Ginevra, 8 dicembre 2016 – A mente fredda e a distanza di giorni, la considerazione non cambia: la riforma del regolamento del Campionato del Mondo votata dall’assemblea generale della Fei a Tokyo lo scorso 22 novembre è un colossale errore. Una decisione che nel suo contenuto è molto più grave di quella relativa al regolamento delle Olimpiadi: il passaggio da quattro a tre componenti le squadre ai Giochi incide infatti solo sul ‘modo’ in cui verrà vissuta la gara da parte dei protagonisti, mentre invece con la messa in atto della riforma il Campionato del Mondo viene completamente stravolto nella sua stessa natura, diventando un’altra cosa. Una pessima cosa.
Per quanto riguarda il salto ostacoli, il Campionato del Mondo è sempre stato il massimo, sotto tutti i punti di vista. Non lo sono le Olimpiadi, il cui altissimo e indiscusso valore simbolico non è pari a quello tecnico e agonistico, per ciò che riguarda la nostra specialità. Perché la Fei ha voluto modificare quindi il regolamento del mondiale? Spiegazioni ufficiali non ne abbiamo, così come non è stato mai nemmeno annunciato pubblicamente che oggetto del voto dell’assemblea generale a Tokyo sarebbe stata anche questa riforma, insieme a quella – ben più pubblicizzata – del regolamento olimpico. Vogliamo sperare che i delegati delle varie federazioni nazionali in realtà fossero consapevoli di ciò su cui stavano esprimendo il proprio voto, anche se questo ovviamente non cambia l’esito finale, un esito che non ci stancheremo mai di definire come nefasto. Una cosa è certa: il mondo degli addetti ai lavori, della stampa, dei cavalieri, dei tecnici non sapeva nella maniera più assoluta che a Tokyo sarebbe stata proposta ‘anche’ questa riforma. Ma al di là delle questioni formali, è la sostanza quella che più conta. Quindi possiamo solo fare delle presunzioni circa gli intendimenti della Fei: la prima e più evidente non può che essere quella per cui in questo modo si sia voluto valorizzare il benessere dei cavalli. La riforma elimina la finale a quattro con lo scambio dei cavalli, porta da cinque a quattro il numero dei percorsi – escludendo la finalissima a quattro – che al massimo ciascun cavallo affronta.
Partiamo dalla finale a quattro. Una fase di gara che è sempre stata molto discussa fin dal giorno della sua istituzione, cioè da quando è nato il Campionato del Mondo, nel 1953. Teniamo conto del fatto che il Campionato del Mondo si disputa una volta ogni quattro anni: questo va sottolineato con forza. Sportivamente parlando, due le posizioni: chi sostiene che è il valore del binomio che deve essere premiato, chi invece sostiene che una volta selezionati i quattro migliori binomi sia il valore del singolo cavaliere a dover prevalere. Sia come sia, resta il fatto che la finale a quattro era l’elemento che contraddistingueva forse più di qualsiasi altro il Campionato del Mondo, l’elemento che gli dava esclusiva unicità, un elemento di altissima spettacolarità e di impatto emotivo senza eguali. Troppo faticoso per i cavalli, che si trovavano a dover affrontare trentadue ostacoli ciascuno nello spazio di un’ora? Troppo stressante dal punto di vista psicologico visto che il campo prova si faceva in campo ostacoli e quindi con l’esposizione alle turbative provocate da uno stadio intero pieno di gente? Allora cominciamo con il dire che se la finale a quattro una stortura l’ha sempre proposta, questa era quella di avere quattro cavalieri per un podio di tre: uno ne è sempre rimasto escluso; se si fosse portata la finale a tre cavalieri, anziché quattro, si sarebbe evitata questa mortificazione per l’uomo risparmiando nel contempo un buon numero di salti per ciascun cavallo. E se il campo prova fosse stato identificato come motivo di stress proprio insostenibile per i cavalli (anche se momento di spettacolo tecnico impagabile per gli spettatori) sarebbe bastato farlo dove normalmente si fa il campo prova di una gara, cioè fuori dallo stadio. Nel corso degli anni c’è stato anche chi ha proposto di far montare ai finalisti cavalli diversi da quelli utilizzati nelle prove precedenti, e magari assegnando due gruppi di medaglie (tre alla fine delle prove di qualificazione, e poi tre per la finale): ciò però vorrebbe dire che ciascun partecipante al mondiale vi dovrebbe arrivare con due cavalli, il che in termini di organizzazione economica dell’evento oggi come oggi è cosa del tutto improponibile.
Passiamo alle gare precedenti la finale. Per alleggerire il carico di percorsi di ciascun cavallo sarebbe bastato portare da due a una le manches della semifinale individuale: in questo modo il numero massimo di percorsi sarebbe stato di quattro (cioè tanto quanto quello proposto da questa scriteriata riforma), lasciando tuttavia inalterato lo svolgimento e il contenuto della competizione. Che – ricordiamolo – partiva con una prova a tempo in tabella C valida sia per la classifica individuale sia per quella a squadre, conversione in punti al centesimo (quindi di fatto impossibilità successiva di avere concorrenti ex aequo), poi due manches come finale a squadre e seconda prova individuale, quindi due manches come semifinale individuale (una delle quali si sarebbe per l’appunto potuta eliminare), con le penalità che di ciascuna andavano ad aggiungersi al punteggio ottenuto dopo la tabella C. Una formula di gara a nostro modo di vedere perfettamente bilanciata sul valore di una competizione di tale livello, in grado di mettere i concorrenti del tutto a loro agio circa la migliore tattica da adottare.
Cosa succede con la riforma? Che avremo una gara ‘secca’ a squadre su due manches con la seconda riservata alle sole prime dieci rappresentative e ai primi sessanta individuali dopo la prima (teniamo conto del fatto che nell’ultimo Campionato del Mondo hanno partecipato 33 squadre e 153 concorrenti); poi un’altra gara a due manches valida per la classifica individuale con il primo percorso riservato ai primi 25 dopo le due manches della gara a squadre e il secondo ai primi 12. Poi classifica sommando le penalità.
Quindi, analizziamo l’intera faccenda. E’ subito evidente che molti concorrenti dopo il primo percorso dovranno fare le valigie e tornarsene a casa, oppure rimanere come semplici spettatori: assurdo. Secondo. Il Campionato del Mondo a squadre viene ‘spiritualmente’ ridotto a una normale Coppa delle Nazioni se non peggio, visto che non tutte le squadre rientrano per la seconda manche: di fatto la massima competizione mondiale diventa nulla di diverso da una delle tante gare che si disputano nel corso dell’anno salvo per il fatto che porta un nome differente. Assurdo, offensivo, mortificante, oltre che storicamente inaccettabile. Terzo. Essendo le classifiche prodotte dalla sola somma delle penalità, è evidente che ci saranno numerosissime situazioni di ex aequo, che il regolamento ‘nuovo’ si propone di risolvere con barrage. Quindi, delle due l’una: o si accetta l’idea che le medaglie mondiali si giochino in un semplice e affollato barrage dove situazioni come l’entrare in campo prima o dopo del tal avversario fanno una differenza determinante, dove circostanze spesso fortunate incidono in modo decisivo, dove l’alto numero di partecipanti induce necessariamente ad andare ‘alla morte’ contro il cronometro, oppure si deve fare in modo che a quel barrage non arrivino troppi cavalli… E come si fa a non far arrivare troppi cavalli a un barrage? Molto semplice: si costruiscono percorsi impossibili, dimensioni massime ovunque, qualche ‘trucchetto’ qua e là, un tempo massimo calcolato con la massima ristrettezza possibile… e il gioco è fatto. Su percorsi da Campionato del Mondo in un Campionato del Mondo. Pensando al benessere dei cavalli, però… Assurdo, assurdo e – una volta di più – assurdo.
Dunque: è così che vogliamo pensare alla conquista di una medaglia mondiale? In una competizione che nel suo nuovo formato si presenta piena zeppa di contraddizioni? Che perde completamente il suo carattere di unicità ed esclusività? Che si presenta una volta ogni quattro anni livellandosi e appiattendosi sullo stesso standard di una normalissima qualsiasi altra gara? No, no e poi ancora no. Il salto ostacoli internazionale sta andando nel senso di una massificazione indistinta degli eventi e dei contenuti, dove l’unica differenza la fa ormai il denaro – nella drogata lievitazione dei montepremi e del prezzo dei cavalli – ma dove i contenuti tecnici ormai si livellano senza più alcuna distinzione assimilando indifferentemente qualità a quantità… Il ‘benessere’ dei cavalli è diventato ormai un concetto di comodo, utilizzato e sbandierato per giustificare qualunque pensiero utile alla propria causa, basta solo e semplicemente pronunciare la parola benessere (che tra un po’ darà la stessa nausea delle parole etica e vergogna, per l’uso strumentale e smodato che se ne sta facendo… ) e subito si è immuni da qualunque critica. Perché nel nome del… benessere dei cavalli si stravolge la più importante gara del mondo e invece non il Campionato d’Europa, il cui regolamento è in tutto e per tutto identico a quello del mondiale con la sola eccezione della finale a quattro? Perché? Ci sono forse diverse forme di benessere? In questo modo siamo tutti indotti necessariamente a ritenere che il motivo sottostante a questa decisione sia quello per cui alle nazioni che partecipano al mondiale e non all’europeo le cose debbano essere facilitate: ed è un pensiero brutto, maligno, negativo, antisportivo. Ma inevitabile, in assenza di spiegazioni e giustificazioni, e con l’unica evidenza del modo in cui questa riforma è stata prima sottoposta e poi votata a Tokyo.
A Ginevra domani ci sarà una importante riunione del club internazionale dei cavalieri di salto ostacoli. Si parlerà diffusamente della questione poiché i cavalieri – o quanto meno la più gran parte di loro – sono definitivamente contrari a questa riforma. Come lo sono le persone che in questo mondo vivono e lavorano e pensano e partecipano. La sensazione è che tutti siano stati colti di sorpresa e che non abbiano realizzato fino in fondo ciò che tale riforma significa e comporta. Soprattutto ciò che tale riforma rappresenta: e cioè un modo di concepire lo sport che non può essere accettato e condiviso. Lo sport è fatto anche di passione ed emozioni: ridurre tutto a una mera questione di denaro e interessi commerciali significa uccidere lo sport. E allora suonano come tremendamente ipocrite tutte le domande su come rendere il salto ostacoli più accattivante, più coinvolgente, più emozionante… Poi è inutile piangere le classiche lacrime di coccodrillo.