Bologna, mercoledì 1 aprile 2020 – Willi Melliger non è stato il cavaliere del solo Calvaro, mentre Calvaro come cavaliere ha avuto il solo Willi Melliger. E quasi come per sottolineare questa particolarità così suggestiva, Melliger e Calvaro sono accomunati anche dall’essere stati vittime di un destino davvero atroce: entrambi infatti sono scomparsi prematuramente (il cavallo nel 2003 a 17 anni, il cavaliere nel 2018 a 64) a causa di problemi di salute che infine si sono dimostrati fatali… Ma pur non essendo più fisicamente tra noi, sia l’uno sia l’altro sono ricordati – e per sempre continueranno a esserlo – come due dei più grandi protagonisti di sempre del salto ostacoli mondiale.
Già, il ricordo… La storia dello sport è piena di atleti che pur avendo vinto titoli e medaglie in gran quantità non vengono ricordati più di tanto dalla memoria del pubblico, e di atleti che al contrario hanno vinto meno ma che per qualche altro motivo sono assurti a vero e proprio mito. In sostanza: non basta vincere per essere davvero grandi, così come per essere davvero grandi non è indispensabile vincere. Ci vuole dell’altro. Calvaro, questo altro lo aveva. È stato il cavallo di un solo cavaliere, era imponente, sontuoso, potente, in più di mantello grigio e poi con l’età immacolato. È stato il simbolo della potenza svizzera nel salto ostacoli alla fine degli anni ’90 e primi del 2000. E per accertare la sua reale grandezza più di tutte le sue vittorie ottenute sul campo valgono le centinaia di lettere e disegni che gli hanno inviato in scuderia continuamente bambine e bambini da ogni angolo dei cantoni elvetici. E come se non bastasse, quando andava in concorso gli organizzatori gli riservavano un box doppio: per lui uno normale era troppo… stretto!
Calvaro è morto la notte dell’1 ottobre 2003 a soli 17 anni (Holstein nato nel 1986 da Cantus x Merano). È stato abbattuto perché le sue condizioni di salute non gli consentivano più una vita serena e tranquilla: praticamente non riusciva più ad alimentarsi, vittima di continue coliche e di conseguenti interventi chirurgici. Problemi di salute che partivano da lontano, addirittura da quella sua ultima stagione agonistica, il 2001, durante la quale nessuno del suo entourage riusciva a prendere la decisione di porre definitivamente fine alla sua carriera sportiva. Fino a che non fu chiaro che non ci sarebbe stato nient’altro da fare: e quando venne celebrato l’addio durante il concorso internazionale di Zurigo nel febbraio del 2002 Calvaro già mostrava i segni del suo indebolimento, una magrezza che sulla sua mole poderosa risultava ancora più evidente.
Per Willi Melliger non è stato facile dare l’ok all’iniezione fatale. Calvaro per lui è stato un vero e proprio compagno di vita, più che di sport. Melliger (nato nel 1953) non è certo divenuto famoso grazie a Calvaro, e di grandi cavalli ne ha montati parecchi prima di lui. Anzi, il suo unico oro individuale l’ha conquistato non in sella a Calvaro bensì con Quinta C: il titolo di campione d’Europa a Gijon nel 1993. Eppure è praticamente certo che in un futuro anche lontano chiunque parlando di lui lo farà associandolo all’immagine di questo grande cavallone grigio che ad ogni salto faceva esplodere il pubblico in un ooh di ammirazione.
Tutta la carriera agonistica Calvaro l’ha vissuta con Willi Melliger tra il 1994, anno del suo debutto internazionale, e il 2001, ultima stagione in gara. I suoi risultati più importanti, oltre a quelli ottenuti nei campionati internazionali (argento individuale olimpico ad Atlanta 1996 e a squadre a Sydney 2000, bronzo individuale e oro a squadre nel Campionato d’Europa 1995 a San Gallo, e ancora nell’appuntamento continentale bronzo individuale 1997 e argento a squadre 1999, più il 2° posto in finale della Coppa del Mondo 1996), sono le vittorie di San Gallo ’96, Aquisgrana ’99 e Lucerna 2000 in Coppa delle Nazioni, mentre in Gran Premio i successi ottenuti a Francoforte e Berlino nel ’95, San Gallo ’96 (Csio), Brema ’97, Parigi Jardy ’98, Parigi Salon du Cheval 2000 e Bordeaux 2001 (Coppa del Mondo). Le particolari caratteristiche tecniche che lo contraddistinguevano ne hanno fatto un cavallo da grandi campionati più che un vincitore di Gran Premi: nei barrage, infatti, Melliger non poteva galoppare più di tanto, non solo perché la mole del suo campione non lo consentiva al meglio, ma anche perché Calvaro a dispetto delle dimensioni era un cavallo molto nevrile e sensibile, dall’animo quasi del purosangue, dunque se spinto oltre un certo limite rischiava di ‘scaldarsi’ troppo e quindi peccare di precisione. Anche se il successo più importante del binomio Melliger/Calvaro è senz’altro la medaglia individuale d’argento alle Olimpiadi di Atlanta ’96, il figlio di Cantus ha vissuto il suo personale trionfo nel 1998, quando nel Campionato del Mondo di Roma si è laureato miglior cavallo dei quattro che hanno affrontato la finalissima (Lianos, Joli Coeur e Thor des Chaines gli altri tre, rispettivamente di Rodrigo Pessoa, Franke Sloothaak e Thierry Pomel). «Una bocca eccezionale, un equilibrio naturale perfetto, una potenza paurosa. Il percorso con lui sono stati sessanta secondi di sogno, avevo la sensazione di poter saltare qualunque ostacolo, anche le tribune dello stadio…»: così Rodrigo Pessoa – che a Roma nel 1998 ha vinto l’oro individuale – descrive le sensazioni provate quando ha montato Calvaro nella finalissima con lo scambio dei cavalli.
È vero: questa era l’idea che chiunque si è fatto anche solo nello stare a guardare Calvaro in percorso. Un cavallo di potenza straordinaria, quasi irreale, una maestosità che faceva soggezione. Calvaro è un cavallo indimenticabile: lo sarà per sempre.