Bologna, 4 ottobre 2018 – Domani a Barcellona inizia la sesta finale mondiale del circuito di Coppa delle Nazioni. La sesta finale da quando la Fei ha istituito il circuito con l’attuale formula (2013), per certi versi simile a quella della Coppa del Mondo: pianeta diviso in vari gironi (il nostro è la Prima Divisione d’Europa), squadre nazionali che si qualificano al termine di una serie di gare di ciascun girone. Il regolamento stilato dalla Fei prevede dunque che alla finale mondiale partecipino le squadre qualificate più quella che rappresenta il Paese organizzatore dell’evento. La Fei da sei anni – cioè da sempre – assegna la manifestazione a Barcellona. Ne consegue che da sei anni la Spagna disputa la finalissima mondiale del tutto a prescindere dal suo risultato nelle gare di qualificazione. Volendo approfondire la questione vediamo che la Spagna si è qualificata sul campo due volte: nel 2014 classificandosi al 7° posto su dieci squadre in Prima Divisione, e nel 2017 ottenendo l’8° posto su otto squadre in Prima Divisione (e tutte si qualificavano). Le altre quattro volte (compresa quella che inizia domani) la Spagna non si è qualificata: o meglio, non ha ottenuto sul campo il risultato richiesto per la qualificazione. Domanda: è giusto e sportivo tutto ciò? Niente contro gli amici spagnoli, figuriamoci, ma tutto contro il principio di base… Può anche andare bene la regola per cui la squadra del Paese organizzatore sia automaticamente qualificata, ma allora il Paese organizzatore deve essere diverso ogni anno (alla fin fine si tratta di organizzare un concorso perfino meno impegnativo del normale… ); se invece si vuole mantenere la tradizione, o se si vuole compiacere il comitato organizzatore di Barcellona per un qualsiasi motivo, beh… allora la Spagna deve conquistare il suo posto come tutte le altre squadre. Sembra evidente… (e da che pulpito, noi che quest’anno siamo stati ripescati… ! Il ragionamento in linea di principio tuttavia non cambia).