Bologna, 4 aprile 2018 – I più giovani puledri dell’allevamento di Giuseppe Morese trascorrevano buona parte dell’anno nei paddock che il nobile napoletano possedeva in collina dalle parti di Battipaglia, non lontano da Pontecagnano dove invece aveva sede la scuderia. Era sempre il caporazza Nicola Petrone che si occupava degli spostamenti dalla pianura verso la collina e dalla collina verso la pianura.
Un giorno mentre Petrone è impegnato nei suoi compiti quotidiani in scuderia giunge trafelato il guardiano che a Battipaglia sorvegliava i cavalli e le bufale. Arriva di gran carriera in sella al suo cavallo da lavoro e si precipita da Petrone per avvisarlo che su, nei paddock a Battipaglia, c’è un «sauriello» che non si muove più perché ha una gamba avvolta nel filo spinato. Petrone non perde tempo: inforca la sua bicicletta e comincia a pedalare di buona lena verso le colline seguito al trotto dal guardiano a cavallo. Quando arriva a destinazione effettivamente trova il sauriello piuttosto mal messo: il filo spinato gli avvolge la gamba anteriore destra, le ferite sono piuttosto profonde e in parte ancora sanguinanti. Cosa sarà successo? Chi lo sa… Il povero puledro è immobile e naturalmente terrorizzato: trema come una foglia, madido di sudore. È evidente che in preda al panico deve aver tentato di liberarsi facendo in realtà più danni che altro, salvo poi paralizzarsi rendendosi conto dell’attenuarsi del dolore con l’immobilità. Petrone lo avvicina con gentilezza insieme al guardiano: riescono a mettergli un capezzone con una longhina. Poi Petrone con le pinze e le tenaglie che aveva portato con sé comincia pazientemente a tagliare e rimuovere il ferro, mentre il guardiano cerca di tenere fermo il puledro: non è un’operazione facile, il cavallo scatta come colpito da una scarica elettrica ogni volta che Petrone taglia e sposta quel maledetto rampicante avvinghiato alla gamba. E naturalmente ogni movimento incontrollato peggiora la situazione. Ma dopo quasi un’ora di lavoro e di momenti trascorsi ad accarezzare e tentare di tranquillizzare il povero cavallo, i due uomini riescono a liberare completamente la gamba imprigionata dentro quella morsa di ferro. Ora però bisogna condurre al più presto questo puledro sauro giù in scuderia a Pontecagnano, e farlo vedere immediatamente dal veterinario del nobile Morese. Petrone passa la corda della longhina tra gli anelli del capezzone e sopra al naso del cavallo e prova a muovere qualche passo: inizialmente il puledro non ne vuole sapere ma poi, pian piano e presa confidenza con la nuova situazione, si sblocca e infine si muove. Petrone prima percorre qualche decina di metri tenendo sotto mano il cavallo da una parte e la bicicletta con l’altra mano, poi vedendo che il puledro sembra aver riacquistato una certa tranquillità inforca la sella e comincia a pedalare: lentamente, però, perché non reputa prudente mettere il sauriello al trotto. Quindi il viaggio verso la scuderia a Pontecagnano non si rivela particolarmente veloce…
Una volta giunto a destinazione Nicola Petrone informa immediatamente Giuseppe Morese dell’accaduto: questi non perde tempo e chiama il veterinario che abitualmente seguiva i cavalli del suo allevamento, lo stesso che lavorava al Centro Rifornimento Quadrupedi di Persano: «È per il sauriello figlio di Veronica, sì, quello, proprio quello… Posillipo», dice Morese al telefono con il dottore spiegandogli che cosa era successo. Il medico arriva in men che non si dica perché fortunatamente in quel momento non era impegnato. Dopo un attento esame delle ferite la situazione si rivela meno drammatica di quanto si fosse pensato all’inizio: «Certo qualche segno forse rimarrà», conviene il dottore valutando l’insieme delle lesioni. Il veterinario si mette dunque all’opera aiutato da Petrone e dallo stesso Morese. Posillipo è bravo: sembra quasi voler collaborare a sua volta… Nicola Petrone pensa tra sé e sé: «Speriamo che non ci siano problemi per il Premio Allevamento… ». Già, il Premio Nazionale di Allevamento, tradizionale appuntamento di novembre a Villa Borghese a Roma: un evento che la scuderia Morese aveva sempre vissuto da grande protagonista. Come ci sarebbe arrivato adesso Posillipo? Mancava solo qualche mese…
Posillipo ci arriva bene, invece. Quanto meno sotto il profilo della preparazione sportiva. Ma la sua gamba non è molto bella: come aveva detto il veterinario, i segni ci sono e si vedono, a maggior ragione nel caso di uno sguardo approfondito e competente come quello dei componenti la commissione che avrebbe valutato i puledri nella prova di presentazione e di morfologia. Infatti accade proprio questo: il giorno in cui il Pna di questo 1954 prevede le prove dei puledri montati Posillipo non ha alcun problema, anzi, sotto la sella del suo cavaliere e addestratore Nicola Petrone mette in mostra in modo eloquente quelle qualità che in futuro saranno valorizzate al massimo e al meglio. Ma la valutazione dei giudici nella presentazione e nella morfologia ne compromettono irrimediabilmente il risultato proprio a causa di quella gamba non bella, nonostante il nobile Giuseppe Morese con il suo abituale distacco e la sua innata signorilità ne avesse illustrato i motivi e le cause. Tuttavia la parziale delusione per il risultato di Posillipo viene compensata dalla gioia per il secondo posto finale ottenuto da Partenope, anch’essa figlia del purosangue Ugolino da Siena cioè lo stallone principale utilizzato in allevamento a Pontecagnano: ennesima conferma della bravura e della competenza di Giuseppe Morese ma anche di Nicola Petrone.
Naturalmente Raimondo d’Inzeo è presente: il Pna è un’occasione imperdibile per osservare gli ultimi arrivati nel mondo dello sport. E inoltre c’è anche Piero che presenta un puledro figlio di Grazzano, Salerno. Come sempre Raimondo si intrattiene a lungo con Nicola Petrone: i due avranno nel tempo un costante e talvolta… movimentato rapporto, tuttavia sempre molto proficuo sotto il profilo dello scambio di informazioni, pareri e soprattutto… cavalli. In futuro infatti Raimondo avrebbe rimproverato a Petrone un eccesso di lavoro sui soggetti giovani, che lui viceversa avrebbe preferito più ‘verdi’, più naturali, meno rifiniti nella preparazione. Spesso il trio Morese-Petrone-d’Inzeo avrebbe dato vita a lunghe e appassionanti discussioni nelle quali la forte personalità di ciascuno avrebbe faticato non poco ad affermarsi su quella degli altri… Ma il risultato pratico di tali discussioni si sarebbe poi rivelato semplicemente spettacolare.
Raimondo chiacchiera con Petrone per avere informazioni sui giovani prodotti dell’allevamento di Giuseppe Morese. Che lui peraltro già conosce parzialmente, perché era sua abitudine andare a Pontecagnano per vedere i puledri che sarebbero stati poi presentati al Pna. Certamente Partenope possiede un biglietto da visita eloquente: figlia di Ugolino da Siena, seconda classificata nel Premio Allevamento… Nicola Petrone racconta e descrive la cavalla a Raimondo per filo e per segno, ma poi conclude: «Comunque al tuo posto io mi prenderei Posillipo, senza dubbio». Raimondo ascolta con attenzione. Chi meglio di Nicola Petrone avrebbe potuto dargli un consiglio del genere? Nicola Petrone aveva domato e addestrato Merano, e Leandro, e Oriente, e Partenope, così come tutti gli altri cavalli nati nell’allevamento di Giuseppe Morese che tanto successo avevano avuto e continuavano ad avere… Senza contare che Posillipo comunque aveva colpito Raimondo anche perché fratello pieno del suo Oriente, e dunque il consiglio di Petrone caso mai serviva a rafforzare quella sua sensazione positiva iniziale. Dal canto suo Giuseppe Morese non chiedeva nulla di meglio di avere Raimondo come cavaliere per i suoi cavalli, quindi…
Quindi il Cavallo Italiano del mese di dicembre 1954 nelle pagine dedicate agli atti ufficiali pubblica a nome di Raimondo d’Inzeo l’atto di deposito del certificato del cavallo Posillipo, castrone sauro italiano nato il 30 marzo del 1950 dal purosangue Ugolino da Siena e dalla derivata inglese Veronica, a sua volta figlia del purosangue My First e di Quercia Reale. Certificato numero 5948. Dicembre 1954…
Roma, 7 settembre 1960. Piazza di Siena risplende in tutta la sua suggestiva bellezza. Raimondo d’Inzeo si irrigidisce nel saluto militare. Alla sua sinistra il fratello Piero. Alla sua destra il britannico David Broome. Suona l’inno nazionale d’Italia. Raimondo è più in alto degli altri due cavalieri: perché è sul gradino del podio riservato al vincitore. E il vincitore è lui. Medaglia d’oro. Olimpiadi. Raimondo d’Inzeo ha vinto la medaglia d’oro individuale. Non è soltanto sul gradino più alto del podio: è sul tetto del mondo. Raimondo ha vinto. In sella al sauriello figlio di Ugolino da Siena e Veronica. Lui: Posillipo. La storia li accoglie così, insieme, per sempre.
(Tratto dal volume “D’Inzeo: due fratelli, una leggenda”, Ed. Grafiche Zanini, Bologna, 2017)