Bologna, domenica 31 maggio 2020 – Nel 1976 Piero d’Inzeo su Easter Light. Poi si arriva al 1994, diciotto anni dopo: Arnaldo Bologni su Mayday. Quindi trascorrono ben ventiquattro anni, un’eternità… e si arriva alla vigilia dello Csio di Roma 2018: ancora senza vittorie azzurre nel Gran Premio Roma. In quel concorso, quello del 2018, succede qualcosa di sensazionale: l’Italia vince la Coppa delle Nazioni per il secondo anno consecutivo, una cosa che non accadeva dagli anni 1976 e 1977… ! Un evento talmente… epocale da far ritenere impossibile il realizzarsi di qualcosa di meglio, di qualcosa di più. Invece…
Invece succede che due giorni dopo quella meravigliosa vittoria Lorenzo de Luca si avventi sul GP Roma come una furia scatenata insieme a un Halifax van het Kluizebos che galoppando pare un divoratore di terreno e saltando un essere superiore. La seconda manche del nostro stupendo cavaliere è uno spettacolo semplicemente indimenticabile: quarantadue anni dopo Piero d’Inzeo e ventiquattro dopo Arnaldo Bologni, Lorenzo de Luca vince il Rolex Gran Premio Roma. Quel Rolex Gran Premio Roma che sarebbe andato in scena oggi, se lo Csio di Piazza di Siena non fosse stato cancellato dalla maledetta pandemia.
Lei di Gran Premi ne ha vinti molti: nella classifica delle sue vittorie quella di Roma 2018 dove la inserisce?
«Al primo posto. Perché è un Gran Premio così importante per noi italiani: è il sogno nel cassetto fin da quando si è piccoli. Poi chiaramente si cerca di vincere il più gran numero possibile di Gran Premi in carriera, è l’obiettivo di tutti i cavalieri, ma quello di Roma è qualcosa di speciale per qualunque cavaliere, non solo italiano».
Che poi sicuramente anche di Halifax è da considerare il risultato più importante no?
«Sì, Halifax ha vinto tanti Gran Premi in maggiore parte piccoli, diciamo così… È un cavallo che va impegnato con alternanza sui Gran Premi grossi: in vista di Piazza di Siena abbiamo avuto la fortuna di fare tutto perfettamente per farlo arrivare in Gran Premio Roma al top. Poi lui è uno dei miei tre cavalli del cuore, quindi… è stato meraviglioso!».
La vostra seconda manche è stata impressionante per velocità e intensità agonistica.
«Con Halifax riesco a raggiungere delle velocità in barrage o in seconda manche che magari con altri cavalli non riuscirei a raggiungere. Lui quel giorno ha dato il cento per cento di quello che poteva dare ed è andata bene».
Quando ha fatto la ricognizione del percorso della prima manche cosa ha pensato?
«Halifax era in un momento molto, molto positivo, lo sentivo in grandissima forma. Non mi ricordo se per il Gran Premio ero prequalificato o se invece mi sono qualificato il primo giorno con Limestone Grey… In ogni caso ho avuto la fortuna di poter fare il programma ideale di Halifax, cioè due gare piccole prima del Gran Premio, il che è perfetto per lui. Poi io ero concentrato al massimo… chiunque mi voleva fare interviste… sì, perché per noi italiani è un po’ particolare Piazza di Siena… beh, io non ho voluto parlare con nessuno, abbassavo la testa e tiravo dritto, avevo un livello di concentrazione forse superiore al solito, un po’ più grintoso del normale… già dalla ricognizione… probabilmente come conseguenza del non aver potuto fare la Coppa delle Nazioni… ».
Eh già, lei sulla carta era in squadra poi c’è stato un piccolo problema per il suo Ensor de Litrange…
«Sì, per me è stato un grosso rammarico non aver potuto montare in Coppa delle Nazioni, credo che sia stata per me una delle prime volte che ho fatto il quinto: ho cercato di stare il più possibile insieme ai miei compagni, poi il fatto che loro abbiano vinto è stata un’emozione fortissima però viverla stando in campo è diverso, ci vorresti essere sempre… e forse questa situazione mi ha dato quella rabbia agonistica in più che ci voleva per dare tutto in Gran Premio».
Ma pensava concretamente di poterlo vincere?
«Onestamente no, però sentivo di poter fare un buon risultato: questo sì».
Torniamo alla gara: la seconda manche.
«Quando con Halifax bisogna andare veloci mi sento un tutt’uno con lui, sento che siamo praticamente fusi in un’unica entità. Ed è stato così, in quella seconda manche. Ho fatto il possibile, ho fatto delle girate strette, lui era sempre con me. Avevo solo un po’ di timore sull’ultimo ostacolo, un verticale veramente grande, dove avevo protetto un po’ la distanza per ricomporre tutto, e quindi ho avuto un po’ di paura che qualcuno lì potesse riprendermi sul tempo… Però per fortuna non è successo!».
Prima diceva che questo Gran Premio è il sogno nel cassetto fin da quando si è piccoli… Lei che ricordi ha di questa gara ai tempi in cui era un ragazzino?
«Quando ero piccolo qualunque cosa trasmettessero in tv sui cavalli io mi ci appiccicavo… E poi ho continuato, crescendo. Mi attaccavo alla tv su Rai3 e guardavo tutto, anche le gare in notturna, se non ricordo male una volta si faceva la caccia in notturna… Mi ricordo una volta di essere rimasto molto impressionato dal barrage del Gran Premio tra Laura Kraut e Clare Bronfman, Laura montava un baio fenomenale, Anthem… E poi tutti i cavalieri italiani più forti… ».
Qualcuno le piaceva più di altri?
«Mi piacevano tutti, ma siccome sono stato in scuderia da Gianni Govoni ero un suo grande tifoso. Anche di Natale Chiaudani… ».
Oggi a distanza di tempo cosa le fa pensare l’immagine di un bambino che guarda Piazza di Siena alla televisione e che poi diventerà uno dei grandi vincitori del Gran Premio Roma?
«È un’emozione fortissima… L’avrei considerata una cosa assolutamente impossibile. Addirittura quando ho fatto la Coppa delle Regioni mi sembrava di aver raggiunto un traguardo impossibile… Non avrei mai e poi mai nemmeno osato pensare di fare il Gran Premio, figuriamoci vincerlo… Impossibile… Ma queste sono le scommesse e le sorprese della vita, questi sono sogni, noi abbiamo la fortuna di seguire una passione insieme a un compagno che amiamo al cento per cento, pian piano con le occasioni giuste… Mai dire mai nella vita… è un susseguirsi di situazioni che si intrecciano, di duro lavoro, di passione, a ripensarci scopri che la vita ti lascia a bocca aperta».
Con la distanza del tempo che passa aumenta in lei l’emozione per quella vittoria oppure l’emozione che ha provato al momento è stata inarrivabile?
«L’emozione di quel giorno è inarrivabile. Assolutamente».
Ha cambiato qualcosa dentro di lei questa vittoria?
«No, non direi. È stato un sogno che si è avverato. Ma non è cambiato nulla».
Avrà ricevuto chissà quante telefonate e messaggi…
«Sì, tante persone mi hanno detto cose bellissime. Anche premi. Persone che mi hanno visto crescere fin da quando ero un bambino come Lalla Novo e Giuseppe Moretti che per me rimangono personaggi di riferimento. E poi è stato bello che ci fosse anche Stephan (Conter, il proprietario della scuderia per la quale Lorenzo de Luca monta in Belgio, n.d.r.) perché lui ama moltissimo Piazza di Siena, è un concorso a cui tiene molto».
Lei, Stephan Conter e Halifax…
«Halifax è sempre stato una scommessa fin da quando abbiamo iniziato. Io l’ho preso alla fine dei suoi sette anni, era un cavallo molto rispettoso, ma l’interrogativo era sui mezzi… Quindi è particolarmente significativo che proprio con lui io abbia vinto questo Gran Premio, perché quello di Roma è uno dei Gran Premi più grossi del nostro circuito… Vincere con il ‘nostro’ cavallo del cuore è stata davvero un’esperienza indimenticabile!».