Grosseto, 29 agosto 2019 – Frequently asked question, per gli amici FAQ: ovvero una serie di domande ricorrenti che vengono rivolte, specialmente su Internet ma anche dal vero, a chi presta un qualsiasi servizio.
Capita anche a noi e il primo interrogativo di questa speciale compilation è certamente il seguente: «Come scegliete i servizi da pubblicare?».
Le risposte possono essere diverse, tante quante sono gli argomenti da trattare e le penne (o meglio oramai, le tastiere!) che se ne occupano sulle nostre pagine, comprese quelle web.
Ma giusto per togliervi questo sfizio vi raccontiamo come è nato questo articolo che, per quanto ne sappiamo, segue il più classico degli iter: qualcuno ha una buona idea da proporci e ci contatta, noi sottoponiamo il tutto al nostro Direttore che la valuta e, una volta ottenuto il via libera, si procede.
Nella fattispecie, Roberto Paradisi dell’Hotel Rifugio Prategiano è venuto a trovarci al nostro stand in Fieracavalli – smartphone brandito con una videata di Google Maps già aperta su di una area ben definita, approccio simpaticamente accattivante e tanto per attaccar discorso una domanda che non poteva non riuscire a catturare la nostra attenzione: «Sapete dove siamo qui?».
Da lì in poi tutto è filato liscio: presentazioni, convenevoli e via dicendo li abbiamo sbrigati in fretta, subito ci siamo persi a parlare della bellezza di quei posti e della loro storia.
Perché il trekking che Roberto voleva proporci era quello che porta nel Padule della Diaccia Botrona, la zona umida che si allarga tra Castiglione della Pescaia e Grosseto che non sappiamo decidere se sia più ricca dal punto di vista naturalistico o da quello storico: oltretutto una di quelle escursioni particolarmente interessanti perché adattissime ad essere protagoniste di un bel fine settimana d’inverno, quando gli insetti non sono ancora così numerosi da infastidire cavalli e cavalieri e i turisti sulla spiaggia praticamente inesistenti, così da renderne possibile l’accesso anche in sella.
Sembra tutto perfetto vero? Già immaginate il fortunato cronista con la valigia in mano e sul piede di partenza per la Toscana, adeguatamente rifornito di notes per gli appunti (con copertina nera in pelle di squalo, ovviamente) e macchina fotografica al seguito, che oramai bisogna essere multi-tasking e poliedrici.
Invece no: stavolta è andato tutto a pallino, e chi scrive per voi causa un impiccio personale all’ultimo momento ha dovuto annullare il viaggio.
Che fare? I cavalieri erano già sul posto, l’articolo già deciso e con il suo bravo spazio in timone, la stagione adatta per il trekking correva il rischio di scappare via e far rimandare tutto all’anno prossimo che sarebbe stato un peccato.
Di qui la decisione di raccontarvi ugualmente il trekking della Diaccia Botrona, seppure per interposta persona: ma la bellezza dell’esperienza è ugualmente percepibile, siamo convinti che vi piacerà ugualmente.
E’ Roberto Paradisi il primo adattaccare: «Abbiamo fatto la nostra escursione in una una giornata di febbraio perfetta, tiepida e soleggiata. Cinque tra cavalieri ed amazzoni i partecipanti all’uscita: Fabio Sabatini e Massimo Guerri, guardie ecologiche volontarie e nostri speciali accompagnatori sui loro Maremmani DOC, mia moglie Stefania, Renate dall’Austria e per finire mio figlio Andrea Paradisi, guida e organizzatore mentre io questa volta ho fornito il supporto logistico e l’assistenza a terra. La partenza era per metà mattinata dalle strutture della scuderia in località “Il Cristo”, dove un gruppo di appassionati mantiene strutture per ricovero cavalli, lavoro in piano e doma per i soggetti Maremmani che qui vanno davvero per la maggiore. L’itinerario è ricco di vedute mozzafiato e gli con animali selvatici come cinghiali, volpi, uccelli acquatici in varietà inimmaginabili sono all’ordine del giorno e all’ora di pranzo ci siamo fermati per un poc-nic nei pressi della Casa Rossa Ximenes, una caratteristica struttura funzionale al controllo ed alla regimazione delle acque della bonifica. Lì ci ha raggiunti Barbara Ponticelli, che ci ha tenuto compagnia raccontandoci fatti ed episodi storici della vita di Maremma, anche vissuti dalla sua storica famiglia.
L’anello del percorso di ritorno è passato dalla pineta e dalla spiaggia, prodiga di spazi per galoppare in libertà. L’attraversamento della pineta, qualche minuto dopo il tramonto che è molto bello e suggestivo, non ha prodotto foto perché la luce era troppo scarsa, ma in compenso una volta tornati in scuderia l’atmosfera per il bicchiere della staffa era perfetta!».
La passeggiata
Da Andrea Paradisi, guida equestre ed organizzatore della passeggiata a Diaccia Botrona, qualche dettaglio tecnico: « Siamo partiti verso le 10 di mattina e siamo rimasti in sella fino a mezzogiorno, per la sosta alla Casetta Rossa. Per le 17,30 eravamo di ritorno alle scuderie: abbiamo percorso circa 25 kilometri ad un ritmo molto tranquillo, da Marina di Grosseto a Castiglione della Pescaia e ritorno, l’asfalto lo abbiamo toccato solo attraversando il centro di Castiglione. Io la mattina ho montato Uragano, un nostro cavallo Maremmano e il pomeriggio Gina: è la mia cavalla da quando ero piccino, una speci di mix tra un cane, un gatto e una qualche specie di cavallo. E’ piccolina ma molto divertente da montare, simpatica e con tanto carattere. Mia mamma Stefania è stata il mio alter-ego montando lei Gina il mattino e al pomeriggio Uragano mentre Renate per tutto il giorno è stata l’amazzone di Top Gun, un Sella Italiano molto tranquillo e bravo adatto a tutti i cavalieri, dai principianti ai più esperti». Cosa ti piace di questo lavoro? «Trovo sia fantastico perché si conosce tanta gente, e poi mi dà la possibilità di vivere all’aria aperta, in mezzo alla natura e ai cavalli. Non finisce mai di stupirmi, e un ambiente spettacolare come Diaccia Botrona non è usuale nemmeno per me che vivo a pochi chilometri da qui, sulle colline metallifere di Montieri».
Il Padule Diaccia Botrona
E’ una delle ultime zone umide della Toscana, mai toccata dalle grandi bonifiche che dal 1700 in avanti hanno reso più vivibile il resto di Maremma: copre 1.273 ettari, e seppur molto ridotta come dimensioni rispetto all’antico lago Preglio di cui era parte integrante, ha conservato la capacità di immagazzinare acqua piovana trasmettendola alle falde sotterranee. E’ un luogo che può ancora accogliere la fauna selvatica e uccelli migratori o stanziali che trovano qui le condizioni ideali per riprodursi e nidificare, una vera e propria banca genetica a cielo aperto ideale per una passeggiata invernale o primaverile.
La famiglia Ponticelli
Di questo clan faceva parte anche la signorina Giuliana Ponticelli, deceduta ad 80 anni nel 2003. Una allevatrice che con la sua tenuta, La Trappola, ha lasciato il segno nella storia e nella genetica del cavallo Maremmano: una donna che sembrava incarnare la Maremma stessa, nobile e semplice al tempo stesso, sincera fino alla ruvidità ma profondamente innamorata della sua terra e delle sue tradizioni di cui si riteneva semplicemente una custode provvisoria. La famiglia è adesso rappresentata dai discendenti di un altro ramo, è Barbara Ponticelli a raccontarcene la storia: «Il primo Ponticelli ricordato in Maremma è un Domenico, nato nel 1698: da esso discende la linea terminata con il Commendator Luigi Ponticelli, nato il 1° ottobre 1880, appassionato di cavalli da corsa e che selezionò la razza del Casalone. Luigi è tra i promotori della costruzione dell’ Ippodromo di Grosseto (che prese il nome dal suo allevamento) con la costituzione della Società delle Corse nel 1924, società della quale la mia famiglia è azionista dai tempi di mio nonno Alfredo Ponticelli. All’epoca», continua Ponticelli, «era già impegnato nella bonifica della sua proprietà Paduline e Poggialetto, da lui trasformata ne “La Principina”. Mio nonno dopo la prima guerra mondiale, alla quale aveva partecipato come ufficiale di artiglieria, aveva acquistato la cavalla Mitzi che aveva montato al Piave e sul Montello ed era stata messa in vendita dall’Esercito a fine guerra. Amante dei cavalli, ne possedeva circa 300 capi nella sua tenuta “La Principina” ed era molto affezionato a Mitzi. Si commuoveva ogni volta che la guardava perché ripensava a quello che avevano vissuto insieme, non la volle vendere a Luigi a cui piaceva molto. Luigi, allora, gli propose di utilizzarla per migliorare il Maremmano facendola coprire con uno stallone di Puro Sangue Inglese, Valerius, prenotandosi ad acquistare il redo che ne sarebbe derivato. Da un registro d’ amministrazione aziendale risulta che il 16 aprile 1920 viene pagata per quella monta, al Comune di Grosseto, una tassa di 25,10 lire. Nasce così Valeria, una capolinea femminile della discendenza del Casalone. Valeria vince 15 corse in piano, in siepi ed a cross, un derby del Mezzosangue all’Ippodromo di Tor di Quinto a Roma ed un’ altro a Grosseto nel 1931. La linea familiare di mio nonno, comune a quella della Trappola, discende da Gualdo nel Casentino. Il primo Ponticelli del mio ramo è un certo Bartolomeo, che stipula con il Principe Corsini di Firenze atti notarili di macchiatico, proprietà varie e a Grosseto investe in immobili e stalle. La Trappola faceva parte della tenuta più ampia circostante, sempre della mia famiglia, tra le altre cose imparentata anche con i Pallini. La razza dei cavalli della Trappola viene determinata dal seme del famoso stallone Montedoro che ci era stato regalato da Vittorio Emanuele II».
Hotel Rifugio Prategiano
L’essenza della loro mission si riassume nel nome “Rifugio Prategiano”, adottando come simbolo il Giano bifronte. Rifugio perché è isolato, fisicamente ma anche idealmente, dalle interferenze turbinose delle attività moderne e dalle mode temporanee; e Prategiano (da prato di Giano) perché si richiama al mitico dio bifronte, dalle facce contrapposte, che guarda con una il passato e con l’altra il futuro. E’ nel 1971 che il Prof. Orazio Paradisi, classe 1928, dapprima pedagogo e poi direttore di progetti formativi del Ministero del Lavoro, decide di applicare i suoi miglior principi e conciliarli con un’attività imprenditoriale propria, coinvolgendo l’intera famiglia inclusi mamma, figli e poi nipoti. Ha così fondato il Rifugio Prategiano come lo conosciamo oggi: ospitalità si, ma più che altro una finestra per guardare oltre l’orizzonte, addirittura fino nel profondo di noi stessi.
Le meraviglie della natura hanno nelle menti fertili l’impatto più suggestivo. I contatti con varietà di piante, animali, paesaggi, aiutano a misurarci con la nostra evoluzione biologica, e in particolare il cavallo che è un compagno silenzioso, discreto, fedele. Il Prategiano è un trampolino di lancio verso esperienze importanti per gli adulti e formative per i giovani. L’armonia della natura è una testimonianza della debolezza e della fallibilità dell’uomo, per qualcuno sarà più facile capire il perché del Peccato Originale. Diamo la priorità all’essenza della realtà, relegando a nullità gli effetti di ciò che oggi è alla moda per conoscere il vero senso delle cose che ci accadono.