Bologna, martedì 10 giugno 2020 – Steve Guerdat è un numero uno. E non solo perché in effetti è… il numero uno del mondo, cioè il cavaliere che occupa la prima posizione della computer list del salto ostacoli mondiale da più di un anno (da gennaio 2019, con la sola eccezione di gennaio 2020 quando è stato sostituito dal suo compagno di squadra e grande amico Martin Fuchs per quel mese soltanto). No, Steve Guerdat è un numero uno proprio per il suo modo di vivere la vita e lo sport, di concepire la vita e lo sport al di là dei risultati agonistici… Risultati ovviamente favolosi e che con tutta probabilità caratterizzeranno la sua carriera ancora a lungo: non bisogna essere dei veggenti infatti per prevedere che un cavaliere della sua straordinaria bravura, nel pieno della giovinezza sportiva e agonistica (38 anni proprio oggi: buon compleanno!), con una solida organizzazione alle spalle continuerà ad avere successo per molti anni a venire…
Il suo modo di vivere la vita e lo sport, dunque. Steve Guerdat malgrado l’esposizione mediatica e la visibilità intercontinentale è un uomo molto schivo e riservato: è sempre molto gentile con tutti, ma farebbe volentieri a meno di parlare con giornali e televisioni. Non per un fatto di prevenzione o di pregiudizio: no, proprio per una questione di natura dell’individuo. Un individuo che quando parla della principale occupazione della sua vita dice: montare a cavallo non è una cosa che io faccio, è una cosa che io sento. Basterebbe questo pensiero per rendere chiaro il tutto.
Steve Guerdat parla pubblicamente quando sa che farlo rappresenta una sua precisa responsabilità. Lo ha fatto – e in modo vibrante – per protestare a più riprese contro alcune decisioni della Fei che a suo modo di vedere (e non solo suo… ) compromettono la qualità dello sport, per esempio il passaggio da quattro a tre binomi componenti ciascuna squadra alle Olimpiadi; oppure quando la Fei aveva stabilito di eliminare la prova di velocità dal calendario del Campionato del Mondo (decisione fortunatamente poi rientrata, a fronte di forti proteste sollevatesi ovunque… ); o ancora quando ha avvertito il pericolo di ridimensionamento del valore della gara di Coppa delle Nazioni, competizione che nel suo personale concetto di sport rappresenta il vertice massimo.
Steve Guerdat parla pubblicamente anche quando sa che farlo può servire a un amico. Come nel dicembre del 2011 all’interno del mastodontico Palexpo di Ginevra, il vero e proprio tempio in cui si venera una divinità di nome Steve Guerdat… Il campione canadese Eric Lamaze voleva assolutamente ricordare lì, di fronte a quel pubblico immenso, il suo portentoso Hickstead morto tragicamente sul campo ostacoli di Verona solo un mese prima… «Steve, bisognerà dire qualcosa… ma io non ce la farò di certo: parla tu per me, per favore». E Guerdat ha parlato: parole di amicizia, di dolore, di ammirazione, di vicinanza, di solidarietà. La folla ha ascoltato in silenzio: alcuni con le lacrime agli occhi, tutti con il cuore che batteva forte nel petto. «Steve è un amico favoloso: dopo la morte di Hickstead mi ha telefonato ogni giorno per giorni e giorni», ha detto Lamaze. Eric e Steve: due amici, due cavalieri, due campioni. Nel 2012 Eric Lamaze è arrivato alle Olimpiadi di Londra con il titolo di campione uscente, Steve Guerdat è partito da Londra con il titolo di campione in carica. A volte lo sport racconta storie difficili anche solo da immaginare…
Steve Guerdat quando parla esprime concetti semplici, chiari e ben definiti. Ricordando il momento in cui suo padre Philippe – nato nel 1952, uno dei grandi nomi del salto ostacoli elvetico – ha appeso gli stivali al fatidico chiodo a soli 44 anni proprio per poter dedicare tutte le sue energie e le sue risorse al figlio, lui, Steve, ha detto di aver provato una grande delusione: «Sono rimasto scioccato da una decisione così improvvisa, deluso per non potermi trovare in concorso con lui, quello che era un mio sogno; al momento non avevo compreso veramente il significato di quella sua decisione, la generosità del suo intento nei miei confronti… ma ero giovane».
Ovviamente Steve Guerdat ha idee molto precise anche circa i cavalli, e circa i suoi in particolare: lui pensa che loro in quanto espressione della natura debbano rimanere il più a lungo possibile in contatto con gli elementi naturali… Per questo li lavora e li muove preferibilmente su terreni in erba; per questo li tiene all’aperto in paddock anche d’inverno sulla neve. Pensa che oggigiorno i cavalli sportivi siano eccessivamente protetti, cosa che rischia di renderli troppo deboli e vulnerabili: è abbastanza paradossale – ha detto una volta in un’intervista – che ci si preoccupi di lasciare i cavalli in paddock temendo che possano correre rischi e pericoli, e però poi li si faccia saltare senza alcuno scrupolo su percorsi da 1.60 alla massima velocità possibile…
La scuderia di Steve Guerdat si trova a Elgg, a una trentina di chilometri da Zurigo. Atmosfera da chalet di montagna: prati ondulati, boschi, legno, pietra. Ha molto senso che adesso questa sia la sua base di vita e di sport e di passione: perché in passato lo è stata di Paul Weier, 86 anni, uno dei più famosi e importanti cavalieri svizzeri (se non il più importante) del ventennio Sessanta /Settanta. Steve Guerdat infatti è proiettato nel futuro da sempre, dal momento in cui è nato si direbbe (i suoi genitori lo hanno messo in sella prima ancora che camminasse: «Ma non pony, mio padre ha voluto che io montassi sempre e solo i cavalli: non voleva farmi crescere attaccato a due redini galoppando freneticamente a tutta velocità, voleva che io imparassi a capire e sentire l’equilibrio di un cavallo»), ma con solide radici piantate nel passato e nella tradizione del salto ostacoli elvetico e internazionale: il papà Philippe, come detto, la ex scuderia di Paul Weier… ma poi anche Thomas Fuchs (63 anni, grandissimo campione nel ventennio Ottanta/Novanta, oltre che padre e naturalmente istruttore e trainer del figlio Martin, attuale campione d’Europa in carica) ancora oggi il suo tecnico di riferimento nonostante la contabilità delle vittorie e delle medaglie sia ben più consistente nel caso dell’allievo a fronte di quella del maestro.
Steve Guerdat è uno che ha sempre avuto le idee chiare circa sé stesso e il proprio futuro. Nel 2002, a 20 anni, viene ingaggiato da Jan Tops a Valkenswaard per sostituire nel ruolo di cavaliere di casa niente meno che lo svedese Rolf-Goran Begtsson. Steve assaggia le prime vere difficoltà: Tops è un commerciante, da lui i cavalli si montano per essere venduti, e per l’appunto questo capita nel caso di quelli che diventeranno i numeri uno del giovane Guerdat, Tepic, Pialotta e infine soprattutto Tijl van het Pallieterland, il cavallo con il quale Steve avrebbe dovuto scendere in campo nel Campionato del Mondo del 2006 come da accordi con Tops. Invece a un certo punto Tijl viene venduto al brasiliano Alvaro de Miranda Neto: «Il cavallo l’avevo davvero costruito io, mi ero molto attaccato a lui e la sua vendita improvvisa mi ha fatto capire quanto io avessi una concezione diversa dello sport e della vita». E così il giovane Guerdat prende una decisione tanto difficile quanto coraggiosa per un ragazzo della sua età e per un cavaliere in quella fase di carriera: decide di andarsene da Valkenswaard. Lascia Jan Tops. E lo fa senza avere alcuna alternativa, dunque buttandosi nel vuoto senza rete. Ma la soluzione alternativa si presenta: si materializza sotto forma del ricco ucraino Alexander Onishenko che gli offre un gruppo di eccellenti cavalli e un consistente gruzzolo da accantonare sul conto corrente in banca. Ma a una condizione: cambiare nazionalità e diventare ucraino, secondo la mentalità mercenaria e opportunistica tipica di Onishenko. Cavalli di qualità e soldi in quantità… risolto il problema di come continuare la carriera di cavaliere professionista… Steve Guerdat non ci pensa troppo: «No, grazie: io sono svizzero».
Io sono svizzero… Steve Guerdat vincendo a Londra 2012 è il cavaliere che ha dato alla Svizzera la seconda medaglia d’oro olimpica individuale della storia dopo quella conquistata da Alphonse Gemuseus a Parigi nel 1924; è il numero uno del mondo; ha vinto tre volte la finale della Coppa del Mondo; medaglia di bronzo individuale nel Campionato del Mondo 2018; due volte vincitore della finale Top-10 Rolex/Ijrc. Dice Guerdat: «Il mio obiettivo è vivere con i cavalli e vivere la gara. Mi piace da morire la gara: il lavoro che c’è dietro, quella sensazione che ti prende lo stomaco, questo continuo rimettersi in discussione… Non mi interessano i soldi, le mie motivazioni nascono dalle coppe, dalle medaglie, dalle vittorie: è questo che ci tocca nel più profondo del nostro essere».
E’ bello pensare adesso a tutte le volte che Steve Guerdat fermo sulla sella del suo cavallo o in piedi sul gradino più alto del podio ha guardato salire in alto la bandiera rossa con la croce bianca. La sua bandiera. E contemporaneamente pensare a quel momento di tanti anni fa quando qualcuno gli ha offerto soldi e cavalli in cambio del tradimento delle sue origini… No grazie: io sono svizzero. Steve Guerdat: il numero uno.