Bologna, lunedì 30 marzo 2020 – Tutto comincia con una frase: «Se vogliamo diventare la prima scuderia del mondo dobbiamo avere quel cavallo». Una frase chiara, diretta, inequivocabile. Pronunciata da un uomo che in quel momento è un campione ma che di lì a poco sarebbe diventato un grandissimo campione: il tedesco Franke Sloothaak.
Nato in Olanda nel 1958, tedesco di passaporto sportivo dal 1979, Franke Sloothaak nel 1992 diventa cavaliere della scuderia di San Patrignano. In quel momento al suo collo ci sono già le medaglie olimpiche a squadre di bronzo (1984) e d’oro (1988), e quelle continentali a squadre di bronzo (1985) e individuale d’argento (1991). Vincenzo Muccioli lo ingaggia subito dopo le Olimpiadi di Barcellona: il fondatore della comunità riminese voleva un cavaliere di massimo livello tecnico e di grande visibilità per affidargli i cavalli della sua scuderia, una scuderia che come obiettivo ultimo doveva avere in realtà l’allevamento e la produzione di soggetti sportivi. Ma per arrivare a questo era necessario prima di tutto raggruppare un buon numero di femmine e di stalloni di grande pregio sia genealogico sia sportivo, consolidarne e se possibile migliorarne il valore in campo, e quindi solo in un secondo tempo passare alla produzione allevatoriale. Il grande cavaliere (poi sarebbero diventati tre, con l’ingaggio anche del francese Michel Robert e dell’italiano Emilio Puricelli, senza contare il cavaliere di casa, cioè lo spagnolo Fernando Fourcade) sarebbe stato fondamentale in funzione di tale progetto. Arriva dunque Franke Sloothaak.
«Dobbiamo avere quel cavallo»: Franke Sloothaak si rivolge così a Vincenzo Muccioli poco dopo il suo arrivo a San Patrignano parlando di un sauro belga di sei anni figlio di Major de la Cour che si trova nelle scuderie del cavaliere ugualmente belga Jean Claude van Geenberghe. Sloothaak esprime con forza e certezza questo suo convincimento perché sa che in qualche modo deve indurre Muccioli a fare un’eccezione alla regola prestabilita, quella di acquistare solo stalloni e femmine: perché quel sauro di sei anni è castrone, dunque inutile in prospettiva allevatoriale. Ma Vincenzo Muccioli non fa alcuna fatica a convenire pienamente con Sloothaak: quel cavallo era davvero fuori dalla norma e quindi, sebbene inutile in allevamento, avrebbe comunque potuto garantire a San Patrignano un buon investimento in termini di visibilità.
Comincia così la storia di Joli Coeur a San Patrignano. Una storia che ha portato il figlio di Major de la Cour e di Beauty (da Un Bonheur) a divenire uno dei più grandi cavalli del circuito internazionale, pur avendo vinto meno di quanto potenzialmente gli sarebbe stato possibile. E il fatto che abbia vinto meno di quanto gli sarebbe stato possibile dipende da situazioni che nulla hanno a che vedere con le sue capacità tecniche e agonistiche…
Il 1993 è la prima stagione iniziata da Franke Sloothaak con i colori della scuderia di San Patrignano. In quel momento i cavalli di punta sono addirittura tre: le femmine Weihaiwej e Dorina, e lo stallone Corrado. Tre soggetti da Gran Premio: nessun cavaliere al mondo in quel momento può contare su un parco cavalli del genere. Joli Coeur può quindi lavorare tranquillo e aggiungersi a questa squadra di fenomeni un anno più tardi, nel 1994. E il 1994 sarà un anno indimenticabile per Sloothaak. Weihaiwej, la cavalla dagli occhi azzurri, è il numero uno nella gerarchia dei campioni a disposizione del fuoriclasse tedesco, ma si intuisce chiaramente che Joli Coeur le diventerà ben presto di molto superiore. Quell’anno Franke Sloothaak è 2° nella finale della Coppa del Mondo (Weihaiwej), vince ben sette Gran Premi internazionali, ma soprattutto si laurea campione del mondo a L’Aia in sella a Weihaiwej. Dal canto suo Joli Coeur si annuncia sulla ribalta internazionale con alcune straordinarie prestazioni: nello Csio d’Olanda a Geesteren vince Coppa delle Nazioni e Gran Premio, nello Csio di Modena (il secondo Csio d’Italia assieme a quello di Roma) è secondo in Coppa delle Nazioni e primo in Gran Premio. I suoi percorsi sono uno spettacolo abbagliante: Sloothaak lo monta inquadrandolo molto tra mani e gambe, comprimendone l’energia falcata dopo falcata, controllandolo lungo ogni centimetro di terreno, e nello stesso tempo alimentando un impulso potente sul treno posteriore. Il risultato è che quando si trova davanti all’ostacolo Joli Coeur esplode tutta la forza trattenuta e compressa fino a quel momento librandosi in aria con l’elasticità di una molla. Ma l’aspetto più straordinario del suo salto è l’insieme dei movimenti della schiena, dell’incollatura e degli arti anteriori: praticamente la perfezione fatta cavallo. A tutto ciò si aggiunga una fenomenale rapidità di gestione del proprio equilibrio davanti all’ostacolo: cosa che consente a Sloothaak (che tra l’altro è uomo di statura piuttosto elevata) di poter girare e tagliare a piacimento e su qualsiasi altezza e dimensione. Cosa si può chiedere di più a un cavallo?
A un cavallo niente, ma alla buona sorte qualcosina forse sì. Perché a partire dalla vittoria mondiale di L’Aia ’94 a Sloothaak non ne va più bene una: e sempre per questioni extra-tecniche. Nel 1995 c’è il Campionato d’Europa: a San Gallo, in Svizzera. Piove a dirotto, il terreno è una palude, la Germania decide di non far partire i propri cavalli in quelle condizioni (e comunque Sloothaak avrebbe montato Weihaiwej). Nel 1996 le Olimpiadi ad Atlanta, il primo campionato internazionale per Joli Coeur: la Germania vince la medaglia d’oro, ma Franke cade nel primo dei due percorsi per una banale incomprensione con il suo compagno ferendosi profondamente a una mano; monterà comunque per il secondo percorso terminandolo magnificamente senza errori, ma la sua Olimpiade finisce lì. Ed era uno dei favoritissimi per il titolo. Nel 1997 c’è il Campionato d’Europa in Germania a Mannheim: Sloothaak lo perde a causa di un intervento chirurgico ai legamenti di una spalla. Insomma, una bella serie di sfortune nei campionati internazionali, soprattutto se si considera che in questo arco di tempo Joli Coeur cresce sempre più vincendo una grande quantità di Gran Premi e Coppe delle Nazioni e diventando in assoluto il il miglior cavallo di quegli anni: dunque un capitale inespresso in termini di podio e medaglie.
Fino al 1998, quando è in programma il Campionato del Mondo a Roma. Anche questa volta sembra che le cose non debbano andare nel verso giusto. Franke Sloothaak accusa nuovi problemi alla solita spalla, Joli Coeur si infortuna, entrambi rimangono fermi fino a poco prima del mondiale. Rientrano in campo giusto in tempo per due concorsi: uno dei quali è la finale della Samsung Nations Cup a Donaueschingen, terminata da Joli Coeur con uno scintillante doppio netto. Il c.t. della Germania, Herbert Meyer, ha una bella gatta da pelare: mettere in squadra un cavallo che ha fatto solo due concorsi prima di un Campionato del Mondo è un bell’azzardo, anche se il cavaliere si chiama Sloothaak e il cavallo è un numero uno assoluto… Ma Meyer decide di rischiare, tenendo in conto anche il parere di Franke, il quale sente di poter riporre nel suo cavallo la massima fiducia. Avranno ragione. Joli Coeur a Roma è uno spettacolo per gli occhi. Medaglia d’oro a squadre con due percorsi netti (uno con un fuori tempo massimo) e bronzo individuale.
Ma poi arriva il 1999, un anno di grandi turbolenze. Iniziato peraltro benissimo, con la vittoria del Gran Premio di Coppa del Mondo a Bordeaux. Poi c’è lo Csi ugualmente di Coppa del Mondo di Bologna a Casalecchio di Reno in febbraio. Sloothaak e Joli partono nella gara grossa del primo giorno, una categoria a barrage. Fanno zero nel percorso base. Arriva il barrage. Franke e Joli entrano in campo, la giuria suona la campana, Franke e Joli partono. Ma qui bisogna prima raccontare di una caratteristica assolutamente peculiare di Joli Coeur: quella di dover andare di corpo immancabilmente dopo qualche istante dall’essere entrato in campo gara. Quasi come l’effetto di un riflesso condizionato. Può sembrare ridicolo da dire, ma le cose stavano esattamente così: di conseguenza Sloothaak doveva sempre sperare che l’impellenza si manifestasse prima del suono della campana della giuria oppure che la giuria fosse comprensiva e annullasse la partenza del cronometro se il bisogno di Joli si manifestava dopo il suono della campana (oggi il regolamento prevede tale possibilità su segnalazione dello stesso cavaliere, ma allora la decisione era lasciata solo al buon senso della giuria). Anche perché Joli per rispondere a questa necessità si doveva fermare: non è mai stato capace di farlo in movimento, a differenza di molti altri cavalli. Del resto si tratta dell’ennesima dimostrazione che lo sport equestre si fa in compagnia di un essere vivente e non di una macchina.
Torniamo a Bologna. La giuria suona la campana. Sloothaak aspetta qualche istante per vedere se Joli deve manifestare il suo bisogno, ma nulla accade: e così il campione tedesco parte. Senonché il bisogno del cavallo arriva proprio mentre il binomio è sulla traiettoria per affrontare il primo ostacolo, un passaggio di sentiero: troppo tardi per fermarsi, questione di centesimi di secondo, Franke probabilmente pensa che Joli ce la possa fare ugualmente e che toglierlo bruscamente dall’avvicinamento all’ostacolo possa essere un’azione troppo violenta, ma Joli non ce la fa: il galoppo si rattrappisce, quando è il momento di saltare Joli letteralmente non si alza da terra e sfonda quel primo ostacolo attraversandolo da parte a parte in un vortice di barriere e pilieri che volano da tutte le parti. Volano anche loro due, Franke e Joli, a terra. Momenti drammatici: Sloothaak cade sulla spalla martoriata, Joli con le gambe sotto di sé, il terrore è di non vederlo rialzarsi… Per Joli è la fine del concorso e anche la fine della stagione agonistica: siamo nel febbraio del 1999, Joli Coeur rientrerà in gara solo nel 2000.
Rientrerà così tardi anche perché nel frattempo si conclude il rapporto tra San Patrignano e Sloothaak. Joli quindi rimane in convalescenza nelle scuderie della comunità riminese. Deve essere venduto perché inutilizzabile in allevamento; ma non può essere svenduto perché si tratta pur sempre di un super cavallo nel pieno della maturità. Dovrà passare tutto l’anno prima che l’operazione si perfezioni: infine Sloothaak riesce a mettere insieme un gruppo di sostenitori che lo aiutano a rilevare la proprietà di Joli. E dunque il binomio si ricongiunge: è la soluzione più logica.
Inizia così un nuovo capitolo della storia. Ma quell’anno di sosta toglie qualcosa a Joli, che nel 2000 entra nel suo quattordicesimo anno di vita: il tempo di inattività deposita un sottile ma inamovibile strato di ruggine che rallenta quei meccanismi una volta sincronizzati alla perfezione. Prima Joli Coeur era una infallibile macchina da vittoria, ora è un grande campione che ogni tanto ha delle pause. Tra il 2000 e l’ultima stagione di gare – il 2004 – arrivano comunque successi stupendi (due vittorie in Coppa delle Nazioni, cinque primi posti in Gran Premio, due vittorie in GP di Coppa del Mondo), ma più nessun campionato internazionale… Diciottenne, nel 2004, Joli Coeur lascia le scene agonistiche per andare a godersi la classica meritata pensione nei paddock della scuderia di Franke Sloothaak. Sette anni più tardi, l’11 gennaio 2011, una colica fatale mette fine alla sua esistenza terrena… Un’esistenza che però – per quanto retorico possa sembrare dirlo – rimarrà per sempre ben viva negli occhi e nella mente di tutti coloro i quali hanno avuto il privilegio di ammirare le gesta sportive di questo stupendo campione: veder saltare Joli Coeur è stato uno spettacolo letteralmente indimenticabile.