Bologna, giovedì 26 gennaio 2023 – Duccio Bartalucci è il nuovo commissario tecnico della prima squadra di salto ostacoli della Colombia: tre giorni fa l’annuncio ufficiale.
Come è nato il rapporto con la Federazione Equestre della Colombia?
«Sono stato contattato dal presidente della federazione colombiana, Mauricio Bermudez, al quale ero stato segnalato come figura ideale nell’ottica di una riorganizzazione e di una valorizzazione tecnico sportiva del salto ostacoli di vertice colombiano».
Quale sarà il suo impegno, secondo quali modalità?
«Mi è stata affidata la direzione tecnica della prima squadra con l’obiettivo di trovare la ‘formula magica’ che consenta alla nazionale colombiana di esprimere il massimo del potenziale a disposizione, centrando possibilmente anche alcuni obiettivi a breve termine».
Come pensa di gestire i cavalieri e i cavalli?
«Cercando di abbattere o quantomeno di ridurre al minimo le distanze dovute alla dislocazione geografica nei tre continenti dei cavalieri colombiani di vertice. Questa è una criticità che rappresenta la parte più difficile del compito che mi aspetta, perlomeno in questa prima fase. Per riuscirci dovremo essere bravi a instaurare con ciascuno di loro un rapporto di fiducia».
Da questo punto di vista lei non ha mai avuto grandi difficoltà con i cavalieri con i quali ha lavorato…
«Tanto prima si riescono a comprendere le caratteristiche e le peculiarità dell’ambiente in cui si lavora, quanto più aumenteranno le possibilità di ottenere qualcosa di positivo a livello di risultati. Ecco perché se oggi pensassi di replicare con i cavalieri colombiani il modello di gestione utilizzato alla guida della nazionale italiana commetterei un errore macroscopico. L’idea è quella di parlare con ciascuno di loro e far capire a tutti che pur non sentendoci tutti i giorni noi li seguiremo ovunque e senza lasciare nulla al caso. Ovviamente a nessuno posso garantire il posto in squadra, ma chi mi conosce sa bene che chiunque dimostri di meritare un’occasione l’avrà senza alcun dubbio».
Quali sono i cavalieri che pensa di coinvolgere almeno nella prima fase del suo impegno?
«Coinvolgerò nel progetto e seguiremo con grande attenzione l’attività degli oltre quaranta cavalieri che, unitamente a coach e proprietari, si sono messi a totale disposizione della federazione e del selezionatore sottoscrivendo con entusiasmo un regolamento molto dettagliato contenente gli obblighi, i criteri, le finalità e le tempistiche del processo di osservazione finalizzato a un’eventuale convocazione per rappresentare la Colombia ai Giochi Centroamericani e Caraibici che si svolgeranno a fine giugno a Santo Domingo, e ai Giochi Panamericani di fine ottobre a Santiago, in Cile».
Ha uno staff tecnico di supporto che lavorerà con lei?
«Ho Jacopo, mio figlio, con il quale ho la fortuna di potermi confrontare quotidianamente su ogni aspetto escluso quello prettamente tecnico. Lui si occupa della mia comunicazione da ormai sei anni, abbiamo lavorato e stiamo tuttora lavorando a diversi progetti, nuovi format ed eventi sportivi in rampa di lancio. L’offerta dalla Colombia è arrivata poco prima di Natale; abbiamo deciso insieme di lanciarci in questa sfida essendoci i presupposti per fare bene. Jacopo si occuperà del coordinamento e dell’organizzazione del network con i cavalieri oltre che del monitoraggio, dell’aggiornamento e dell’archiviazione dei risultati di ognuno di loro in una sorta di grande database grazie al quale avrò modo di essere sempre informato in tempo reale, e quando possibile di seguire in streaming tutti i cavalieri d’interesse federale. Potrò poi avvalermi del supporto di un veterinario ufficiale di squadra designato dalla federazione e mi terrò in contatto costante con un componente della commissione salto ostacoli per condividere programmi e strategie».
Ha già definito un programma di lavoro di massima?
«Non ancora definito totalmente ma lo sarà presto, anche in conseguenza degli inviti che riusciremo ad ottenere per alcuni Csio in Europa e dopo la necessaria condivisione dei programmi individuali con ciascuno dei cavalieri».
È possibile prevedere il momento del suo debutto agonistico come c.t. della Colombia?
«Sì, certo: sarà a inizio di marzo in occasione dello Csio a quattro stelle di Wellington, negli Stati Uniti».
Pensa di essere presente in Colombia molto spesso, fisicamente parlando?
«Certamente! È lì, in Colombia, che si concentra il maggior numero di tesserati ed è lì che nascono quasi tutti… e vanno aiutati a crescere, devono essere messi nella condizione di poter fare le giuste esperienze da un punto di vista sportivo e formativo potendo competere a un buon livello senza dover andare all’estero prematuramente».
Quali sono gli obiettivi a breve, medio e lungo termine?
«Partendo dal presupposto che nello sport è giusto sognare per alzare l’asticella dei propri obiettivi e tentare di oltrepassare i propri limiti, mi piacerebbe centrare qualche vittoria di squadra a conferma di quello che penso da anni dei cavalieri colombiani. E cioè che sono tecnicamente fortissimi: la sfida è convincerli a unire le forze per stupire il mondo tutti insieme».
Che sensazione prova all’idea di non essere più un tecnico del nostro Paese, dell’Italia?
«In tutta sincerità provo un grande rammarico per aver perso l’occasione di chiudere il mio ciclo qualificando l’Italia del salto ostacoli alle Olimpiadi del 2024 per poi andare a Parigi a giocarci le nostre carte… ».
Come è avvenuto il distacco dalla Fise e perché si è verificata la separazione?
«È semplicemente giunto a termine il 31 dicembre scorso il contratto di collaborazione relativo all’incarico di direttore sportivo delle discipline non olimpiche e non mi è stata presentata alcuna offerta di rinnovo. Quello da selezionatore azzurro della prima squadra di salto ostacoli invece si era interrotto su iniziativa della Fise il 31 dicembre 2021 con un anno di anticipo rispetto alla scadenza concordata».
Lei e il presidente della Fise Marco Di Paola avete discusso di tutto questo? Vi siete confrontati?
«Con il presidente abbiamo parlato diverse volte, credo però sia corretto che i contenuti delle nostre conversazioni rimangano tra noi. Voglio ad ogni modo ringraziarlo per le belle parole spese pubblicamente nei miei confronti in più di un’occasione».
Volgendo lo sguardo dietro di sé: quali sono stati i momenti più belli, quelli più brutti, quelli più utili e formativi vissuti durante la sua lunga esperienza alla guida dell’Italia?
«Nello sport è normale che ci siano periodi di successo alternati a quelli negativi. Poi si sa, le vittorie hanno sempre tanti padri e le sconfitte restano quasi sempre orfane. Di ricordi ne ho tanti e di bellissimi, ma non mi va di citarne uno o due in particolare, non sarebbe giusto. Quello di cui vado però più orgoglioso è lo spirito che siamo riusciti a creare nello spogliatoio: la coesione e l’anima della mia Italia rappresentano forse la mia soddisfazione più grande e a cui resterò sempre più legato».
Se si esclude il generale Gerardo Conforti, il quale ha vissuto una breve esperienza come c.t. dell’Egitto durante gli anni Cinquanta, lei è il primo tecnico italiano a essere ingaggiato da una federazione diversa dalla Fise per guidare una squadra nazionale di salto ostacoli: che sensazioni e che pensieri nascono in lei per questo?
«Mi emoziona e mi fa molto piacere essere accostato a un grande personaggio del nostro sport come il generale Conforti del quale sono stato allievo da giovanissimo e al quale mi legano moltissimi ricordi. Poi non vorrei sembrare presuntuoso ma… credo che questo mio nuovo incarico possa essere anche motivo di orgoglio per il mio Paese».
Ipotizziamo che a un certo punto in futuro la Colombia e l’Italia si ritrovino a lottare per la vittoria di una Coppa delle Nazioni… magari a Piazza di Siena… lei come vivrebbe un’eventualità del genere?
«Bella domanda… ! Diciamo che se mai dovesse accadere sarei molto contento perché sarebbe la conferma di una bella prestazione da parte di entrambe le squadre… Poi sarebbe anche facile da sportivo dire vinca il migliore, ma sono prima di tutto un professionista e quindi cercherei di fare di tutto per portare la Colombia sul gradino più alto del podio!».