Bologna, venerdì 25 ottobre 2019 – Eric Lamaze ha trasformato la prospettiva della sua morte in parte della sua vita. Una prospettiva che a ben vedere dovrebbe essere di tutti: anzi, che di fatto lo è. Ma un conto è enunciare questo principio sapendo di essere perfettamente sani e supponendo di avere davanti a sé una indefinita quantità di tempo per vivere la propria vita, altro conto è farlo nella consapevolezza di avere una malattia tremenda contro la quale essere costretti a combattere una battaglia senza quartiere. Come nel caso di Eric Lamaze, appunto, e della moltitudine di persone che purtroppo si trovano nelle sue condizioni.
Non è facile scrivere di questo e non è facile farlo nella maniera ‘giusta’, fermo restando che ciò che non è facile in misura infinitamente superiore è quello che sta facendo e vivendo Eric Lamaze… Ma in qualche modo è stato lo stesso campione canadese a coinvolgere tutti – tutti noi – in questa sua impresa tremenda e per certi versi magnifica: lo ha fatto a partire dallo scorso maggio parlandone apertamente con giornali e televisioni e amici e colleghi dopo mesi e mesi trascorsi in claustrofobica chiusura in sé stesso nel tentativo di trovare il giusto equilibrio, le giuste risorse e le indispensabili forze per affrontare questa terrificante sciagura. Poi ha deciso che la condivisione sarebbe stata la cosa migliore, dimostrando così di avere dentro sé stesso un meraviglioso e fondamentale senso della comunità, della comune appartenenza, dell’essere qualcosa tutti insieme, del rappresentare qualcosa tutti insieme. In questo modo probabilmente ha attinto nuove forze e nuove energie, assorbendole dal senso di vicinanza e di prossimità che gli hanno trasmesso le persone nel momento in cui lui le ha messe a parte della sua situazione, aprendo sé stesso senza riserve e senza pudori e senza reticenze. E noi, tutti noi, sentiamo inevitabilmente di poter essere qualcosa, di poter rappresentare qualcosa nel momento in cui la nostra collettiva attenzione diventa carburante prezioso per la sua vita, per la vita di Eric Lamaze: e quindi anche per la nostra. Ho un tumore al cervello, ha detto Eric Lamaze, più volte sono stato certo di essere sul punto di morire, ma adesso ho deciso di combattere e di lottare finché mi rimane anche solo una scintilla di energia… Lo ha deciso davvero, il campione canadese: e dal momento in cui lo ha deciso ha ottenuto alcune vittorie formidabili, come decuplicando le sue energie, trovando forze impensabili dentro un fisico messo a durissima prova dai trattamenti terapeutici e dai medicinali e dentro una psiche costretta a tener sempre presente quello spettro terrificante…
Eric Lamaze ha trasformato la prospettiva della sua morte in parte della sua vita: e ora guarda alle Olimpiadi di Tokyo 2020 come il leone affamato punta la preda, come il siluro calibrato sull’obiettivo, con la determinazione di chi sgombra il campo da qualunque possibile diversivo deciso a mirare solo e soltanto al traguardo massimo, come consapevole del fatto che la forza necessaria per raggiungere quella meta sarà il miglior antidoto possibile – migliore anche della medicina – contro la macchinazione del destino perfino più feroce. Eric Lamaze lo ha dichiarato senza mezzi termini: Tokyo sarà probabilmente la mia ultima apparizione in gara, dopo voglio dedicarmi al commercio e all’insegnamento per dare ad altri la possibilità di realizzare il proprio sogno, come è successo a me.
La notizia ufficializzata ieri è che adesso c’è un nuovo cavallo, per Eric Lamaze: Idalville d’Esprit. Acquistato da Chris e Thea Stinnett della scuderia Heathman Farm in collaborazione con la scuderia Torrey Pines dello stesso Lamaze. Nato nel 2008, belga (Bwp da Carabas van de Wateringhoeve x Nabab de Reve), proveniente dalle scuderie del commerciante svizzero Giambattista Lutta e montato dall’elvetico Alain Jufer, Idalville raggiungerà Coco Bongo e Chacco Kid nel gruppo dei cavalli tra i quali Lamaze sceglierà quando sarà il momento il compagno olimpico. Ma per quanto l’elemento-cavallo nel nostro sport sia fondamentale e per quanto l’acquisto di Idalville d’Esprit sia un’operazione di notevoli proporzioni, beh… tutto ciò passa decisamente in secondo piano rispetto all’impresa che sta compiendo e che certamente porterà a termine Eric Lamaze. Pensiamoci, a quello che sta facendo quest’uomo: a come lo sta facendo, al perché lo sta facendo. Tutti noi abbiamo un ruolo – grande o piccolo non importa – nella comunità alla quale Eric Lamaze si è rivolto e si sta rivolgendo per rendere sempre più forte sé stesso e per amplificare al massimo il senso della sua missione. Quindi pensiamoci.
Qualche tempo fa Eric Lamaze aveva detto: se avrò la possibilità di vivere fino alle Olimpiadi di Tokyo sarò molto fortunato. Adesso dice: dopo le Olimpiadi mi dedicherò all’insegnamento e al commercio. La sua è una sfida continua. E inarrestabile.