Bologna, 26 aprile 2018 – Hermann Schridde è un vero uomo di cavalli. È anche un campione: argento individuale e oro a squadre alle Olimpiadi di Tokyo 1964, campione d’Europa individuale nel 1965. Poi un maledetto destino decide che la sua vita debba interrompersi nel 1983: a soli quarantasei anni. Lui se ne va così, ma non se ne va il ricordo delle sue imprese in campo, tra le quali quella che qualunque cavaliere sogna di poter compiere un giorno nella propria vita: vincere il Gran Premio del concorso più importante e famoso del mondo, quello di Aquisgrana. Schridde trionfa nel 1970: per lui, tedesco, vincere quella gara di fronte al proprio pubblico sarà stata di certo un’emozione inebriante, anche se può sembrare quasi incredibile che ci si possa emozionare ancora dopo aver vinto medaglie olimpiche e continentali.
Ma un cavaliere, per quanto bravo, non vince mai da solo: c’è sempre e comunque un compagno di gara con il quale condividere il merito di un successo. Anzi, nei confronti del quale essere grati per aver ottenuto quel successo: perché senza un campione sotto la sella nemmeno il cavaliere più bravo del mondo può pensare di emergere fino ad arrivare in cima alla classifica di una gara come quella di Aquisgrana. Hermann Schridde quel giorno avrà certamente accarezzato la sua Heureka a lungo, le avrà dato qualche vigorosa pacca sull’incollatura, le avrà fatto scorrere una mano riconoscente lungo quella groppa capace di sprigionare potenza e precisione formidabili. Più tardi, a mente fredda, lontano dal campo ostacoli, magari qualche giorno dopo in scuderia o la sera a casa, Schridde avrà rivolto dolci pensieri alla sua compagna: avrà pensato, con questa vittoria Heureka è entrata nella galleria dei veri grandi campioni. Purtroppo, però, non possiamo sapere cosa avrebbe pensato Hermann Schridde se avesse saputo che la sua Heureka, oltre a essere una campionessa in campo ostacoli, sarebbe diventata una delle madri più importanti dell’intera storia dell’allevamento del cavallo sportivo. Non possiamo sapere quali sensazioni avrebbe provato Hermann Schridde se avesse anche solo potuto immaginare che una piccola puledrina baia nata dodici anni più tardi, nel 1982, e dunque proprio un anno prima della sua stessa tragica morte, figlia della figlia di Heureka, sarebbe diventata la più grande vincitrice di sempre nell’intera storia del salto ostacoli mondiale.
Leon Melchior, classe 1926 (scomparso nel 2015), imprenditore olandese di nascita ma successivamente espatriato in Belgio, è uomo che quando vuole una cosa di solito riesce ad averla. Scopre l’equitazione per caso, ancora giovane ma non più ragazzo: il suo medico gli consiglia di montare a cavallo per risolvere alcuni problemi di salute. Melchior monta a cavallo: e scopre che gli piace immensamente. Scopre anche che gli piace immensamente l’agonismo, il salto ostacoli, la gara, il concorso. Il passo successivo è in linea con la sua mentalità di imprenditore: perché comperare cavalli e non piuttosto produrli? Fonda dunque Zangersheide, il suo allevamento che si trova a Lanaken, in Belgio. Melchior ben presto intuisce che in allevamento l’attitudine sportiva di padri e madri è il presupposto di partenza fondamentale per creare campioni; capisce anche che sono le femmine il valore basilare nel produrre cavalli sportivi, e che lo stallone è certamente importante, ma solo se utilizzato su una cavalla di qualità indiscutibile. La fattrice base di Zangersheide è Heureka, ribattezzata Heureka Z come tutti i cavalli acquistati per Zangersheide o nati a Zangersheide. Melchior acquista Heureka proprio nel 1970, dopo averla vista vincere il Gran Premio di Aquisgrana con Hermann Schridde: è convinto che quella cavalla possa essere molto adatta a lui come cavaliere e quindi, in seguito, ottima fattrice. Non sbaglia: pur essendo un cavaliere ordinario, con lei Melchior partecipa a gare internazionali e ottiene alcuni buoni risultati. Ma la sua idea circa Heureka come fattrice è se possibile ancor più centrata: da lei nascono tra il 1975 e il 1983 sei figli straordinari. Il primo, con Graf Gotthard (Gotthard x Abglanz), è lo stallone Goliath II Z nel 1975, il quale diventerà padre di quel Grosso Z che darà i natali a campioni quali Goldfever (Ludger Beerbaum) e Havinia (Gianni Govoni). Tralasciamo il secondo e passiamo al terzo: la femmina Ganeffa Z, ancora con Graf Gotthard, nata nel 1978 e successivamente madre di Rebound Z (femmina, in futuro madre anche di quell’Abeltus Santa Monica montato prima da Joaquin Larrain e poi da Arnaldo Bologni). Il quarto figlio di Heureka, nato nel 1979, è lo straordinario stallone Ahorn Z, figlio dell’altrettanto straordinario Almé (Ibrahim x Ultimate xx): tra i suoi tanti figli basti citare i tre stalloni Acord (I, II e III). Il quinto figlio di Heureka è nel 1982 la femmina Reureka Z, il cui padre è il portentoso Ramiro (Raimond x Cottage Son xx): da lei nascerà lo stallone Faust Z (padre Furioso II), campione in campo e campione in allevamento. Il sesto figlio di Heureka è la femmina Romanze Z, nata nel 1983 ancora da Ramiro: madre con Cantus di quella Cantate Z compagna di gare di Gianni Govoni e Rodrigo Pessoa, e soprattutto della femmina Cobra Z (padre Calypso I) che con Rex Z metterà al mondo il formidabile Roble Z, stallone performer di qualità favolosa.
Abbiamo tralasciato il secondo figlio di Heureka. Perché è su di lei – già, si tratta di una femmina: questa è una storia di femmine – che si puntano i riflettori. Melchior è convinto del valore basilare delle femmine, ma sa bene che su questo si deve innestare la massima qualità possibile da parte di uno stallone. Sulla base di questa consapevolezza si era reso autore di un ‘colpo’ magistrale che al tempo fece notevole scalpore: aveva portato a Zangersheide nel 1975 il francese Almé (che in Francia aveva già messo al mondo, seppure da poco, i vari Galoubet A, I Love You, Jalisco B e Joyau d’Or A, quattro stalloni fenomenali) e nel 1979 l’holsteiner Ramiro, due stalloni destinati a entrare nella leggenda dell’allevamento del cavallo sportivo. Dall’unione di Almé con Heureka nasce Argentina Z nel 1977: per l’appunto il secondo figlio di Heureka. Messa subito in razza, Argentina Z viene data a Ramiro e a quattro anni mette al mondo il primo dei tre Rebel Z; il secondo e il terzo nasceranno nel 1985 e nel 1986, ovviamente sempre con Ramiro, ma tra il primo Rebel e i successivi due il ‘matrimonio’ di questi due straordinari genitori produce un capolavoro ancora ineguagliato nel mondo sportivo e allevatoriale: nel 1982 nasce la baia Ratina Z, la più grande vincitrice di tutti i tempi.
Seguendo le orme materne, prima ancora di cominciare l’attività sportiva Ratina fa la mamma: a quattro anni con Cor de la Bryère (altro immenso stallone: francese ma operante in Germania, in Holstein) mette al mondo Calipa Z e poi a sei con il suo fratello pieno Rebel I dà i natali allo stallone Rex Z, di cui abbiamo già parlato come padre di Roble Z. Il cavaliere incaricato di curare l’addestramento di Ratina è l’allora stable-jockey di Zangersheide, l’olandese Piet Raijmakers. Insieme i due ‘esplodono’ nel 1991: fanno parte della squadra olandese che vince la Coppa delle Nazioni ad Aquisgrana, ma soprattutto vincono l’oro a squadre e raggiungono il 4° posto individuale nel Campionato d’Europa di La Baule, in Francia. La vetrina continentale è un formidabile amplificatore per le straordinarie qualità di Ratina: è lì, a La Baule, che tutto il mondo si rende conto di che meraviglia sia la figlia di Ramiro e di Argentina. Ratina salta con un impeto terrificante incanalato però tra i binari di una tecnica perfetta: Raijmakers in alcuni momenti dà perfino l’impressione di non riuscire a controllare tanta energia esplosiva, addirittura ricorrendo alle redini con le maniglie, simili a quelle che si usano in ippodromo con i trottatori. Se la vittoria di La Baule è molto importante per l’Olanda, che da alcuni anni non frequentava i podii internazionali, che dire di quella successiva? Perché quella successiva è l’oro a squadre alle Olimpiadi di Barcellona 1992. Evento storico per il Paese dei tulipani: reso ancor più significativo dalla conquista della medaglia d’argento individuale. Da parte di chi? Raijmakers e Ratina, ovviamente.
Il conseguimento di questi grandiosi risultati potrebbe sembrare quasi un punto di arrivo. Lo sarebbe stato, in effetti, per un cavallo… normale. Non per Ratina, però. Per lei infatti è un punto di partenza. A Barcellona l’oro individuale lo vince il tedesco Ludger Beerbaum, il quale avrebbe restituito immediatamente la sua compagna di vittoria – Classic Touch – al proprietario, Ralf Schneider, per ritrovarsi dunque sprovvisto di un vero numero uno sotto la sella. Beerbaum decide che solo Ratina avrebbe potuto rappresentare un vero numero uno per un cavaliere appena laureatosi campione olimpico. E riesce ad acquistarla nella seconda metà di quel 1992. Ratina Z passa dunque da una scuderia belga e da un cavaliere olandese a una scuderia tedesca per essere montata da un cavaliere tedesco.
Dal connubio tra Ludger Beerbaum e Ratina Z nasce una storia di sport grandiosa: medaglie e titoli in quantità, ma soprattutto uno spettacolo tecnico e agonistico davvero senza eguali. Qui non c’è la storia di un grande cavallo che ha aiutato un cavaliere a diventare altrettanto grande; e non c’è nemmeno il contrario. Qui c’è l’unione tra il numero uno dei cavalieri con il numero uno dei cavalli: è un fatto probabilmente senza precedenti.
Ludger Beerbaum e Ratina collezionano vittorie e successi in serie fino al 1999, ultimo anno di grandi gare per la cavalla. Il loro rendimento in campo ostacoli è fenomenale: vittoria della Coppa del Mondo nel 1993, 4° posto individuale e oro a squadre nel Campionato del Mondo 1994, oro olimpico a squadre nel 1996, oro individuale e a squadre nel Campionato d’Europa 1997. E poi dal 1996 al 1999 Beerbaum e Ratina sono sempre nei primi dieci del Gran Premio di Aquisgrana, tanto per dire, con una vittoria (1996), un 2° posto (1997), un 7° (1998), un 5° (1999).
Già, Aquisgrana: il tempio del salto ostacoli mondiale. Un campo dove si sono scritte e per sempre si scriveranno le più grandi pagine della storia del nostro sport. Un campo dove quel giorno dell’ormai lontano 1970 Hermann Schridde vince il Gran Premio pensando di consegnare la sua Heureka agli annali dello sport equestre grazie a quel successo, senza poter immaginare che quel successo sarebbe stato in realtà solo il primo passo verso la realizzazione di un capolavoro inimitabile.