Bologna, sabato 18 aprile 2020 – Piergiorgio Bucci è nato il 16 agosto 1975. Ha esordito in Coppa delle Nazioni nel 2002 totalizzando 53 presenze. Ha partecipato a quattro Campionati d’Europa e un Campionato del Mondo. Da venticinque anni è un cavaliere professionista ai massimi livelli internazionali: lungo questo arco di tempo ha ottenuto risultati in sella a un numero incalcolabile di cavalli. Ma tra questi cavalli ce n’è solo uno che per lui – a oggi – è ‘Il’ cavallo, il cavallo della vita: Casallo Z. Questo fenomenale stallone sauro, figlio e nipote di due formidabili campioni (il padre è il baio Casall, il nonno materno è il grigio Carthago) da parecchio tempo non era più entrato in un campo ostacoli, ma l’ufficializzazione del suo definitivo ritiro dalle gare è stata data quattro giorni fa, il 14 aprile. Un giorno… strano per Piergiorgio Bucci.
Possiamo dire che per lei il 14 aprile 2020 segni la fine di un’era e l’inizio di un’altra, o è un concetto un po’ troppo forte?
«Il concetto è forte, ma è semplicemente la verità. Per me il solo fatto di avere Casallo in scuderia anche se solo convalescente rappresentava un motivo di speranza, di stimolo, perché comunque lui era lì, lo montavo tutti i giorni, l’idea che prima o poi sarebbe potuto rientrare era se non altro verosimile… Adesso invece so che la nostra storia sportiva e agonistica insieme è finita definitivamente, che lui non è più un cavallo che mi sarà compagno in campo ostacoli».
Quindi lui non è più nemmeno in scuderia da lei…
«No, già da un mese è a quindici minuti da casa mia, in Belgio, nella scuderia dell’altro proprietario, il commerciante e stalloniere israeliano Tal Milstein».
Il momento della decisione definitiva del ritiro di Casallo quando è stato?
«Dentro di me avevo già deciso a gennaio. All’inizio dell’anno la mia idea sarebbe stata quella di andare in febbraio in Portogallo a Vilamoura in concorso per cinque o sei settimane con anche Casallo in modo da averlo poi pronto per fare qualcosa di importante. Ma il mio veterinario Cristiano Pasquini mi ha detto invece che sarebbe stato necessario aspettare ancora un mese o due… e allora io dentro di me mi sono detto no, basta, io non aspetto più».
Facciamo un riassunto di tutto quello che è accaduto.
«Casallo si è fatto male a un nodello posteriore ad Aquisgrana due anni fa, nel 2018, quel famoso infortunio che lo ha fatto fermare su quella maledetta doppia gabbia… Però dopo essere stato fermo molti mesi aveva recuperato bene e quindi ho ricominciato il lavoro. Naturalmente quando a un cavallo normale dai tre mesi di stop a Casallo gliene dai quattro, quando a un cavallo normale fai fare due concorsi per riprendere a Casallo ne fai fare quattro… c’era voluto parecchio tempo insomma per riportarlo a saltare le gare da 1.35. Siamo arrivati così all’inizio del 2019. Dopo aver fatto due piccoli concorsi a Kronenberg ho scoperto che Casallo si era fatto una cosa nuova, non so se a causa del terreno o di cosa… una tendinite a un anteriore, il che me lo ha rifermato per ancora qualche mese. Quindi poi tutta la trafila di nuovo… ».
Una sfortuna pazzesca…
«Sì, ma non è mica tutto qui… Quando l’ho rifermato era in una condizione bestiale, era pronto per fare le gare del suo livello, ma il problema vero è sempre stato il suo carattere. Con il tipo di infortunio che aveva avuto al nodello posteriore ci sarebbe voluto un cavallo buono e tranquillo, e lui purtroppo non è mai stato bravo né in box né in van durante i trasferimenti, è un cavallo che sta sempre su due gambe quando gli passano vicino gli altri cavalli… è sempre stato molto stallone, difficile da gestire in scuderia, durante i trasporti… e alla fine questo non ci ha aiutato. Quindi starsene fermo ancora con quella condizione, con quel fisico… era troppo carico, troppo forte, e si è rifatto male dietro standosene in box, praticamente da fermo… una maledizione davvero».
E questo suo carattere forte si sentiva anche montandolo, in gara?
«Beh, due o tre volte è successo che mi abbia fatto qualche scherzetto da stallone incavolato, sì… ».
Lei ha sempre sostenuto che Casallo avrebbe dato il meglio di sé nella maturità avanzata…
«Sono sempre stato convintissimo di questo, ed è anche il motivo per cui ho continuato a provare ad aspettarlo negli ultimi due anni. Devo ammettere che non avrei mai pensato che la sua carriera sarebbe finita a causa di un problema fisico perché in realtà lui è sempre stato un cavallo forte, con lastre spettacolari, articolazioni spettacolari, però purtroppo la natura non la comando io… ».
Oggi il grande pubblico associa l’immagine di Piergiorgio Bucci a quella di Casallo indubbiamente.
«Un cavallo così non l’ho mai avuto, prima. Il vero grande rammarico è che Casallo è stato con me dal 2012 ma l’ho potuto impegnare davvero molto poco in gara. Alla fine tutto quello che di importante Casallo ha fatto nella sua carriera coprirà un arco di tempo di un anno e mezzo, probabilmente: è incredibile a pensarci… ».
Lei però l’ha montato magnificamente bene, è stato un cavaliere molto adatto a lui.
«Ma Casallo è un cavallo talmente atletico e geniale che penso che qualsiasi cavaliere di un certo livello l’avrebbe montato bene… Quando aveva la giornata giusta potevi anche essere mezzo metro più corto su un ostacolo e la gente non se ne sarebbe nemmeno accorta grazie alla velocità con cui lui avrebbe recuperato… Penso che tantissimi cavalieri di livello medio alto l’avrebbero montato benissimo. Ti faceva montare come se l’errore non fosse nemmeno ipotizzabile… Poi magari capitava, ovvio, però durante le ricognizioni del percorso non mi è mai successo di pensare che un ostacolo fosse troppo delicato per lui, o troppo grosso per lui… mai e poi mai. Il problema era piuttosto quello di gestire il suo galoppo, la sua esuberanza, il suo essere molto caldo..».
Insomma, Casallo le mancherà d’ora in poi…
«Moltissimo. Mi manca anche non averlo in scuderia: il suo box era proprio davanti alla saletta del caffè, e non vedermelo più lì… quel bastardino che mi tirava indietro le orecchie appena mi avvicinavo… È stato il miglior cavallo della mia vita, per lui non solo provo un sentimento di grande affetto, ma anche di infinita gratitudine».
LEGGI ANCHE