Bologna, venerdì 10 luglio 2020 – La morte rappresenta sempre un dolore difficile da accettare, per chi rimane. Accade nel caso degli uomini, accade nel caso degli animali. Se a causa di circostanze sciagurate, poi, ancor di più: al pensiero che poteva anche non accadere, che si sarebbe potuto evitare… Ieri è stato scioccante leggere gli articoli di cronaca che raccontavano dell’incidente autostradale sulla A14 in cui sono rimasti coinvolti due mezzi pesanti, uno dei quali un van con tre cavalli a bordo… e poi leggere che fortunatamente nessuno dei conducenti ha riportato gravi conseguenze ma che dei tre cavalli uno è morto… Morto: povero cavallo, dentro la sua ‘casa’ viaggiante che rappresentava la sua sicurezza, il suo ricovero, il mezzo per essere protetto. Poi il meccanismo mentale è inevitabile, perché il mondo dello sport equestre è una specie di grande famiglia nella quale siamo tutti collegati: chi è? Con il timore di dover ammettere: sì, lo conoscevo… Non che la morte di un cavallo sconosciuto sia meno drammatica di quella di un cavallo conosciuto, ovvio: ma – come anche nel caso degli umani – la conoscenza stabilisce un rapporto di prossimità entro cui la disgrazia colpisce più duramente. E alla fine la risposta è arrivata: sì, lo conoscevamo, e bene anche. Levis, di Giuseppe Rolli. Anzi, per la precisione Levis van het Meyershof, 9 anni, stallone belga che con Giuseppe Rolli è cresciuto fin dalle gare per i cavalli giovani nel 2017. E non ce l’ha fatta, ieri, purtroppo. Quindi sì, il dolore è forte perché una disgrazia del genere è tragica, è forte perché Levis era un cavallo che viveva insieme a tutti noi il mondo dello sport, è forte perché Giuseppe Rolli fa parte di questa grande famiglia allargata. Purtroppo il dolore è forte…