Bologna, mercoledì 27 maggio 2020 – La cancellazione dello Csio di Roma 2020 a causa della pandemia del Covid-19 è un fatto assolutamente eccezionale nella storia di questa straordinaria manifestazione: in poche, pochissime altre occasioni infatti il concorso non ha avuto luogo, e tra queste solo una volta a causa di circostanze tragiche (la seconda guerra mondiale: e per diversi anni consecutivi). Quali e quante sono dunque queste occasioni, e per quali motivi in passato si è verificato l’annullamento del concorso? Vediamo.
Il Chio d’Italia (Concours Hippique International Officiel) nasce nel 1926 sui terreni dell’ippodromo di Villa Glori a Roma dove sarà organizzato anche nel 1927, poi nel 1928 la sede è l’ippodromo – oggi inesistente – dei Parioli, mentre il 1929 è l’anno di ingresso del Chio in Piazza di Siena. Dunque in piena epoca fascista. E proprio la politica fascista sarà causa della prima edizione di grande difficoltà del concorso, quella del 1936, un’edizione per così dire molto… politicizzata, quando addirittura non venne disputata la Coppa delle Nazioni e l’intero concorso fu a un passo dall’essere cancellato. L’Italia il 3 ottobre 1935 aveva invaso l’Etiopia dando così inizio alla ricerca di quel famigerato ‘posto al sole’ con il quale Benito Mussolini tentava di rispondere al consolidato espansionismo coloniale di Gran Bretagna e Francia. L’attacco delle truppe italiane fu una palese violazione di quanto stabilito dallo statuto della Società delle Nazioni, la cui assemblea il 10 ottobre espresse una formale condanna nei confronti dell’Italia componendo inoltre un comitato incaricato di stabilire le misure da adottare contro il nostro Paese: il 18 novembre entrarono in vigore le sanzioni economiche proposte dal comitato apposito e approvate da cinquanta Stati facenti parte della Società delle Nazioni, con l’esclusione ovviamente dell’Italia e con l’astensione di Austria, Ungheria e Albania. In seguito tale politica sanzionatoria non si rivelò particolarmente efficace poiché molti Paesi pur avendola votata in realtà non la applicarono integralmente: divenne invece uno straordinario strumento propagandistico interno con il quale il regime di Benito Mussolini andò alla ricerca di un sempre più largo consenso da opporre all’atteggiamento ritenuto inaccettabilmente imperialista delle grandi potenze europee. L’edizione del 1936 del concorso a Piazza di Siena cade proprio in questo clima e in questo contesto: l’unica squadra straniera presente è quella dell’Austria (perfino la Germania non si degnò di partecipare… ) e dunque con solo due rappresentative in campo addio alla Coppa delle Nazioni.
Anni difficili, ovviamente… Si arriva così al 1940. Il 10 giugno Benito Mussolini annuncia l’entrata in guerra, in ottobre l’Italia attacca la Grecia: secondo l’idea di Mussolini doveva essere una cosa da niente, rapida e indolore (“Do le dimissioni da italiano se qualcuno trova delle difficoltà per battersi con i greci”, sostiene il duce così come riportato da Galeazzo Ciano nel suo diario), invece è un disastro per le nostre truppe mandate allo sbaraglio, un’agonia drammatica che si prolunga fino ad aprile del 1941. E proprio la prima metà del 1941 è il momento in cui in Italia si ha la netta percezione che le cose non stiano andando come la propaganda e la retorica fasciste vorrebbero dare a credere: e tra le varie misure adottate dal regime per affrontare la crisi c’è anche la cancellazione delle manifestazioni sportive e agonistiche, tra cui il concorso di Piazza di Siena. La cosa sconcertante è che su Piazza di Siena nessuno dice una parola: non il Cavallo Italiano (la rivista delle Fise), non la stampa sportiva né quella generica (ovviamente controllata dai vertici del partito fascista), non le istituzioni di governo preoccupate da ben altri eventi… Un silenzio che forse fa parte di un progetto più articolato teso a non allarmare, a non mettere in evidenza quello che non stava andando per il verso giusto. Fatto sta che il concorso di Piazza di Siena – in programma dal 3 all’11 maggio del 1941 con chiusura delle iscrizioni il 22 aprile – semplicemente non si fa senza che qualcuno ne annunci la cancellazione.
Non sarà l’unica, di cancellazione: saltano tutte le edizioni fino al 1946 compreso. Sei anni senza Piazza di Siena: il che naturalmente è il minore dei mali, calcolando le tragedie e i disastri che la guerra dissemina nella vita delle persone. Si riprende nel 1947, dopo che il presidente della Fise Ranieri di Campello nel 1946 si era presentato al congresso della Fei proprio per chiedere che all’Italia venisse concessa l’opportunità di riorganizzare il Chio di Roma oltre che l’internazionale di completo di Torino: manifestazioni fondamentali per permettere allo sport equestre di ripartire nel contesto di rinascita della vita sociale del nostro Paese. L’abilità diplomatica di Campello, il carisma che emanava la sua persona, la sua perizia argomentativa hanno infine buon gioco sul consesso della Fei: e per comprendere l’importanza di questo risultato va detto che in quel momento l’Italia non poteva certo essere vista con particolare favore agli occhi della comunità internazionale…
Il Chio di Roma prosegue senza interruzione fino al 1960, anno in cui la nostra capitale ospita le Olimpiadi: per questa ragione il concorso viene trasferito a Torino, nel parco della Casina di Caccia reale di Stupinigi; quindi non è corretto parlare di cancellazione poiché il concorso in realtà si fa, solo che il teatro delle competizioni non sarà Piazza di Siena. Nel 1961 Villa Borghese riprende a essere sede del Chio d’Italia e lo rimarrà fino a oggi, con una sola interruzione: quella del 1998, quando a Roma si organizzano i World Equestrian Games. Il Gruppo Monrif guidato dall’editore Andrea Riffeser Monti e la Fise presieduta da Cesare Croce si fanno carico dell’organizzazione di un evento che in teoria avrebbe dovuto trovare sede a Dublino: ma alla fine del 1997 gli irlandesi gettano la spugna costretti da una crisi di governo a seguito della quale svaniscono le risorse utili per il grande evento. Il Gruppo Monrif e la Fise entrano in scena all’inizio del 1998 e in meno di sei mesi riescono a dar vita a un’edizione dei Weg che ancora oggi viene ricordata come di formidabile successo organizzativo. Ma ovviamente non ci sarebbero stati né tempo né risorse per lo Csio di Roma: quindi Piazza di Siena salta, inevitabilmente.
Infine l’ultima… anomalia nella vita del concorso di Piazza di Siena è quella del 2000; non in difetto, bensì in eccesso dato che quell’anno si organizzano ben due Csio a Villa Borghese: quello tradizionale in maggio dal 25 al 28 con la successiva aggiunta di un identico concorso in ottobre dal 12 al 15 entro cui disputare la finale mondiale Samsung di Coppa delle Nazioni (l’evento corrispondente all’attuale finale mondiale di Barcellona). Due Csio uguali: quattro giornate, Coppa delle Nazioni e Gran Premio gare clou di ciascuno dei due. Tutto ciò nel 2000: esattamente vent’anni più tardi ecco il Covid-19 a rendersi maligno protagonista della grandiosa storia di Piazza di Siena.