Bologna, sabato 30 settembre 2023 – Allora: visto che è particolarmente sentito e ‘caldo’ il tema della qualifica olimpica di salto ostacoli mancata dall’Italia nel 2022 nel Campionato del Mondo di Herning, poi nel 2023 nel Campionato d’Europa di Milano e quindi nella finale del circuito di Coppa delle Nazioni a Barcellona, e visto che in molti – giustamente e legittimamente – hanno fatto sentire la propria voce sull’argomento in modo sia critico (dimissioni subito, siamo allo sbando, abbiamo toccato il fondo, una volta le cose funzionavano, non siamo degni del nostro passato) sia sarcastico (ah sì, che sorpresa… che strano… oh, come mai… non ce lo saremmo mai aspettato… ), è probabilmente utile dare una visione d’insieme del problema in modo che chi intende commentare ulteriormente (o anche solo riflettere… ) lo possa fare con dovizia di informazioni e soprattutto con cognizione di causa. Partiamo dunque dall’ultima Olimpiade che ci ha visto vincitori sul campo di ben due medaglie: Monaco 1972.
MONACO 1972 – Graziano Mancinelli è sconsolato: nella prova di allenamento Ambassador rade al suolo il percorso, salta solo la riviera. Poi il trionfo individuale il 3 settembre: 0 nel primo percorso, 8 nel secondo, 0 in barrage, vittoria della medaglia d’oro. Qualche giorno più tardi, l’11 settembre, nella gara a squadre Ambassador crolla: 20 penalità nel primo percorso, 8 nel secondo… Piero d’Inzeo e Easter Light non riescono praticamente a fare un salto. La squadra sta in piedi grazie alle prestazioni di Raimondo d’Inzeo su Fiorello (8/4) e soprattutto di Vittorio Orlandi su Fulmer Feather Duster (4/4) conquistando una medaglia di bronzo davvero insperata. Piero d’Inzeo non si presenta in premiazione ritenendo di non meritare l’onore sportivo del podio: il Cio gli farà recapitare a casa la medaglia di bronzo, lui ordinerà a suo figlio Fabio di rispedirla al mittente. A Giochi terminati il grande giornalista Lucio Lami, direttore dello Sperone, commenterà il tutto con uno dei più geniali titoli che si ricordino: “L’oro sopra la carie”.
MONTREAL 1976 – Il numero di maggio 1975 dello Sperone pubblica un’intervista con Bruno Bruni, vicepresidente sia della Fise sia della Fei. Bruni parla del problema dell’approvvigionamento cavalli e della conseguente prospettiva olimpica per Montreal. “La tecnica, l’abilità, in una parola i cavalieri ci sono ma mancano i cavalli, o meglio, i mezzi finanziari per procurarsi dei soggetti di livello internazionale, che possano ben figurare accanto a quelli di altre nazioni. Oggi un buon cavallo da internazionale costa mediamente 35-40 milioni. I giovani e anche i non più giovani vengono da me a chiedere contributi federali (…). Cosa vuole che risponda? Allargo le braccia e mi scuso. La Fise di soldi non ne ha. Attraverso il Coni noi disponiamo di 201 milioni annui con i quali dobbiamo mantenere – si fa per dire – un gran numero di scuole, pagare le spese organizzative e contribuire all’acquisto di cavalli di interesse internazionale. Sa su quanto possiamo contare per questo capitolo di spesa? Un centinaio di milioni, non a stagione, ma in quattro anni. E con questi spiccioli dobbiamo formare un parco cavalli per le Olimpiadi che non faccia morir dal ridere i nostri avversari. Per farle un termine di paragone pensi che la federazione francese, dalle varie società, dai vari enti pubblici e privati raccoglie qualcosa come due miliardi di lire, dieci volte tanto il nostro bilancio”.
Domanda: “Cosa intende fare la Fise per premere sul Coni, in vista delle Olimpiadi?”.
Bruni: “Non le posso rispondere”.
Domanda: “Ma i cavalli per le Olimpiadi ci sono?”.
Bruni: “Oggi come oggi no. I cavalli per Montreal non ci sono”.
Domanda: “Come andrà a finire?”.
Bruni: “Mi spiace dirlo, seppure a titolo personale, ma se i cavalli non ci saranno rimarremo a casa”.
Domanda: “Cioè la squadra azzurra di salto ostacoli non parteciperà alle Olimpiadi del 1976?”.
Bruni: “Proprio così. E’ meglio starsene a casa che andare all’estero a far brutte figure”.
Nel 1976 in realtà l’Italia vince la Coppa delle Nazioni sia a Roma sia ad Aquisgrana: ci sentiamo forti, ma il problema cavalli rimane. A Montreal la gara individuale è il 27 luglio, quella a squadre l’1 agosto. Raimondo d’Inzeo non si fida dei suoi Hermes e Talky e ripiega sul diciottenne Bellevue (che aveva fatto le Olimpiadi otto anni prima a Città del Messico… !) scatenando un’ondata di polemiche a tale proposito: tuttavia nella gara individuale è il migliore degli azzurri classificandosi al 12° posto con 8/16 penalità. Vittorio Orlandi aveva perduto tragicamente il formidabile Fiorello l’anno prima e la sua Creme de la Cour a causa della piroplasmosi non può entrare in America: al suo posto il debuttante Giorgio Nuti che su Spring Time avrebbe avuto il ruolo di riserva (fa solo la gara a squadre, non l’individuale). Graziano Mancinelli non ha un soggetto di massimo livello e dopo varie riflessioni opta per Bel Oiseau (nella gara individuale 16 penalità e 25° posto). Piero d’Inzeo monta The Avenger nella gara individuale (16 penalità, 25°) e Easter Light in quella a squadre. Nella gara a squadre l’Italia non si qualifica per la seconda manche chiudendo al 9° posto su 14 rappresentative: Graziano Mancinelli su Bel Oiseau 20 penalità, Raimondo d’Inzeo su Bellevue 20 penalità, Giorgio Nuti su Spring Time 20 penalità, Piero d’Inzeo su Easter Light 8 penalità. Scoppiano le polemiche: la stampa e gli addetti ai lavori accusano Fise e cavalieri del fallimento olimpico.
MOSCA 1980 – C’è il boicottaggio a causa dell’invasione dell’Afghanistan da parte della Russia. Non partecipiamo in salto ostacoli.
LOS ANGELES 1984 – Punto d’approdo della politica Fise che aveva voluto Raimondo d’Inzeo commissario tecnico alla guida di una squadra che avrebbe dovuto contare anche sui cavalli di proprietà federale. Negli Stati Uniti vanno Graziano Mancinelli su Ideal de la Haye, Bruno Scolari su Joyau d’Or, Filippo Moyersoen e Giorgio Nuti sui cavalli per l’appunto federali Adam e Impedoumi. La gara a squadre si disputa il 7 agosto, quella individuale il 12. Nella prima manche della gara a squadre Graziano Mancinelli termina con 12 penalità, Giorgio Nuti con 12. Filippo Moyersoen vive un incubo: errore al n. 3, poi tutto bene fino alla riviera n. 10… ma dopo averla saltata si rompono i riscontri del sottopancia a destra… ! Moyersoen fa piede a terra (a quel tempo 8 penalità, non eliminazione), tenta di riallacciare il tutto alla meno peggio ma trascorrono i 60 secondi e viene eliminato. Una cosa mai vista a un tale livello di competizione… Bruno Scolari arriva senza errori al n. 9, un cancello: Joyau d’Or si ferma, Bruno cade, il cavallo se ne va, viene ripreso, Scolari rimonta, termina con altri due errori. Alla fine della prima manche l’Italia ha 59.25 penalità… Nella seconda manche l’Italia ottiene il terzo miglior parziale di tutta la gara con 16 penalità: Mancinelli 8, Nuti 4, Moyersoen 16, Scolari 4. Alla fine le due manches danno all’Italia il 9° posto su 15 squadre. E’ comunque considerato un fallimento. Al rientro dagli Stati Uniti volano i coltelli: Raimondo d’Inzeo rilascia un’intervista alla Gazzetta dello Sport in cui attacca senza quartiere Graziano Mancinelli (la ruggine era cominciata da prima, quando Mancinelli si era rifiutato di partecipare al lungo ritiro di preparazione ai Pratoni del Vivaro e Raimondo aveva vissuto ciò come una sottovalutazione pubblica e dunque plateale del suo ruolo di c.t.), ma addirittura di peggio fa il presidente della Fise, Lino Sordelli, che in diretta televisiva accusa Mancinelli di essere vecchio (47 anni… !) e superato nel modo di montare e di concepire lo sport… E’ l’inizio di uno dei periodi più drammatici e ricco di tensioni estenuanti tra la Fise e il gruppo che fa riferimento a Graziano Mancinelli…
SEUL 1988 – Esplode lo scandalo: per la prima volta nell’intera storia dello sport equestre azzurro la Fise decide di non inviare una squadra di salto ostacoli alle Olimpiadi (a quel tempo non c’era ancora la qualifica: ciascuna federazione nazionale decideva se partecipare o meno). Il mondo militare, il mondo dello sport, il mondo degli addetti ai lavori insorgono contro la Fise e contro il presidente Lino Sordelli: l’accusa è di aver portato il salto ostacoli italiano a toccare il punto più basso della sua intera esistenza. E la decisione di non partecipare alle Olimpiadi considerata come un’offesa insanabile nei confronti della storia e della tradizione dello sport equestre azzurro.
BARCELLONA 1992 – Il 16° posto dell’Italia su 19 squadre costituisce il peggior risultato azzurro nella storia delle Olimpiadi di salto ostacoli, fatta esclusione per le eliminazioni di Berlino 1936, Londra 1948 e Helsinki 1952 (quest’ultima dovuta però a un fatto extra tecnico). Gianni Govoni su Larry 16/18.50, Valerio Sozzi su Pamina 4.50/9.50, Jerry Smit su Governor 8/16, Giorgio Nuti su Gauguin 12.75/17. E’ un momento di grandissima difficoltà: durante il periodo 1990-1992 Graziano Mancinelli c.t. azzurro viene prima acclamato come unico possibile salvatore della patria, poi contestato duramente quando i risultati non arrivano; ma la cosa tremenda è che lui sta male e in ottobre del 1992 ci lascia. Uno shock devastante.
ATLANTA 1996 – In vista di questa edizione delle Olimpiadi il Cio attiva il meccanismo delle qualificazioni. L’Italia non si qualifica come squadra, ma viene tuttavia ripescata per la rinuncia di un’altra federazione. Il risultato comunque non è negativo: Italia al 9° posto su 19 squadre con Arnaldo Bologni su Eileen 12/24, Natale Chiaudani su Rheingold de Luyne 12/4, Jerry Smit su Constantijn 4/4, Valerio Sozzi su Gaston M 12/0.
SYDNEY 2000 – Italia non qualificata.
ATENE 2004 – L’Italia si qualifica e porta a termine una bella prestazione complessiva conquistando il 7° posto su 16 squadre: Juan Carlos Garcia su Albin 1/8, Roberto Arioldi su Dime de la Cour 10/21, Vincenzo Chimirri su Defi Platiere 12/12, Bruno Chimirri su Lanknecht 8/5.
PECHINO 2008 – Italia non qualificata
LONDRA 2012 – Italia non qualificata
RIO DE JANEIRO 2016 – Italia non qualificata
TOKYO 2020 – Italia non qualificata
PARIGI 2024 – Italia non qualificata