare internazionali».
Ma a lei piace più montare e fare gare o insegnare?
«Faccio entrambe le cose. Mi piacciono entrambe le cose».
Dal suo punto di vista di straniera in Italia ma ormai quasi italiana… come valuta l’attuale momento del salto ostacoli azzurro?
«L’Italia ha tanta storia alle spalle, direi una delle storie più importanti del mondo grazie a Federico Caprilli e a Pinerolo… Direi che oggi come oggi l’Italia è uno dei Paesi più forti, con tanti cavalieri nuovi che vivono anche all’estero e con tanti ottimi cavalli. Posso solo dire che l’Italia e i cavalieri italiani meritano il successo che stanno riscuotendo ovunque».