Bologna, 2 dicembre 2016 – La radicale riforma del regolamento del Campionato del Mondo da parte della Fei impone qualche riflessione ulteriore, rispetto a quelle già espresse su queste pagine. Innanzitutto circa le modalità secondo le quali è stata proposta: il documento è stato approvato dall’assemblea generale della Fei a Tokyo quando l’attenzione di tutto il mondo era puntata soprattutto sulla questione delle Olimpiadi a tre cavalieri per squadra. C’è solo da sperare che le federazioni nazionali abbiano votato sapendo cosa stavano votando, ovviamente, rimane il fatto che nessun documento di comunicazione ufficiale prodotto dalla Fei ha mai fatto accenno a tale riforma, nemmeno ora che il testo è stato pubblicato nella sezione apposita del sito internet della Fei stessa. Eppure si sta parlando della più importante gara del mondo, dal punto di vista tecnico perfino più importante delle Olimpiadi. Il che risulta quanto meno… strano, soprattutto al giorno d’oggi, quando la Fei produce un flusso di comunicazioni davvero eccellente e costante. E’ possibile riformare il regolamento della gara più importante del mondo e non dire nulla, non emettere un comunicato, non una spiegazione ufficiale, qualcuno che dica qualcosa?
Lasciando perdere la formale ufficialità, della cosa si è ovviamente parlato tra addetti ai lavori ad alto livello: i cavalieri da tempo avevano espresso il desiderio di rendere l’impegno meno gravoso fisicamente parlando per i propri cavalli, ma molti tra loro avevano suggerito l’eliminazione di un percorso dei due previsti per la semifinale individuale, e non la soppressione della Final Four, la finale a quattro con lo scambio dei cavalli: un momento certamente di grandissima spettacolarità tecnica e di altrettanto grande impatto su milioni di spettatori, un momento cui si assiste (assisteva… ) una sola volta ogni quattro anni. Un momento in effetti non amato indistintamente da tutti i cavalieri: l’idea che il proprio cavallo possa essere montato da un cavaliere a lui estraneo non lascia tranquilli proprio tutti, anche se ovviamente si deve presumere che chi arriva alla finalissima individuale non sia certo uno sprovveduto. Ma in ogni caso c’è sempre un po’ di apprensione: questione di sensazioni, di intese, di conoscenza, di rapporto, di feeling… Oltre al fatto che i quattro cavalli finalisti si fanno trentadue salti a testa nel giro di un’ora. Dunque si deve presumere che la decisione della Fei vada nel senso della garanzia dell’impegno fisico dei cavalli: cosa che viene confermata anche dalla modifica dell’impianto generale del regolamento della gara mondiale, gara in questo modo resa decisamente più leggera e anche più ‘facile’ in termini di impostazione tecnica. Basti pensare che secondo la vecchia formula un cavallo si faceva da un minimo di due a un massimo di cinque percorsi (più quelli della Final Four, nel caso dei quattro cavalli finalisti) nell’arco di sei giorni: non è poi questo impegno titanico, tuttavia è pur sempre meglio andare in difetto piuttosto che in eccesso, su questo non c’è dubbio. Quindi, lasciando perdere tutte le considerazioni circa il contenuto tecnico e agonistico della faccenda, possiamo ben dire che l’elemento decisivo per approdare a questa riforma sia stata la considerazione dell’impegno fisico dei cavalli. Che è una preoccupazione nobile e giusta, senza alcun dubbio. E che naturalmente prescinde dal contesto e dalla gara: il benessere dei cavalli viene prima di tutto, oggi chi non pronuncia la parola benessere viene automaticamente considerato un violentatore.
Dunque il benessere, giusto. Però… però… Però viene spontanea una domanda: perché allora il Campionato d’Europa non viene toccato dalla riforma? Eppure – con l’eccezione di quelli che al mondiale facevano la finale a quattro – i cavalli che vi partecipano fanno esattamente lo stesso numero di percorsi e di salti di quelli che hanno fatto il mondiale secondo la vecchia formula. Su percorsi di eguale entità e difficoltà tecnica. Tutto uguale, insomma. E quindi? Dove sta la differenza? Se ci si preoccupa dell’eccessivo sforzo fisico dei cavalli non ci dovrebbero essere limiti relativi al tipo di gara… Ma a ben vedere una differenza, anzi due differenze ci sono. La prima: il mondiale si fa ogni quattro anni, l’europeo ogni due (e quindi… ?). La seconda: al Campionato d’Europa non prendono parte le nazioni extraeuropee, ovviamente. Per esempio gli Stati Uniti. Per esempio tutti i Paesi dell’area araba, Qatar, Emirati, Arabia eccetera. E tutti quelli delle altre aree continentali. Quindi si deve presumere che secondo la Fei i cavalli europei quando gareggiano nel Campionato d’Europa possono farsi tranquillamente cinque percorsi in sei giorni, mentre lo stesso impegno in un Campionato del Mondo (identico) è eccessivo. Non può che essere così: altrimenti perché uno sì e l’altro no? Ma perché – ultima domanda: garantito – i cavalli europei possono farsi cinque percorsi in sei giorni e gli altri no: forse sono allenati meglio? E’ una domanda cui bisognerebbe dare una risposta: perché altrimenti si lascia libero sfogo al pensiero di chi ritiene che si vogliano facilitare le cose a qualcuno… E ciò non è bello.