Bologna, 22 febbraio 2023 – Spesso si parla e si ragiona sul valore emotivo del rapporto con il cavallo. E leggendo molti tra i racconti dei nostri young writer non si può che rafforzare ciò che da sempre sisteniamo: il cavallo ci fa bene! Ecco una testimonianza tra i lavori della categoria 14-17 anni.
Sono Chiara Lo Cascio, un’ammazzone di 16 anni e pratico salto ostacoli.
Fin da piccola i cavalli erano la mia passione. Non potendo permettermi di praticare equitazione mi accontentavo della ginnastica artistica e di vedere e coccolare i cavalli per strada o negli agriturismi.
Iniziai a montare a cavallo quando avevo circa 12 anni, un maneggio di cui non mi piace parlare vicino casa mia, oggi fortunatamete chiuso. Andavo circa una o due volte al mese, nulla di serio.
Verso i 13 anni mio cugino, militare, mi informò che nella sua caserma a Palermo era presente un Centro Ippico Militare dove erano ammesse anche persone esterne per la scuola, in poche parole il CIM metteva a disposizione i cavalli dello Stato per noi ragazzi che sognavamo in grande; fu così che incontrai la mia istruttrice e quella che possiamo ritenere la mia seconda famiglia.
Feci subito richiesta e venni accettata, ricordo ancora che la mia prima lezione avvenne il 15 aprile di quell’anno con una pony grigia chiamata Norvegia. Quella pony mi insegnò tutto, mi vide crescere, come la mia istruttrice; dal primo trotto ai primi percorsini al galoppo.
Non dirò che è stato facile, lei era molto furba e le cadute non mancarono così come fughe, sgroppate e insegnamenti.
Quando si fece male fu un brutto colpo, prima l’anteriore destro e poi il posteriore corrispondente; i tendini non ressero più e io smisi di montarla passando ai cavalli.
Norvegia rimase con me fino a quest’estate quando un maneggio locale l’ha adottata.
Vista l’impossibilità di montare la pony di cui mi ero innamorata mi assegnarono una cavalla maestra, saura, abbastanza alta e con parecchia esperienza ed un cuore enorme: Organza dell’EI.
All’inizio, vi confesso, non mi piaceva. Sembrava sempre sotto cadenza, stanca e non andava dritta nemmeno per errore; poi scoprii che il problema ero io.
Mi insegnò a montare, mi accompagnò nelle mie prime gare e mi regalò il brevetto; fui l’ultima persona a montarla di tutta la sua carriera. La mia istruttrice, Serena, diceva che “era nata con i piedi storti” ed era per questo che non andava mai dritto; sapevamo entrambe che il giorno in cui non avrebbe più sostenuto i ritmi del lavoro sarebbe arrivato presto.
Vero è che fui l’ultima persona a montarla ma mentirei se dicessi che fui l’ultima che rese felice.
I bambini dell’ippoterapia la adorarono, sempre desiderosa di coccole e cibo.
Così iniziò quella che ancora oggi per me è una sfida.
Verbena dell’EI è l’ex-cavalla della mia istruttrice; un drago. Piccola, scattante e con due molle al posto delle gambe. Pretendeva e ancora pretende la perfezione da chi la monta.
I primi concorsi con lei andarono benissimo, debuttammo nella mia prima novanta e poi tutto iniziò ad andare a rotoli. Era arrivato il mio primo blocco.
Non ero più presente a cavallo, mentalmente e fisicamente, abbandonavo Verbena a se stessa nel bel mezzo dei percorsi e iniziarono gli scarti, i rifiuti e gli eliminati in gara; non ero più io.
Serena non sapeva più che fare, come prendermi, diceva che ero troppo “cervellotica” e mi facevo prendere dal panico. Non era l’altezza dei salti il problema ma il non fidarmi di me stessa.
Iniziai a smettere di gareggiare e a tentare e ritentare a casa, ogni volta che qualcosa andava bene la mia testa mi ingannava e mi portava a sbagliare qualcos’altro.
Continuammo così fino a fine luglio per lo stop delle attività sportive di agosto a causa delle temperature troppo elevate nella mia regione.
Inizio a pensare che quel lungo mese di stop mi fece bene.
Arrivato settembre partii per un SummerCamp da Paolo Sareni che mi concesse l’onore di montare Quuni, un cavallo spaziale.
Non montando da un mese ci volle un po’ per riprendere i miei ritmi e il cambio improvviso di cavallo non aiutò.
Non posso, oggi, fare altro che ringraziare quel cavallino. Mi ha costretta ad affrontare me stessa e le mie difficoltà.
Tornata in Sicilia con la convinzione di fare meglio ripresi a montare al CIM.
Io e Serena iniziammo a capire che montare tanti cavalli diversi mi aiutava in qualche modo a montar meglio Verbena.
Iniziai a variare tra cavalli esperti e puledri oltre lei fino ad arrivare ad oggi.
L’equitazione è la mia valvola di sfogo, ogni tanto una fote di frustrazioni ma sempre una di felicità. Quando sono con i cavalli i pensieri mi abbandonano e i problemi vengono posti in secondo piano dall’amore che provo per il mio sport.
La mia testa ancora mi gioca brutti scherzi e continuo a far impazzire la mia istruttrice ma sto migliorando, piano piano sto imparando a controllare la mia testa.
Oggi sono qui che vi scrivo con la speranza di “sbloccare” un’altra parte di me e prendere in mano la mia vita e portarla verso quello che è uno dei miei tanti sogni e obiettivi. Vi ringrazio per aver dato questa possibilità a tutti noi giovani appassionati del mondo equestre e della scrittura.
Chiara Lo Cascio