Bologna, 30 novembre 2017 – Marco Di Paola sta vivendo un momento per lui… nuovo da quando è salito alla presidenza della Fise. Perché per la prima volta vibranti critiche all’operato del governo del nostro sport si sono sollevate anche da quell’area che da sempre era stata fedelmente e solidamente ‘dipaoliana’ manifestando un consenso assoluto e incondizionato. Il tutto è nato con la pubblicazione delle modifiche al regolamento nazionale di salto ostacoli: il dibattito si è acceso immediatamente con forza e ampiezza davvero impressionanti… A ciò si aggiungano altri due temi caldi e urgenti, di impellente attualità: la figura del selezionatore della prima squadra azzurra e il regolamento che riguarda gli ufficiali di gara. Insomma, Marco Di Paola sta fronteggiando un momento in cui le pressioni si stanno facendo forti sia da destra sia da sinistra. Il che a ben vedere è anche motivo di forte stimolo: infatti il presidente della Fise parla di tutto ciò con grande voglia e disponibilità, soprattutto con l’evidente desiderio di chiarire il suo punto di vista su ciascuno dei temi saliti alla ribalta in questi giorni.
Presidente, come si sente di fronte al dibattito molto acceso che si è aperto a seguito della pubblicazione delle modifiche al regolamento di salto ostacoli, e come valuta gli spunti che ne sono emersi?
«La ringrazio per questa domanda. Mi sono infatti reso conto che all’interno della Fise i meccanismi istituzionali non consentono una facile comunicazione, a maggior ragione su temi delicati come questo, e dunque sono felice di poterne parlare ora qui. Diciamo che questo dibattito molto acceso, che si è sviluppato in particolare su un gruppo social che mi ha sempre riconosciuto come leader, mi amareggia sicuramente: ma non tanto per le critiche, che sono sempre costruttive, quanto piuttosto perché è evidente che non sono riuscito a far comprendere la mia strategia politica per il prossimo futuro, e quindi mi rendo conto che il mio popolo sportivo fatica a individuare la direzione in cui stiamo andando. Dall’altra parte però questo stesso dibattito dimostra che il mio elettorato è onesto, appassionato, e che vive le vicende federali con molta correttezza e molta trasparenza. Umanamente mi dispiace perché tante di queste persone sono pure degli amici, e poter soltanto pensare di aver deluso degli amici è una cosa che mi amareggia profondamente. Però io sono convinto che nel medio periodo queste proposte si dimostreranno vincenti per portare il settore dei concorsi di salto ostacoli verso una maggiore liberalizzazione e soprattutto verso una riattivazione degli eventi di medio e basso livello, che poi è il programma della mia campagna elettorale».
La critica principale in sintesi è che questa modifica penalizza gli utenti e avvantaggia i comitati organizzatori.
«Intanto deve essere chiaro che le modifiche verranno applicate per un periodo di sei mesi. E poi si valuterà. Detto ciò, io credo che questa proposta rappresenti una grandissima sfida da parte nostra, da parte dei comitati organizzatori e da parte dell’utenza per proporre un cambiamento nell’impostazione del nostro regolamento, e soprattutto per potersi avviare verso una vera e propria liberalizzazione dei concorsi. Io mi auguro che i nostri comitati organizzatori siano sufficientemente intelligenti per comprendere il valore dell’occasione che gli abbiamo offerto: si tratta dell’opportunità di dimostrare che il libero mercato può trovare un equilibrio senza essere costretto dalle regole impositive della federazione. Io mi aspetto che il mercato dei concorsi si orienti in tre direzioni principali: i concorsi regionali soprattutto nel meridione dell’Italia, e poi nel resto d’Italia si verifichi una diversificazione tra i concorsi fino a tre stelle e i concorsi a cinque e sei stelle, anche rispetto al centro che li ospita e alla tariffa che viene proposta. Io mi auguro che alla fine ci possano essere tre livelli che soddisfino tutte le esigenze, ma che soprattutto rivitalizzino quei concorsi a una, due e tre stelle che sono quelli che la maggior parte degli amatori dovrebbe frequentare. Mentre oggi invece tutti si orientano necessariamente, perché non ci sono alternative, sui cinque stelle che invece dovrebbero essere i concorsi dello sport d’élite».
Beh, però è difficile immaginare che avendo la possibilità di incrementare anche di molto le proprie entrate un comitato organizzatore vi rinunci in nome del bene comune…
«Senta, le dico questo. La Lombardia è certamente il motore più importante, direi quasi la locomotiva della federazione: lì ci sono centri organizzativi che tra di loro sono abbastanza in sintonia e che potrebbero rischiare di fare un cartello. Ebbene, se io mi accorgo che quei centri e quei comitati organizzatori invece di sfruttare l’occasione che gli abbiamo offerto vanno a penalizzare l’utente, alla scadenza dei sei mesi di prova il mio atteggiamento sarà diametralmente opposto e non avrò più alcuna remora nell’andare a disciplinare il mercato con regole ben chiare e molto differenti da quelle che proponiamo oggi. Questo voglio che sia chiaro oltre ogni dubbio. Se mi accorgo che di questa opportunità viene fatto un abuso a danno dell’utente sarò implacabile nella mia reazione a favore dell’utente. Mi raccomando, lo scriva esattamente così: sarò implacabile nella mia reazione a favore dell’utente».
Concetto espresso con chiarezza, certo. Passiamo ora a un altro punto delicato. Roberto Arioldi. O per meglio dire, la carica di selezionatore azzurro della prima squadra di salto ostacoli.
«Con Roberto Arioldi le relazioni personali e federali sono ottime. Il rapporto contrattuale è scaduto, stiamo facendo delle riflessioni per l’anno prossimo. Io ritengo Roberto Arioldi sicuramente il miglior allenatore nello spogliatoio, ma per una serie di impegni e di organizzazione della sua vita lavorativa e personale lui non riesce a fare questo lavoro a tempo pieno e quindi a dedicare il necessario impegno al ruolo di selezionatore. Per lui oggi l’argomento è se fare una scelta di vita in un senso o nell’altro. Sinceramente devo riconoscere che sono impegni difficili da consigliare e da prendere con il budget federale che possiamo concedere. Siamo quindi in un momento di riflessione, che può durare però solo pochi giorni».
Quindi il rapporto non è definitivamente e ufficialmente chiuso.
«Tecnicamente il rapporto si conclude il 31 dicembre, il contratto dice questo. Stiamo valutando serenamente se fare un rapporto nuovo oppure orientarci su una figura diversa, che abbia un’organizzazione di vita differente, che non faccia il cavaliere e quindi con più tempo da dedicare all’espletamento del ruolo. Purtroppo il problema è trovare l’equilibrio economico tra l’esigenza della Fise e le disponibilità effettive a remunerare le persone».
Prima di parlare con lei per questa intervista abbiamo però sentito Roberto Arioldi. Lui dice che il problema principale è che aveva chiesto alla federazione la possibilità di organizzare un programma che prevedesse degli incentivi ai cavalieri della squadra in modo da orientarli di più sulla preparazione in vista del Campionato del Mondo piuttosto che lasciarli alle tentazioni dei concorsi ben più ricchi sotto il profilo del montepremi.
«Beh, sì, capisco, ma abbiamo delle diversità di pensiero su questi aspetti con Roberto. La Fise purtroppo non si può permettere questo tipo di iniziative. Se un cavaliere importante in un Gran Premio ha la teorica possibilità di vincere 80 mila euro, per costringerlo a rinunciare a quel Gran Premio noi dovremmo potergliene garantire almeno la metà, il che non è pensabile… Sarebbe bello poterselo permettere, ma per noi non è una via percorribile».
Alla luce di tutto ciò, lei come presidente della Fise è preoccupato in vista del Campionato del Mondo del 2018, appuntamento che sarà la prima delle nostre sole due possibilità di qualifica per le Olimpiadi di Tokyo 2020?
«Tutte le federazioni europee hanno questo problema. La Gran Bretagna non ha portato la squadra al Campionato d’Europa di Goteborg come segno di protesta nei confronti dei cavalieri che preferivano snobbare le tappe di Coppa delle Nazioni a favore dei concorsi più remunerativi. Sono tutte facce della stessa medaglia. La bravura sta nel riuscire a motivare i cavalieri verso un obiettivo sportivo e non solo economico. L’unica leva che possiamo permetterci di azionare sui nostri ragazzi è quella di credere nella bandiera, la bandiera sportiva. È chiaro che i soldi fanno felici tutti, ma un risultato olimpico rimane scritto per sempre nella storia».
Poi noi è dal 2004 che non riusciamo a partecipare alle Olimpiadi con la squadra di salto ostacoli…
«Eh sì, ma per fortuna abbiamo alcuni ragazzi che negli ultimi anni hanno colmato dei vuoti enormi con i loro successi altrettanto enormi… Noi contiamo molto su questi ragazzi, sulle organizzazioni che li sostengono. Speriamo che ci sia in loro l’ambizione di portare a casa non soltanto un bottino in denaro, ma anche una medaglia olimpica».
Beh, prima della medaglia sarebbe già molto guadagnare una semplice partecipazione olimpica…
«Certo, certo, ma non nascondiamoci il fatto che questi ragazzi hanno il talento, i cavalli e l’organizzazione… Non dimentichiamo che Alberto Zorzi, che io considero uno dei più grandi talenti del mondo, ha perso la medaglia di campione d’Europa per un niente… ».
Ma quindi, in definitiva: il contratto di Arioldi si rinnoverà o no?
«Io credo che non si rinnoverà, ma non per mancanza di stima o fiducia nei confronti di Arioldi: io tutti i giorni ringrazio Roberto perché ha regalato alla Fise, all’Italia e quindi anche a me e a tutto il consiglio delle gioie incredibili, le due vittorie di Roma e San Gallo sono state qualcosa di indimenticabile. D’altra parte sono pure consapevole che l’organizzazione sportiva, lavorativa, familiare di Roberto non gli consente a fronte del budget da noi offerto di poter dare una disponibilità completa e necessaria rispetto al ruolo che deve rivestire».
Altro argomento molto caldo: gli ufficiali di gara… il conflitto di interessi…
«Allora, noi stiamo riscrivendo il regolamento. Stiamo cercando di creare un insieme di norme generale e organico che proponga regole comuni a tutte le discipline, e poi dei regolamenti calibrati su ciascuna disciplina. Per agire con la massima trasparenza abbiamo concordato un testo di circa un centinaio di pagine che abbiamo distribuito a tutti i presidenti regionali e a tutti i consiglieri regionali, quindi parliamo di almeno duecento persone, pregandoli di distribuirlo a loro volta ai loro referenti regionali, con l’obiettivo di raccogliere tutte le osservazioni possibili e immaginabili circa questa nostra proposta. Quindi ritengo che stiamo agendo con la massima trasparenza, condivisione e partecipazione. Se però qualcuno estrapola una parola giusta o anche sbagliata che potrà poi essere corretta e la strumentalizza, questo purtroppo è da noi indipendente. Dopodiché noi abbiamo un appuntamento il 12 dicembre con la consulta dei presidenti regionali per analizzare tutte le osservazioni e fare un testo definitivo. Questo argomento si è incontrato incidentalmente con quello relativo al conflitto di interessi che è stato oggetto di una sentenza del giudice sportivo nei confronti di un giudice. Dico questo: noi non abbiamo cambiato ancora nessuna regola, quello che si poteva fare ieri si può fare ancora oggi, il regolamento vigente è sempre lo stesso finché non viene modificato definitivamente. La nostra intenzione è quella di cercare di regolamentare il conflitto di interessi il più possibile in linea con l’ispirazione della Fei. Siamo consapevoli che la nostra organizzazione è strutturata ormai da decenni con determinate figure che possono apparire in contrasto o in conflitto di interessi tra loro, quindi i nostri cambiamenti saranno graduali e con dei periodi transitori. Cambiamenti che vorrebbero cercare di portare il movimento a una maggiore segmentazione delle figure: si vorrebbe evitare troppa confusione di tali figure. Con due puntualizzazioni, però: la prima, che il conflitto di interessi vale per le gare con montepremi, quindi in tutti i concorsi diciamo basici, senza montepremi, siamo stati davvero blandi a tale proposito; la seconda è che il conflitto di interessi per quanto lo si possa disciplinare presenta comunque delle difficoltà enormi nell’enucleare le casistiche che si possono presentare, ed è molto legato al comportamento, alla competenza e alla credibilità del soggetto. Se un giudice ha in gara un figlio ha la sensibilità di alzarsi e uscire dalla giuria quando in gara entra il figlio; ma se un giudice ha in gara il marito o la moglie, il fratello, gli allievi del marito, gli allievi del fratello… beh, dovrebbe passare più tempo fuori dalla giuria che dentro, e allora in quel caso la sua sensibilità dovrebbe essere quella di non accettare proprio l’incarico. Detto ciò siamo tutti perfettamente consapevoli di tre cose: primo, che i giudici italiani sono persone per bene e in gamba; secondo, che sono anni che si è costruita una struttura organizzativa della nostra famiglia equestre di un certo tipo e quindi non possiamo certamente andare a smontarla con uno schiocco di dita; terzo, che è necessario dare delle regole chiare e semplici e aspettarsi che le persone abbiano l’intelligenza di applicarle correttamente».