Bologna, 24 settembre 2018 – Sono tanti i pensieri che affollano la mente dopo una manifestazione così complessa e impegnativa come i World Equestrian Games. Qui, quasi a caldo, ne mettiamo in fila qualcuno a proposito del Campionato del Mondo di salto ostacoli, non necessariamente collegato a quanto accaduto dentro il campo di gara…
Normalmente si ritiene che per partecipare bene a un campionato internazionale si debba essere forti. Sbagliato, non basta essere forti: bisogna essere più forti dell’essere semplicemente forti.
La scarsa affluenza di pubblico – se proporzionata a un evento di tale portata – dimostra una volta di più ciò che sappiamo benissimo da sempre: la ‘casa’ del salto ostacoli è l’Europa. La divulgazione dello sport è un concetto importantissimo da sostenere e promuovere: ma vedere quelle immense tribune vuote mentre si celebra la massima competizione del mondo ha fatto male al cuore… La seconda considerazione conseguente: cento persone in una tribuna piccola fanno effetto folla, cento persone in una tribuna gigantesca fanno effetto deserto…
La frenetica e indifferenziata attività agonistica che ormai riempie e satura il calendario del salto ostacoli internazionale ha probabilmente indotto la maggior parte delle persone – addetti ai lavori, osservatori, appassionati e forse perfino alcuni cavalieri – a ritenere che a Tryon si sarebbe celebrato l’ennesimo concorso ippico internazionale: importante, sì, ma né più né meno di tanti altri… Poi la sorpresa, quindi: il Campionato del Mondo non è equiparabile ad alcun altro evento sportivo… Anche se perfino la stessa Fei aveva tentato l’impresa di depotenziarlo riuscendovi solo a metà (della originale intenzione di sopprimere sia la tabella C sia la finale a quattro si è concretizzata solo la seconda).
Il Campionato del Mondo di salto ostacoli è quindi una ‘cosa’ potente. Deve esserlo. Deve differenziarsi da tutto. Una differenziazione che è una delle ultime speranze di scongiurare un livellamento e un appiattimento altrimenti generalizzato: campi ostacoli identici ovunque, gare identiche ovunque, terreni identici ovunque, materiale ostacoli identico ovunque… No: dobbiamo salvare e valorizzare le differenze. Deve esistere qualcosa di enormemente difficile per dare il giusto senso e valore anche a ciò che è facile.
Le Olimpiadi portano con loro il fascino della storia, della tradizione e del messaggio. Ma tecnicamente e agonisticamente parlando non hanno nulla a che vedere con il Campionato del Mondo: i Giochi Olimpici per la loro natura spirituale devono dare la possibilità a tutti gli atleti di sentirsi coinvolti e ‘dentro’ la gara, inclusione e non esclusione, comunione e non selezione. Il Campionato del Mondo no: qui devono primeggiare bravura e capacità di altissimo livello.
La seconda prova di un campionato internazionale – e dunque anche quella del Campionato del Mondo di Tryon – NON è una Coppa delle Nazioni. Non lo è. Quindi definirla Coppa delle Nazioni non è nemmeno un’approssimazione: è semplicemente sbagliato.
Aver abolito la finale a quattro con lo scambio dei cavalli ha privato il mondo dello sport di uno spettacolo unico ed esclusivo. Sull’argomento ci sono sempre state molte discussioni tra i favorevoli e i contrari: ciascuna parte con alcune buone ragioni, bisogna riconoscerlo. Rimane il fatto che un sublime spettacolo tecnico del genere si poteva ammirare solo una volta ogni quattro anni nel Campionato del Mondo, e fin dalla prima edizione nel 1953: la Fei a Tryon ha messo fine a tutto ciò. E lo ha fatto con una noncuranza sconcertante…
L’equitazione è uno sport fondamentalmente individuale. Ma le grandi gare a squadre trasmettono emozioni difficilmente descrivibili: soltanto provandole si riesce a capire. Quando arrivano momenti come quelli vissuti a Tryon il giorno della finale a squadre gli stessi protagonisti in campo sentono qualcosa di sorprendente, nel bene e nel male: come quando si scopre qualcosa di cui non si immaginava l’esistenza…
Ripensiamo alla successione delle emozioni vissute a Tryon: prima quella potente della gara a squadre, poi quella elettrizzante della gara individuale. Ebbene, alle Olimpiadi di Tokyo 2020 sarà esattamente la successione inversa: prima ci sarà la gara individuale e poi quella a squadre… Il che probabilmente toglierà… forza sia all’una sia all’altra, ma qui la Fei non c’entra, è una decisione del Cio (la Fei in ogni caso non ha battuto ciglio… ). Senza contare che se un cavallo o un cavaliere dovessero farsi male durante la gara individuale, o anche solo accusare una forma di penalizzante affaticamento, verrebbe irrimediabilmente compromesso l’esito della gara della squadra di quel cavaliere. Perché a Tokyo le squadre saranno formate da tre binomi ciascuna. E salvo che la Fei non provveda a riscrivere le regole fondanti dell’intera struttura del salto ostacoli (ormai non ci si stupirebbe… ), una squadra non può essere composta da meno di tre binomi.
Gli assenti hanno sempre torto, vero: però mai come nel Campionato del Mondo di salto ostacoli di Tryon si è registrato un così alto numero di assenze di amazzoni e cavalieri di primissimo livello dovute non a cause di forza maggiore (infortuni o cali di forma) bensì per scelta, e non per scelta dei responsabili tecnici… Tale considerazione nulla vuole togliere al merito di chi invece ha gareggiato e vinto: è semplicemente la constatazione di un dato di fatto. Simon Delestre, Ben Maher, Scott Brash, Luciana Diniz, Edwina Alexander, Christian Ahlmann, Daniel Deusser, Kent Farrington, Elizabeth Patton Madden, Maikel van der Vleuten. Philip Weishaupt sono solo alcuni dei grandi nomi assenti a Tryon.
Dove sta andando il salto ostacoli? Questa domanda potrebbe dare apertura a un’analisi molto complessa e articolata, non praticabile qui nello spazio di poche righe. Diciamo solo che molte delle cose che nel bene (speriamo di sì) o nel male (speriamo di no) cambieranno in futuro potrebbero trovare proprio nel Campionato del Mondo di Tryon il loro punto zero, il momento di coagulazione di spinte e tendenze e volontà e strategie che abbiamo visto svilupparsi nel corso di questi ultimi cinque anni. Staremo a vedere…