Bologna, mercoledì 15 gennaio 2020 – La storia di un cavaliere è sempre indissolubilmente legata a quella dei suoi cavalli. Luca Moneta di cavalli ne ha montati moltissimi, ma certamente sono tre in particolare quelli che gli hanno permesso di arrivare ai massimi livelli del salto ostacoli internazionale: Jesus de la Commune, Neptune Brecourt e Connery. Jesus (23 anni) ha lasciato l’agonismo ormai da tempo, il ritiro di Connery (19) è stato ufficializzato proprio qualche giorno fa, Neptune (19) è ancora attivo anche se sporadicamente e in gare non troppo difficili. Insomma, per Luca Moneta si chiude un capitolo importante della sua vita sportiva, vissuta ad altissimo livello grazie a questi straordinari compagni: ora si tratta di affrontare la fase che qualunque grande cavaliere sa di dover affrontare prima o poi, cioè quella del lavoro finalizzato alla ‘costruzione’ dei nuovi campioni, dei campioni del domani.
Il ritiro di Connery rappresenta un momento particolare della sua vita di cavaliere?
«Sì, sicuramente. Connery è un cavallo che mi ha dato la possibilità di vivere esperienze bellissime, sono riuscito con lui a qualificarmi per una finale di Coppa del Mondo, abbiamo fatto delle gare stupende, abbiamo condiviso una vita molto intensa… ».
È stato difficile decidere di ritirarlo dalle gare?
«No, anzi: sono molto contento adesso perché già nello sport Connery aveva fatto branco con Jesus, con Neptune… Jesus è già pensionato da tempo con Bonheur, Neptune li raggiungerà a breve, sono un bel gruppo di cavalli che si godono in vecchiaia la meritata pensione facendosi buona compagnia».
Quindi anche Neptune è prossimo al ritiro?
«Allora, la verità è che lui fa veramente fatica a non fare le gare, nel senso che si diverte come un matto: ogni volta che a casa c’è un camion lui si esalta per salirci sopra… ! Quindi quest’anno sicuramente lo centellinerò proprio come è accaduto la scorsa stagione, però lui sta benissimo fisicamente, si diverte molto e non vorrei metterlo in pensione troppo presto per non farlo avvilire».
Alcuni cavalli in effetti dopo la fine dell’attività agonistica sembrano soffrire la mancanza della gara, della trasferta, perfino del pubblico…
«Sì, io ho proprio questa sensazione con Neptune. Lui è un entusiasta, un guerriero, gli piace da morire… Per cui aspetterò che il suo fisico dica che è meglio fermarsi, però tendenzialmente penso che andrà avanti ancora un po’, perché sta veramente bene e ha veramente voglia di farlo. Non vorrei che il ritiro alla fine gli facesse un effetto contrario… ».
Neptune fa poche gare e piccole, Connery ritirato… Lei si sente in una fase di ricostruzione? Come vede il suo futuro prossimo senza due campioni del genere?
«Più che altro devo dire che loro sono stati cavalli che mi hanno permesso di accedere a gare meravigliose e di fare esperienze stupende, ma forse con anche una situazione di poca maturità e di poca consapevolezza agonistica da parte mia. Perché mi ci sono trovato, ma forse non ero nemmeno pronto davvero per fare quelle cose… ».
Invece adesso?
«Adesso sto lavorando un discreto numero di cavalli giovani e promettenti e mi sto godendo molto di più la loro preparazione per arrivare a quel tipo di competizioni, con una consapevolezza diversa, più matura, più profonda di quanto accaduto in passato. E sono convinto che torneremo molto presto ad affrontare le grandi gare».
Lei ha un approccio sempre molto profondo circa gli aspetti psicologici del rapporto uomo-cavallo e quindi anche del rapporto uomo-sport: si sente ridimensionato nel non poter più affrontare da protagonista le grandi gare, ne soffre oppure la cosa le è indifferente?
«Direi che competere ad alto livello è sicuramente bello, bellissimo, ma adesso mi sto veramente godendo il percorso che sto facendo con i miei attuali cavalli, addestrarli, farli crescere… forse tutto questo mi dà soddisfazione più della gara di alto livello».
Però ha bisogno anche di quello, oppure no?
«No, direi proprio di no. Mi fa piacere e sarò contento se ci sarà l’occasione, però no: non sento quel tipo di bisogno. Non lo sento come un bisogno, cioè».
Volendo descrivere Connery cosa direbbe?
«La nostra è stata un’amicizia molto forte, e naturalmente continua a esserlo. Lui è un cavallo che aveva un sacco di problemi, di stress, di paure… in teoria non aveva neanche tutti i diritti per arrivare a fare quello che ha poi fatto, sulla carta non sembrava avere quei mezzi e quella capacità… In realtà poi è nata una specie di magia tra noi, una complicità un po’ speciale che ci ha permesso di fare delle cose un po’ al di fuori delle nostre possibilità. Lui mi ha aiutato tanto a capirlo, a rendermi empatico, a capire le sue esigenze… mi ha migliorato come cavaliere e anche come persona. Questi cavalli mi hanno arricchito dal punto di vista umano, per me sono stati davvero speciali».
Intende Jesus, Neptune e Connery?
«Loro sono i tre più conosciuti nel grande sport, ma tutti i cavalli un po’ particolari che mi sono capitati mi hanno veramente indotto a un grande lavoro di introspezione su me stesso, nel cambiare i miei atteggiamenti, le mie priorità, il mio modo di pormi nei loro confronti, è stata una bella scuola di vita».
L’hanno fatta diventare quindi una persona migliore…
«Sicuramente sì. Costruire un binomio è qualcosa che migliora senza dubbio la crescita personale, sotto tutti i punti di vista. C’è sempre da imparare, con i cavalli… ».