Bologna, 22 maggio 2017 – Trentadue anni è un arco di tempo durante il quale un essere umano nasce, cresce, studia, lavora, fa figli e rende nonni i propri genitori. Questo vale per le popolazioni di qualunque Paese del mondo. Per la popolazione italiana, però, trentadue anni sono anche qualcosa d’altro: il tempo trascorso senza vincere la Coppa delle Nazioni dello Csio di Roma. Quanti sono i bambini italiani nati da padri che non hanno mai visto l’Italia vincere a Roma? Tanti… purtroppo. Fa male dircelo? Sì. Però diciamocelo: perché poi sarà ancora più bello vincere. Ma quando vinceremo? Vinceremo venerdì prossimo, 26 maggio, di pomeriggio. Esatto, proprio così: venerdì prossimo vinceremo, prendiamone pure nota. Tra quattro giorni. Scongiuri, cabala, superstizione, portasfortuna, guai a dire una cosa così, non si dice mai, eccetera eccetera: al diavolo! Se si è forti, si deve essere più forti anche del timore di dirlo. Anche della superstizione: perché le uniche cose che possono davvero condizionare una prestazione sportiva sono la capacità tecnica e agonistica e mentale e psicologica di un atleta. Stop. Non altro, è inutile che ci giriamo intorno per raccontarci fandonie. E che la squadra azzurra quest’anno sia fortissima è certo. Assodato. Anzi, è quasi banale e scontato dirlo, dopo la raffica di vittorie, piazzamenti e bellissime prestazioni cui i nostri campioni ci hanno di recente abituato… E’ un po’ da sprovveduti saltarsene fuori adesso per dire che i nostri cavalli e cavalieri sono forti: grazie, non c’è mica bisogno di un genio per accorgersene… ! Infatti la certezza della vittoria – che poi è ovvio: si tratta in realtà di un auspicio, più che di una certezza – nasce solo in parte da questa consapevolezza. E per il resto? Per il resto nasce da questo. Domanda: in trentadue anni non abbiamo mai vinto perché abbiamo schierato sempre e solo dei brocchi con in sella degli incapaci? No, ovviamente. Anzi, tutt’altro. E allora perché? Perché per gli italiani – tutti: cavalieri, pubblico, addetti ai lavori… tutti – Piazza di Siena è l’unico concorso al mondo in cui non si può sbagliare. Perché è l’unico al mondo in cui tutti ci vogliono essere con conseguenti e regolari polemiche in caso di esclusione. Perché per il cavaliere italiano che vive e lavora in Italia lo Csio di Roma può dare un senso definitivo e determinante nel bene e nel male all’intera stagione e alla propria immagine professionale. Perché della vittoria e della sconfitta a Piazza di Siena si parla per tutto l’anno fino all’anno successivo. Perché tutta Italia guarda Piazza di Siena. Perché meno si vince e più aumenta l’ansia da prestazione, meno si vince e più si vorrebbe vincere, meno si vince e più si critica… E per mille altri motivi di questa natura e tipo. Tutti extra tecnici ed extra agonistici. E allora perché quest’anno dovrebbe essere diverso? Infatti quest’anno non sarà diverso: Piazza di Siena continuerà a essere quello che è sempre stata. Però quest’anno entreranno in campo per la Coppa delle Nazioni cavalieri italiani che non devono dimostrare nulla a nessuno, che hanno già più volte dato conferma di assoluta eccellenza in alcuni dei più importanti concorsi del mondo, la cui immagine non è più influenzabile da una eventuale prestazione negativa, cavalieri che macinano un concorso via l’altro e un risultato via l’altro con la massima disinvoltura e con una regolarità metronomica. Lorenzo de Luca, Alberto Zorzi e Piergiorgio Bucci, soprattutto. Ma anche Bruno Chimirri ed Emilio Bicocchi – che contano forse un numero di partecipazioni agonistiche internazionali quantitativamente inferiore a quello degli altri tre – ormai da tempo vivono di un valore assoluto. Ecco quale sarà l’arma in più quest’anno: il fatto che per i nostri cinque cavalieri Piazza di Siena sarà sì importante, ma non una sorta di capestro come lo è stata per i loro colleghi in passato (e talvolta anche per alcuni di loro stessi). E siccome prima o poi questa carestia trentennale si dovrà pur interrompere, venerdì prossimo è il momento migliore per l’interruzione. E quindi venerdì prossimo vinceremo. Dopo trentadue anni. Prendetene nota. (E se non vinceremo sarà solo un anno in più… pazienza).