Bologna, giovedì 23 aprile 2020 – E’ il nome che lo ha fatto diventare grande? Oppure è la sua grandezza ad aver dato ulteriore fascino e suggestione al nome? Che la si veda da una parte o che la si veda dall’altra, una cosa è certa: basta pronunciare la parola Landgraf per sentirsi pervadere da un potente senso di ammirazione per questo cavallo che in qualità di riproduttore ha dato un contributo ineguagliabile alla storia dello sport equestre mondiale.
Siamo in Holstein, questa regione del nord della Germania che è quasi Danimarca, battuta dal vento e profumata dell’umido del mare e dell’erba. E’ il 10 aprile 1996. L’intera comunità degli allevatori della regione si ritrova per festeggiare il trentesimo compleanno di uno stallone che insieme al fratello Lord ha dato fama e successo mondiali alla linea L creata proprio grazie a loro e al loro papà: Landgraf I appunto, nato nell’aprile del 1966, figlio del purosangue Ladykiller (1961, Sailing Light x Loaningdale) e di Warthburg (1962, Aldato x Fangball). Landgraf si presenta alla sua festa bello e forte più che mai: il tempo non ha minimamente intaccato la sua fierezza. Assieme a lui ci sono molti altri cavalli suoi figli convenuti per l’occasione, proprio come si deve fare per celebrare a dovere il proprio padre: tra i più famosi c’è Libero H, stallone nato nel 1981, vincitore della finale della Coppa del Mondo due anni prima con l’allora olandese Jos Lansink e poi a sua volta padre di grandi campioni come Libertina (Jessica Kuerten), No Mercy (Christina Liebherr), Lambrasco (Janne Friederike Meyer), o di stalloni portentosi come Numero Uno; c’è Taggi, medaglia di bronzo individuale e d’oro a squadre nel Campionato del Mondo di L’Aia 1994 sotto la sella del tedesco Soeren von Roenne; ce ne sono molti altri, tra stalloni e campioni in campo ostacoli. Landgraf sembra quasi consapevole del momento e del motivo: allarga le narici e soffia, gonfia il collo e si muove con la potenza di muscoli che non sembrano affatto quelli di un cavallo trentenne… E poi con un colpo di scena degno della sua grandezza esattamente un mese dopo, il 10 maggio 1996, Landgraf I muore…
Trent’anni esatti, trent’anni durante i quali lo sport è stato animato da protagonisti formidabili prodotti da questo fenomenale fuoriclasse, uno stallone perfettamente riconoscibile in tutti i suoi figli grazie al comune e diffuso modo di utilizzare la schiena e il treno posteriore sull’ostacolo. Landgraf è senza alcun dubbio il più prestigioso rappresentante della linea genealogica che proprio grazie a lui e a suo padre Ladykiller viene contraddistinta dalla lettera iniziale dei loro nomi, la L. Ma non solo di quella, però: anche la C – nata grazie al purosangue Cottage Son e al francese Cor de la Bryère – è stata abbondantemente irrorata dal sangue di Landgraf: tanto da far nascere stupendi campioni dall’incrocio di queste due linee, basti pensare a Cumano (stallone in sella al quale Jos Lansink ha vinto il Campionato del Mondo nel 2006), figlio di Cassini I e di una figlia di Landgraf, Chanel II… Ma la lista è lunga anche in questo caso e per darne il senso della dimensione basti dire che non c’è cavallo registrato nello studbook dell’Holstein che non preveda Landgraf nella sua genealogia in primo, secondo o terzo grado. Ben prima della sua morte Landgraf era considerato una vera leggenda in Germania e nel 1994, anno del suo ritiro dall’attività riproduttiva, è stata eretta un’imponente statua in bronzo che lo raffigura: il monumento si trova nel giardino di ingresso del centro equestre di Elmshorn, cuore pulsante dell’Holstein. Cuore pulsante di Landgraf I.