Roma, venerdì 28 maggio 2021 – Per dire che all’Italia la Coppa delle Nazioni dello Csio di Roma oggi a Piazza di Siena è andata male non c’è bisogno di grandi analisi e grandi approfondimenti: basta guardare il risultato che parla con grande eloquenza, dicendoci che l’Italia si è classificata al 10° posto ex aequo su dodici squadre (quindi di fatto ottenendo il risultato del penultimo posto) mancando l’accesso alla seconda manche con 8 penalità di Emanuele Gaudiano su Chalou, 12 di Giulia Martinengo Marquet su Elzas, 4 di Riccardo Pisani su Chaclot e 8 di Luca Marziani su Lightning. Quindi: è andata male.
Una volta stabilito ciò, si possono fare – anzi, si devono fare – dei ragionamenti, perché lo sport produce sì risultati nudi e crudi, ma anche prestazioni, storie, suggestioni, emozioni, situazioni… tutte ‘cose’ difficilmente inseribili dentro schemi numerici e statistici.
La prima cosa che viene da dire è che una squadra migliore di questa al momento sarebbe difficile anche solo pensarla. Il che esclude tutte le recriminazioni facili al nascere con il senno del poi. E’ vero che ci sono per fortuna alcuni binomi (non tanti, però… ) che potrebbero tranquillamente figurare nella prima squadra a Roma, ma non adesso: parliamo di cavalli, soprattutto di cavalli, che hanno ancora bisogno di consolidare esperienza e rendimento ad alto livello, cosa per cui è necessaria la giusta progressione agonistica. E sui cavalieri… beh, anche lì bisogna andare con la giusta cautela: Piazza di Siena può pesare, su spalle non ancora forti e allenate…
Questo discorso mette chiaramente in luce una realtà della quale già si è tanto detto e scritto e commentato: noi stiamo vivendo un momento di transizione tra un periodo in cui abbiamo potuto contare su una rosa di binomi di altissimo e consolidato rendimento e un altro periodo in cui dobbiamo – cioè dovremmo – creare un’altra serie di binomi di pari consistenza. La cosa non è per niente facile perché le variabili da allineare sono numerose: dietro ai cavalli di qualità, infatti, ci sono tante voci… allevatori, proprietari, denaro, cavalieri, capacità. Un buon cavallo che possa avere una lunga carriera ad alto livello non nasce per caso o per fortuna… E come se non bastasse teniamo conto del fatto che in Italia il ‘giro’ di cavalli sportivi prodotti sia dall’allevamento nazionale sia dai movimenti del commercio è infinitamente più piccolo di quanto sia quello che caratterizza Paesi come la Germania, o la Francia, o perfino il Belgio e l’Olanda che pure rispetto all’Italia hanno dimensioni molto più ridotte da tanti altri punti di vista.
Il vero problema, però, è che non abbiamo molto tempo a disposizione per cercare di stimolare questo meccanismo virtuoso. Il nostro commissario tecnico Duccio Bartalucci – il quale è il primo a essere ben consapevole di questa serie di difficoltà – giustamente indica tre traguardi ai quali noi dovremmo giungere di certo più competitivi di quanto dimostrato oggi: il Campionato d’Europa e la finale del circuito di Coppa delle Nazioni nel 2021 (quindi tra poco, settembre/ottobre), e il Campionato del Mondo del 2022 (quest’ultimo sarà la prima delle nostre possibilità di qualificarci per le Olimpiadi del 2024). Ci riusciremo? Speriamo: ma non sarà facile.
Tutta questa serie di riflessioni, infine, ci porta inevitabilmente a considerare un tema che… beh, è vero che nello sport non si dovrebbe mai guardare indietro, ma ogni tanto farlo serve per capire quello che ci aspetta avanti a noi, o che bisognerebbe cercare di raggiungere in qualche modo. La considerazione è questa: la realtà di oggi ci permette di valutare meglio l’accaduto del 2017 e 2018, quando la nostra squadra ha vinto due Coppe delle Nazioni consecutive qui a Roma, più quella ugualmente a cinque stelle di San Gallo nel 2017 (subito dopo Roma: in serie!). Forse oggi più di allora ci rendiamo conto di quanto ‘forte’ fosse quel gruppo di cavalli. Cavalli, appunto: che i cavalieri sono esattamente quelli che abbiamo oggi, e sono bravissimi. Cavalli che sono nati dal lavoro, dalla pazienza, dall’attesa: basti pensare a Tokyo du Soleil (il cui rendimento è la ‘cosa’ che oggi ci manca da morire) di Luca Marziani, Ottava Meraviglia di Ca’ San Giorgio di Paolo Paini, Verdine di Giulia Martinengo Marquet, Tower Mouche di Bruno Chimirri, Caspar di Emanuele Gaudiano, Casallo Z di Piergiorgio Bucci… oppure da realtà commerciali di potenza economica indiscutibile come quelli delle scuderie di Stephan Conter e di Jan Tops che sotto la sella di Lorenzo de Luca e di Alberto Zorzi sono stati obiettivamente trainanti per tutto il movimento azzurro. E’ stata quella una congiuntura straordinaria, irripetibile? Forse no… speriamo di no: ma dobbiamo essere consapevoli che per riaverla e riviverla ci vuole tempo, pazienza e lavoro. E anche un po’ di fortuna…