Bologna, 20 gennaio 2025 – Ognuno di noi ha una lista di desideri da esaudire nella vita: ci possiamo scrivere quello che vogliamo, non c’è nessuno che abbia diritto di veto o di critica sulla ‘to do list’ personale.
In quella di chi scrive queste righe c’era (anche) un viaggio a Vienna.
Ovviamente alla Spanische Hofreitschule per ammirare i cavalli Lipizzani proprio lì, nel luogo dove svolgono ancora oggi il lavoro (o l’Arte?) per cui sono stati creati.
Poi si sa, i sogni si devono un po’ adattare alla realtà quando scendono qui da noi, sulla terra.
Nello specifico. il mio viaggio a Vienna è coinciso con una delle poche settimane in cui i Lipizzani della Scuola Spagnola non fanno spettacoli, nè sessioni di lavoro aperte al pubblico.
Poco male: ci siamo deliziati ugualmente di vedere il Maneggio d’Inverno, dove normalmente lavorano e si esibiscono e la super-giostra dove si sgranchiscono le gambe.
E’ la più grande d’Europa tra quelle con pista ovale, ovviamente coperta per essere utile nelle lunghe e fredde giornate invernali: al suo interno c’è un campo in sabbia per lavorare a cielo aperto quando il tempo lo permette.
Giostra e pista occupano tutto un cortile della costruzione adiacente al Maneggio d’Inverno, sempre nel complesso dell’Hofburg, il Palazzo Imperiale degli Asburgo.
I box dei cavalli sono in parte ricavati nelle storiche poste dello Stallburg, proprio lì accanto: i cavalli attraversano Reitschulgasse sotto un passaggio coperto ogni volta che vanno al lavoro.
Parte delle scuderie è ricavata dalle antiche poste, con tanto di artistiche mangiatoie e gli altri tra le colonne del cortile.
La selleria è un mix tra praticità e conservazione storica: lo spazio è poco, meticolosamente utilizzato per avere comode le selle e i finimenti: splendide quelle utilizzate per le esibizioni, ancora identiche a quelle utilizzate tre secoli fa.
Poi ci sono loro, i Lipizzani: occorre uno sforzo di volontà per rispettare le regole, non si possono toccare nè accarezzare – ed è ovvio, altrimenti ad ogni visita comincerebbero a reclamare attenzioni sbattendo gli anteriori sulla porta del box.
Si riesce ad obbedire perché effettivamente è cosa saggia e giusta – ma tra tutti quelli che erano lì a riposarsi quando siamo passati ce n’era uno che ci guardava passare un po’ deluso, come a dire ‘Embè, non mi dite proprio niente?”.
Comunque sappiatelo: abbiamo resistito.
Anche davanti al box della mascotte di scuderia: il tradizionale Lipizzano morello (anzi, in questo caso baio oscurissimo!) che a cui viene sempre riservato un posto alla Scuola Spagnola, che lo considera un portarfortuna.
Molto simpatico e competente il giovane cavaliere incaricato di fare da Cicerone, la visita guidata è durata un’oretta ed è stata davvero piacevole.
Emozionante vedere lo storico maneggio coi suoi lampadari di cristallo anche vuoto, col trattore che sistemava il fondo. Cavalli e cavalieri non c’erano, ma era come se si riuscissero a sentire ancora – dopo secoli che qualcosa succede nello stesso posto, è come se rimanesse nell’aria un’impronta visibile, fatta di memorie e immagini e informazioni che si sovrappongono.
Ci sarebbe piaciuto sentire qualcosa a proposito del contributo alla storia della razza dato anche dall’Italia: ma qui siamo in Austria, i capostipiti Sagramoso, Napolitano e Conversano sono derubricati evidentemente a soggetti di orgine spagnola.
E verso i cugini di Montelibretti non c’è stata nemmeno l’ombra di un pensiero, ohibò: peccato, ma dopo la faccenda del Viva V.E.R.D.I. non è che potevamo aspettarci granché.
La cosa bella di una città antica come Vienna, però, è che dei cavalli si trova traccia ovunque, non solo nel tempio locale dell’Arte equestre.
I fiaker con le loro pariglie circolano tranquillamente in tutto il centro storico, all’interno della Ringstrasse (il vecchio perimetro delle mura medioevali, abbattute nel 1857) e anche nel Cimitero centrale.
I fiaccherai sono per la maggior parte vestiti in modo coerente al lavoro svolto. Bombette e impermeabili con la mantellina sono quasi d’ordinanza, e rendono l’aspetto dell’equipaggio decisamente piacevole ed elegante.
Gli abiti civili qualunque sono rari – e stonano esattamente quanto quelli dei colleghi italiani e di altre nazionalità.
I cavalli dei fiaker sono sempre attaccati in pariglia, e possono essere soggetti diversissimi tra loro: abbiamo visto molti Trottatori, diversi mezzosangue, anche due Haflinger e un paio di sospetti giovani Lipizzani.
Alcuni chiaramente professionisti di lungo corso, altri giovanotti alla prima stagione di lavoro: ma tutti sereni, bravi, in condizione e ferrati in modo adeguato all’impegno svolto.
Se volete prenderne uno li trovate tutti in fila negli spazi dedicati alla loro sosta, e funziona esattamente come per i taxi: si prende il primo della fila davanti, a scorrere tutti gli altri avanzano in attesa del prossimo cliente.
Abbiamo trovato qualcosa di equestre anche in posti generalmente insospettabili, come le chiese.
In diversi edifici sacri tra le lapidi in memoria di questo o quel personaggio ci sono anche piccole opere d’arte che ricordano i caduti dei reggimenti di cavalleria o dragoni imperial-regi.
Molto bello, per citarne uno, quello dedicato ai Dragoni del 14° Reggimento Fürst zu Windisch-Graetz.
Si trova nella navata di destra della Augustinerkirche, un passo prima del memoriale scolpito dal Canova per Maria Cristina d’Asburgo-Lorena e rappresenta l’alfiere con lo stendardo sul suo cavallo, fermo sugli appiombi.
Come se fosse di guardia lì, ancora più di cent’anni dopo lo scioglimento del reggimento.
Poi in giro per la città troverete tanti altri monumenti equestri, anche loro elementi indispensabili per dare il giusto tono imperial-regio all’architettura di quella che è stata la capitale degli Asburgo.
Ci è piaciuto particolarmente uno dei due cavalli alati di Erato sul frontone proncipale del Teatro dell’Opera di Vienna, montati da Armonia e dalla Musa della Poesia: quello di destra è un Purosangue Arabo, fatto e finito.
Da non perdere per nessun motivo la splendida collezione di carrozze imperiali del castello di Schonbrunn.
Adesso c’è la mostra Victoria! che prende nome dal legno preferito – semplice, come le sue abitudini quotidiane – dell’imperatore Francesco Giuseppe.
Ma ci sono anche le carrozze di gala più sontuose, complete dei loro finimenti: un vero tesoro, che trasmette più di tante altre cose l’atmosfera di quel tempo che fu.
Sono esposti anche una delle selle e i ritratti dei cavalli preferiti di sua moglie, Sisi, l’Imperatrice Elisabetta di Baviera: e la sua carrozza personale, che la seguiva anche in viaggio essendo trasportabile su ferrovia.
Dulcis in fundo torniamo a Vienna, dove abbiamo trovato anche uno dei nostri amati asinelli: è sulla parte posteriore della statua che orna la fontana di Stephanplatz dedicata a San Giuseppe e a un Gesù ragazzino.
La scena è quella della fuga in Egitto, l’asinello porta in sella la Madonna ed è condotto a mano da San Giuseppe: ci ha fatto piacere trovare, in tanta superba bellezza, anche qualcosa che ricorda e onora i più semplici.