Roma, 28 maggio 2018 – Piazza di Siena. Domenica 27 maggio 2018: ricognizione del percorso del Rolex Gran Premio Roma. I cavalieri entrano in campo. Scene ben conosciute, scene abituali eppure sempre eccitanti, perché tipiche del grande evento: chi cammina serio e pensieroso, chi muove le braccia lungo le linee del tracciato disegnandolo a distanza, chi sta fermo in mezzo al campo e pensa, chi chiacchiera e si confronta con gli altri, chi calcola e ricalcola le distanze… Poi arriva Lorenzo de Luca con la sua divisa blu scuro e il suo sorriso azzurro chiaro. Lorenzo de Luca arriva e comincia a camminare tra gli ostacoli che formano il percorso. Come tutti gli altri cavalieri. Solo che lui questa volta non dà affatto l’idea di essere un concorrente in gara. No. Sembra piuttosto un giovin signore che cammina sul prato di casa sua per decidere dove disporre l’arredamento da giardino per la festa del pomeriggio: poi si ferma a chiacchierare con… ‘invitati’ importanti come Nick Skelton e Laura Kraut, poi si intrattiene con altri amici e colleghi, sorride e ride, discute e parla, sereno e rilassato e disinvolto e gentile come si conviene al padrone di casa che si appresta a ricevere gli ospiti. Sul prato di casa sua: per una festa importante, molto importante…
Una festa molto importante, sì. Ma soprattutto una festa molto ben riuscita: una di quelle feste di cui si parlerà per anni. La vittoria di Lorenzo de Luca su Halifax van het Kluizebos nel Gran Premio Roma è il perfetto suggello a un fine settimana straordinario per il salto ostacoli azzurro. Inutile spiegare ora qui perché: i motivi sono ormai evidenti. Diciamo piuttosto che se un cavaliere azzurro doveva vincere il GP Roma, beh… nessuno più di Lorenzo de Luca l’avrebbe meritato: perché è il numero uno dei cavalieri italiani nella computer list mondiale di salto ostacoli, perché è il cavaliere italiano che nell’arco delle ultime due stagioni ha ottenuto i risultati più importanti, perché grazie alla sua bravura e gentilezza e simpatia e comunicatività è divenuto il simbolo dello sport equestre azzurro nel mondo. E anche perché – nello specifico – Lorenzo de Luca non ha fatto parte della formazione di Coppa delle Nazioni quest’anno: come se quindi avessimo giocato con due squadre ed entrambe infine vittoriose. Un dispiegamento di forze che ci rende orgogliosi e fieri come non accadeva dai gloriosi tempi dei fratelli d’Inzeo e Graziano Mancinelli e Vittorio Orlandi…
Oggi è lunedì: lo Csio di Roma numero ottantasei è finito ieri. Cosa ci rimane al termine di queste favolose quattro giornate di gara? Una gioia talmente scioccante che diventa perfino difficile trovare le parole per raccontarla. Non siamo abituati a raccontare queste cose, infatti, al termine dello Csio di Roma. Anni dopo anni dopo anni ci hanno abituato a dover usare le espressioni giuste per dare enfasi a una squadra che in Coppa delle Nazioni galleggiava a metà classifica o perfino più giù, oppure che solo qualche volta arrivava a un pelo dalla vittoria ma senza mai riuscire a coglierla. E a raccontare delle ottime prestazioni dei cavalieri italiani in Gran Premio che però mai ce la facevano ad arrivare a quel maledetto/benedetto primo posto. Anni dopo anni dopo anni…
Poi arriva il meraviglioso 2017: una fortissima Italia vince la Coppa delle Nazioni dopo trentadue anni di attesa e Alberto Zorzi sfiora la vittoria in Gran Premio. Santo cielo: cosa sta succedendo? Oggi il 2017 assume un significato perfino migliore e più importante di quello pur strabiliante di allora: non è stato un exploit estemporaneo, non è stato il risultato che conferma la legge dei grandi numeri (prima o poi doveva capitare… ), non è stata la classica… botta di ‘xxxx’. No. A dire il vero ne eravamo ben consapevoli già in quei giorni (ricordate? sette giorni prima della Coppa delle Nazioni avevamo scritto: vinciamo di sicuro), ma l’abitudine alle batoste seriali ci faceva andare cauti nell’analisi delle evidenze perfino più lampanti: meglio andare con i piedi di piombo prima di certificare il rinascimento del salto ostacoli azzurro a Roma, anche se le cose non potevano che essere ben più che chiare. E poi – si diceva – il peso delle scuderie di Alberto Zorzi e Lorenzo de Luca è stato determinante, senza i cavalli di Jan Tops e di Stefan Conter avremmo combinato ben poco… etc etc.
Ma oggi possiamo dire senza più alcuna ombra di dubbio che i successi del 2017 hanno davvero rappresentato un punto di svolta: come se fosse stato rimosso un ostacolo che occludeva il fluido scorrimento delle acque del torrente, come se fosse saltato il tappo della bottiglia, come se la strozzatura in autostrada fosse stata finalmente rimossa una volta per tutte. Le magnifiche prestazioni del 2017 ci hanno permesso di arrivare al 2018 senza più quella cupa e schiacciante ossessione che ci ha accompagnato per trentadue lunghissimi anni: se anche nel 2018 non avessimo vinto poco male… in fondo non si può vincere sempre e poi basta ricordare che l’ultima doppietta in Coppa delle Nazioni risaliva agli anni Settanta…
Ma abbiamo rivinto. Conquistando una vittoria che in un colpo solo è riuscita a esaltare al massimo sia il momento contingente sia il momento già trascorso (nel 2017). Abbiamo rivinto senza i nostri due assi – Lorenzo de Luca e Alberto Zorzi – e soprattutto senza i cavalli delle scuderie Tops/Conter, dimostrando che anche con le risorse ‘interne’ possiamo ottenere risultati importanti, a patto che vi sia una buona amministrazione e gestione di tali risorse.
Ecco, gestione delle risorse. Duccio Bartalucci ha dimostrato una volta di più (non ce n’era certo bisogno: ma si sa, lo sport ha la memoria corta… ) di saper amministrare benissimo il capitale azzurro. Con oculatezza, sapienza e lungimiranza, nonostante situazioni non proprio facilissime incontrate lungo l’inizio di questo suo ritorno alla guida del salto ostacoli azzurro. Cavalli infortunati, cavalli venduti, cavalli forse negati, qualche polemica e qualche tensione interna… eppure Duccio Bartalucci ha saputo attraversare senza grosse difficoltà questo mare se non proprio in tempesta di sicuro un po’ agitato: per infine approdare al successo massimo. Tra l’altro è apparso meraviglioso il coinvolgimento di Roberto Arioldi: meraviglioso che Duccio Bartalucci l’abbia richiesto, meraviglioso che Roberto Arioldi abbia accettato. Bartalucci l’ha detto in conferenza stampa il mercoledì, giorno di vigilia dello Csio: “Roberto ha moltissima voglia di fare il cavaliere e sarà prossimamente in campo per lo Csio di Lisbona in Portogallo. Gli ho telefonato per chiedergli se avesse voglia di venire qui a Roma per darmi una mano dato che Marco Porro (il tecnico azzurro in seconda, n.d.r.) non sarà presente: e lui mi ha risposto affermativamente con grande entusiasmo. Del resto Roberto e io ci conosciamo da una vita e ne abbiamo vissute di avventure insieme sui campi ostacoli di tutta Europa… Tuttavia la sua immediata adesione alla mia richiesta gli fa onore, e testimonia il suo grande spirito di squadra, quello che tutti noi ben conosciamo del resto”. Certo: onore. Roberto Arioldi è stato il c.t. prima di Bartalucci, era lui alla guida degli azzurri nel 2017, poi ci sono state le ormai ben note difficoltà circa il rinnovo del suo contratto… Se Arioldi avesse risposto caro Duccio mi dispiace, la faccenda adesso riguarda te solo, beh… nessuno avrebbe potuto eccepire qualcosa. Men che meno si sarebbe potuto eccepire qualcosa sull’assenza della richiesta di Bartalucci: perché mai Duccio avrebbe ‘dovuto’ chiamare Roberto? Invece ne è nata una bellissima pagina di sport: due cavalieri, due tecnici, due amici, due compagni, due selezionatori azzurri uno succeduto all’altro ed entrambi vincitori della Coppa delle Nazioni di Roma a Piazza di Siena alla testa della squadra italiana… Si tratta di qualcosa che raggiunge un significato simbolico ed esemplificativo di portata formidabile, a saper leggere un po’ oltre l’apparenza dei fatti, un significato che va perfino al di là di quello della situazione contingente. Duccio Bartalucci nel suo ruolo di capo squadra ha dato prova di qualità massima, per l’ennesima volta: Roberto Arioldi ha dimostrato altrettanta qualità in quanto uomo di sport, per l’ennesima volta. Entrambi sono un patrimonio azzurro: esattamente tanto quanto i cavalli e i cavalieri schierati dall’uno nel 2017 e dall’altro nel 2018 per raggiungere quelle vittorie che solo fino a due anni fa potevamo solo sognare. E che invece oggi sono realtà. Basta guardare l’albo d’oro: 2017 Italia, 2018 Italia.
E l’albo d’oro del Gran Premio? Se l’anno scorso abbiamo celebrato in Coppa delle Nazioni una vittoria attesa trentadue anni, ieri si è festeggiato un successo meraviglioso dopo ventiquattro… Lorenzo de Luca su Halifax van het Kluizebos nel 2018 dopo Arnaldo Bologni su Mayday nel 1994. Stiamo vivendo tempi che rimarranno memorabili: dobbiamo esserne consapevoli.