Bologna, mercoledì 29 maggio 2019 – Nell’osservare la sequenza fotografica di questo bellissimo salto di Giulia Martinengo Marquet su Princy (per farlo al meglio utilizzate il tasto di ingrandimento in alto a destra nell’immagine) sono due le cose che risultano immediatamente evidenti: la bellezza dell’azione, ovviamente, ma soprattutto il fatto che l’amazzone azzurra fin dal momento della battuta della cavalla a terra (in realtà anche da poco prima) rivolga lo sguardo alla sua sinistra a novanta gradi rispetto alla traiettoria del movimento. Eppure l’ostacolo è di notevole consistenza, e il momento non è quello di un esercizio, bensì di una gara della massima importanza internazionale!
“Sì: Michel Robert”, dice Giulia Martinengo Marquet con sicurezza. Ma cosa vuol dire… Michel Robert? Vuol dire che nel recente passato Giulia Martinengo Marquet ha organizzato presso la sua scuderia – e di suo marito, Stefano Cesaretto – una serie di stage di approfondimento tecnico tenuti dal fuoriclasse francese e aperti a un certo numero di partecipanti. Momenti meravigliosi durante i quali è stato possibile apprezzare l’importanza di numerosi aspetti del lavoro sia del cavallo sia del cavaliere, analizzando i dettagli in profondità e con grande perizia. Uno degli aspetti ai quali il campione francese ha riservato particolare attenzione è stato per l’appunto l’uso dello sguardo. Robert ha dedicato molto tempo alla ripetizione di esercizi durante i quali i suoi allievi dovevano affrontare alle tre andature barriere a terra singole o in sequenza e piccoli ostacoli singoli o in combinazione lungo linee sia rette sia curve: il tutto rivolgendo lo sguardo a seconda delle circostanze alla propria destra o sinistra, e non invece nella direzione dell’esercizio stesso. Esercizi che talvolta hanno messo in difficoltà cavalieri di notevole e affermata bravura. “Io a volte dicevo: Michel, non ci riesco, non lo posso fare… E lui ribatteva: Giulia, tu credi di non poterlo fare e per questo ti sembra di non riuscirci… All’inizio c’erano dei momenti in cui sarei corsa in scuderia a piangere di nascosto… ! Ma poi si scopre una cosa, tanto grande quanto importante: Michel Robert ha semplicemente ragione”, racconta l’amazzone azzurra.
Ma perché lo sguardo, quindi? Lo sguardo può essere di due tipi: focalizzato oppure panoramico. Il primo tiene in conto solo ciò su cui si rivolge, il secondo abbraccia una prospettiva più ampia considerando contemporaneamente una pluralità di elementi. La direzione verso cui si rivolge lo sguardo influenza pur se solo impercettibilmente la disposizione delle parti del corpo e dell’equilibrio del cavaliere, il quale trasferisce in questo modo una serie di informazioni al cavallo. Quello che vediamo fare a Giulia Martinengo Marquet in questa sequenza è esattamente ciò su cui il lavoro di Michel Robert si è tanto concentrato. L’amazzone azzurra ha impostato da lontano un avvicinamento perfetto all’ostacolo, conseguenza di un buon ritmo e del giusto equilibrio di Princy (dunque effetto di tutto ciò che contribuisce a crearli), quindi ha già chiaro nella propria mente quello che succederà nelle frazioni di centesimi di secondo seguenti: sa dove Princy batterà a terra per effettuare il salto, sa come il salto si svolgerà perché ‘sente’ la sua cavalla attraverso le sue mani e le sue gambe e il suo corpo oltre al fatto di conoscerla come le sue tasche, dunque non ha alcun bisogno di focalizzare lo sguardo sull’ostacolo. Giulia Martinengo Marquet fa quello che le ha insegnato Michel Robert: usa lo sguardo panoramico, guarda già all’ostacolo successivo senza tuttavia perdere di vista quello che la ‘panoramica’ dell’osservazione le permette di tenere sotto controllo; il suo sguardo è un’azione anticipatrice di ciò che accadrà, mentre quello che sta accadendo è già perfettamente impostato dunque a Giulia non rimane da fare altro che lasciarlo accadere. Ma quando quello che sta accadendo sarà accaduto (cioè l’ostacolo superato) sia Giulia sia Princy saranno già perfettamente calibrate sulla prosecuzione degli eventi grazie a questa azione anticipatrice prodotta dallo sguardo. Quindi la curva verso sinistra e il migliore equilibrio per affrontarla saranno nient’altro che la conseguenza di tutto ciò. Princy seguirà lo sguardo di Giulia proprio come l’acqua di un fiume segue gli argini che la contengono.
Come si vede, dunque, il buon esito di un percorso è nient’altro che la sequenza di un anello che si collega all’altro, una continua alternanza del rapporto che intercorre tra causa ed effetto. E proprio per questa ragione qualunque discorso sull’importanza della direzione dello sguardo sarebbe vano se non vi fosse un presupposto di partenza irrinunciabile: la corretta impostazione dell’assetto e dell’uso degli aiuti. E’ il giusto assetto che rende il cavaliere – in questo caso l’amazzone – libero di poter utilizzare al meglio i propri aiuti naturali (mani, gambe, schiena, quindi equilibrio): un qualunque difetto di assetto compromette tale libertà e indipendenza nell’uso degli aiuti… quindi anche dell’uso dello sguardo. Montare bene è importante: e non bisogna mai dimenticare che la qualità di una casa dipende prima di tutto dalla solidità delle fondamenta.