Bologna, mercoledì 24 aprile 2019 – La scorsa domenica 7 aprile 2019 i migliori cavalieri di salto ostacoli del mondo erano divisi in due gruppi distinti. Un gruppo era a Goteborg, in Svezia, per disputare la finalissima della Coppa del Mondo. E l’altro gruppo? L’altro gruppo era all’Equieffe Equestrian Centre di Gorla Minore, in campo per il Gran Premio dello Csi a quattro stelle. In Italia, quindi. Una cosa abbastanza sorprendente: perché non è mai stato tanto facile vedere una tale concentrazione di campioni nel nostro Paese per un concorso che non sia uno degli internazionali a cinque stelle di Roma (Piazza di Siena e tappa del Global Champions Tour) e di Verona (tappa di World Cup): dalla campionessa del mondo in carica Simone Blum, all’unico cavaliere del pianeta capace di vincere il Rolex Grand Slam of Showjumping, Scott Brash; e poi Edwina Tops Alexander, la regina del Global Champions Tour, quindi altre due amazzoni formidabili come Penelope Leprevost e Luciana Diniz, per proseguire con Roger-Yves Bost, Marc Houtzager, Pius Schwizer, Nicolas Delmotte, Jerome Guery… solo per dire i più significativi, oltre naturalmente ai migliori azzurri compreso quell’Alberto Zorzi che ormai in Italia torna solo per occasioni specialissime. Quel Gran Premio ha posto termine a un circuito – il Milano Jumping Challenge – che all’Equieffe Equestrian Centre si è sviluppato su ben cinque settimane consecutive: due Csi a due stelle, due a tre stelle e uno a quattro. Un vero grande successo, con la presenza nelle varie tappe anche di nomi del calibro di Steve Guerdat, Michel Robert, Ben Maher, John Whitaker, Marlon Zanotelli, Marc McAuley, Douglas Lindelow, Janika Sprunger, Michael G. Duffy, Romain Duguet. Terminato quel circuito, ecco una settimana di intervallo per riprendere fiato e forze e poi dal 18 al 21 aprile lo Csio d’Italia riservato alle quattro classi giovanili (pony, children, juniores, young rider): altro grande evento con in campo i campioni del futuro. Insomma, un calendario agonistico davvero di primissimo ordine: quello che è sempre stato l’obiettivo di Emanuele Fiorelli fin dal giorno in cui – nel 2011 – è nato il suo Equieffe Equestrian Centre sulle spoglie dell’allora Centro Ippico La Pamina della famiglia Sozzi.
«Sono ormai trascorsi otto anni di concorsi. Fino al 2014 siamo rimasti su una media tra i quindici e i diciotto eventi all’anno, poi siamo saliti a quaranta settimane».
Quaranta settimane sulle cinquantatré che formano un anno: è un impegno enorme…
«Sì, abbastanza. Naturalmente durante queste quaranta settimane ci sono tutte le tipologie agonistiche possibili, nazionali, internazionali, pony… eccetera. Era l’obiettivo che ci eravamo prefissi quando abbiamo cominciato, del resto: creare un centro importante per il salto ostacoli nel nord Italia».
Che poi è un nord Italia molto favorevole anche per il sud Europa…
«Eh sì, siamo molto vicini alla Svizzera, all’Austria, alla Francia, alla Germania, qui arrivano tutti molto veloci, non devono fare viaggi estenuanti per i cavalli come per andare in Spagna o in Portogallo… ».
C’è da fare ancora qualcosa all’Equieffe Equestrian Centre?
«Sì, un campo d’erba degno del massimo livello. Quello che manca per concludere la parte tecnica è di certo questo. Un campo d’erba che andrà usato solo nelle manifestazioni di élite, solo in poche gare e solo in occasione di tempo atmosferico perfetto. Questa sarà la ciliegina sulla torta, perché per quanto tutti sostengano che ormai i campi d’erba stanno sparendo la realtà è questa: Aquisgrana, Dublino, La Baule, Falsterbo, Hickstead… questi concorsi e altri ancora saranno sempre in erba e quindi i cavalieri buoni cosa vogliono? Oltre a un bel concorso con i numeri giusti, i fondi perfetti, le scuderie ottime, vogliono anche un’arena verde dove far saltare i cavalli per prepararli alla stagione. E’ una questione tecnicamente fondamentale… ».
Il progetto dunque c’è: quando sarà pronto questo nuovo campo?
«Spero nel giro di due anni. Lo faremo quest’anno, poi lo lasceremo tranquillo per una stagione e quindi nel 2021 cominceremo a farci qualche gara nel rispetto delle discriminanti che ho detto prima. Questo è il programma».
Per quanto invece riguarda l’organizzazione dell’anno agonistico lo schema attuale verrà mantenuto anche in futuro?
«Quaranta settimane sono un po’… toste, diciamo. Magari un domani… vediamo, se Gorla continuerà a mantenere questo trend di crescita internazionale è chiaro che l’attività nazionale potrà essere leggermente ridotta».
Economicamente parlando il meccanismo funziona bene?
«È una cosa che si sorregge. Certo, bisogna sempre fare migliorie e investimenti ma con grande attenzione e soprattutto precisione: deve trattarsi di qualcosa il cui costo venga poi assorbito generando benefici. Il fatto è che io voglio fare sempre manifestazioni come si deve: credo che il numero massimo di cavalli per fare un bel concorso internazionale sia di 550, quelli che prendiamo noi, oltre diventa una cosa meccanica tesa solo al guadagno e non al rispetto della manifestazione, dello sport, dei cavalli e dei cavalieri… poi si sfondano i campi, si stressano le persone che lavorano e che partecipano… insomma, diventa un’altra cosa. Quindi i numeri dei nostri eventi sono tali per cui io non riesco ad assorbire la realizzazione di un campo nuovo con un tour di concorsi: ci vuole una pianificazione degli investimenti oculata e ragionata. Ma gli investimenti vanno fatti, altrimenti non si cresce».
La gestione di tutto l’Equieffe Equestrian Centre è esclusivamente nelle sue mani dunque.
«Sì, per adesso riesco a fare tutto bene. Ma ho delle buone e forti spalle che mi aiutano: per la ristorazione, per la parte contabile, per la segreteria… Ho cercato di creare un gruppo che funzioni. Dobbiamo essere come una macchina: quando è il momento si gira la chiave e il motore deve partire, senza rallentamenti, senza intoppi. Ed è così: io ho un gruppo di persone che si occupano ciascuna delle proprie competenze e tutto funziona al meglio».
Oggi nel mondo i concorsi isolati stanno praticamente sparendo a vantaggio dei circuiti di più eventi collegati…
«È anche una necessità visto gli investimenti che bisogna sostenere per creare un centro di gare di eccellenza: è ovvio che chi va incontro a tali sforzi economici poi debba necessariamente dar vita a una serie di manifestazioni per ammortizzare il tutto. Oggi poi i cavalieri vogliono gareggiare solo dove le condizioni sono eccellenti sotto tutti i punti di vista… scuderizzazione, terreni, montepremi, quindi l’evento isolato magari anche bellissimo nel parco della città o nel centro ippico ha sempre meno appeal».
Dal punto di vista di organizzatore lei come considera questa realtà del nostro tempo?
«Dico solo una cosa: bisogna puntare sulla qualità per andare avanti. Se lo si fa per aumentare i numeri, se lo si fa solo per i soldi, se lo si fa per dare vita a una specie di catena di montaggio… beh, allora lì si rischia di finir male. Bisogna stare sulla qualità, assolutamente, altrimenti alla lunga si cade. La qualità è un investimento».
Il tour primaverile all’Equieffe è stato un successo.
«Sì, sarà ripetuto negli anni a venire e probabilmente con un disegno più intelligente a mio avviso, cioè portando i concorsi da cinque a sei ma separandoli con una settimana di stacco tra i due gruppi di tre. Penso a due due stelle e un tre stelle, e poi un tre e due quattro, oppure due tre e un quattro stelle, vedremo. Credo che questo sia il disegno migliore, anche perché cinque settimane consecutive sono tante e faticose sia per chi lavora sia per chi partecipa. Una settimana di intervallo è un bene per tutti, ci si riposa un po’, si stacca, ci si ricarica».
L’Emanuele Fiorelli cavaliere è un ricordo molto lontano oppure dentro di lei è una dimensione ancora presente e attuale?
«È un ricordo, sì: non molto lontano perché lo sto rivivendo grazie ai miei figli, Leonardo e Margherita, quando sono in campo loro».
Ma un Emanuele Fiorelli cavaliere non ci sarà più?
«No. C’è stato, adesso ci saranno i Fiorelli più giovani… Emanuele adesso fa altro!».
E si diverte di più o di meno nel fare altro?
«Mi sono sempre divertito, in entrambe le dimensioni. Quella di adesso mi piace molto, in questo momento della mia vita… E poi più si cresce e più aumentano i dolori fisici e gli acciacchi… bisogna insomma saper fare le giuste scelte. Comunque i miei figli mi fanno vivere molto intensamente anche la parte sportiva».