Bologna, 7 marzo 2023 – Scorrendo tra gli elaborati inviati dai lettori per il contest Young Writer di Cavallo Magazine, nella sezione 18+ la giuria ha valutato che il lavoro di Andrea Capuani, 26 anni, romano, meritasse di essere condiviso. Perché? Perché si parla di passione. Una passione comune in cui molti, ne siamo certi, si riconosceranno
Il tonfo degli zoccoli sulla sabbia ancora legata al gelo della notte. Il sole ha appena iniziato a far capolino, ma si è già in campo ad allenarsi. Ci si scalda con il solito allenamento. Nuvole di vapore dalle possenti narici della mia baia. Si è fatto passo e trotto, e ora galoppo. I muscoli sono caldi. Stringono e rilasciano la più bella forza cinetica che solo un cavaliere o amazzone può comprendere. I suoi muscoli sembrano pistoni di un motore… il respiro è regolare e possente. Ma sono io che respiro o è lei? Sto attento a mantenere un buon assetto. Testa, schiena, braccia, gambe e talloni. All’ennesima falcata capisco. Sento ogni suo singolo muscolo e lei del pari con me. Entrambi respiriamo a ritmo regolare, come in un tacito patto, il ‘’lavoro si fa in due’’. Entrambi concentrati su ciò che fa l’altro. A chi mi chiedesse ciò che sto narrando risponderei: «Questo è un binomio».
Da dove incominciare questa piccola biografia della mia passione? Far capire cosa si provi? Iniziare, frequentare questo mondo del cavallo, definendolo addirittura come una droga! Per poi metterci sempre più impegno finanche al sacrificio. Forse, come tutte le storie d’altronde, è meglio cominciare dal principio. Avevo tredici anni. Poco distante da casa vi è un casale di vecchia data. Non proprio in un buono stato a dire il vero. Avevo sempre pensato che fosse abbandonato. Eppure un giorno, passandoci davanti come al solito tornando da scuola, notai una nuova insegna: ‘’Circolo ippico’’. Da tempo in realtà mi piacevano i cavalli. Quando ero più piccolo già i miei genitori mi avevano portato in un centro equestre. Ero talmente piccolo che l’istruttrice mi dovette reggere in sella, non arrivavo con le gambe nemmeno alla pancia dell’animale. Anni più tardi provai qualche passeggiata. Ma farlo come sport? E poi dove? Non lo sapevo proprio. Eppure passando davanti a quell’insegna così insolitamente vicina non mi potei trattenere dal chiedere a mia madre di vedere cosa facessero lì dentro. Ovviamente mi accontentò. Vide una strana euforia nei miei occhi… Andammo un pomeriggio d’inverno. Non pensai assolutamente che dietro a quella costruzione così mal ridotta vi fosse un maneggio in piena attività. Cavalli portati a mano a sellare. Nei paddock a mangiare fieno. E il campo! Non avevo mai visto un campo in sabbia da salto ostacoli. Ragazzi e ragazze della mia stessa età montavano con estrema disinvoltura. E c’ erano anche i più piccoli con i loro pony. Mi feci un giro mentre mia madre già chiedeva informazioni per eventuali lezioni. Sentii parlare di sfuggita di ‘’battesimo della sella… alla longia… tondino…’’ cosa volevano dire? Parole sconosciute per me, ma presto le avrei imparate e non più scordate, assieme ad una miriade di altri termini. Ogni cavallo che mi passava davanti mi incuteva, in tutta la sua mole, paura e meraviglia insieme. «Posso accarezzare?» chiedevo sempre, e chiunque acconsentiva con un sorriso amichevole. Si vedeva che era la prima volta che interagissi così appieno in questo ambiente. Chi indaffarato a strigliare, chi a docciare, ma tutti ben disposti a perder tempo e condividere la loro ‘’passione’’. «Mi raccomando, lentamente e a debita distanza» dicevano sempre. Ero intimorito, lo ammetto. Ma dopo poco percepii una cosa che mi avrebbe svelato l’istruttrice in seguito. Anche ‘’lui’’ sembrava intimorito! Era come se quell’animale percepisse le mie emozioni. ‘’Non è possibile…’’ pensai ‘’…sarà solo una mia impressione’’. Entrai in scuderia. Un odore pungente mai sentito prima mi travolse. Un misto di cavallo, fieno e… letame. Un ‘’profumo’’ che sarebbe bastato fino ad oggi a disegnarmi automaticamente un sorriso sulle labbra. I cavalli chiusi dentro ai box mangiavano tranquilli. A chi si affacciava a guardare quel giovinetto intruso, veniva ripagato con una carezza sul muso o manciata di fieno raccolto da terra. Era più forte di me. Dopo aver attraversato tutta la scuderia nella sua lunghezza uscii. Ogni tanto sentivo le urla degli istruttori in campo, le loro ‘’riprese’’, che in futuro avrei compreso. Spesso anche a mie spese… Ma bisogna pur imparare, giusto?! Mi avvicinai a bordo campo, ancor più incuriosito di quanto non fossi già. Un cavallo uscì in un determinato momento dalla pista. Era diretto al galoppo verso un ostacolo a fianco del quale l’istruttore si era piantato gridandogli varie cose che non comprendevo ancora. Una, due, tre falcate… e salto! Era incredibile. Non era un ostacolo affatto alto, ma per me era come se avessi visto saltare la tribuna su cui ora ero seduto a guardare rapito. Mia madre mi raggiunse poco dopo. Aveva preso appuntamento per la prima lezione, il ‘’battesimo della sella’’ appunto. Sarei tornato pochi giorni appresso. Sulla strada del ritorno mi chiese che impressione avessi avuto. Mi limitai a dire che avremmo visto come sarebbe andata la prima lezione. Per la verità ero un poco emozionato. Nella testa già mi immaginavo dentro al campo a saltare quello stesso ostacolo. Figuriamoci… mi sarei accontentato anche di meno. Inutile dire che i fatti avrebbero superato le aspettative. Il giorno in cui saltai in groppa al cavallo della scuola per la mia prima lezione non lo scorderò mai. L’approccio iniziale. La nomenclatura dettagliata delle parti del corpo e dei finimenti. A poco a poco la forte emozione che provavo e il disorientamento cedettero il posto alla sempre più forte voglia di imparare. E, senza che me ne rendessi conto, passarono giorni di lezioni, poi mesi ed infine anni. A sedici anni i miei genitori mi fecero il più bel regalo che mai avrei potuto desiderare. Come già avrete capito, qui entra in scena una grande amica, per la quale feci e continuo a fare tutt’ora sacrifici, ma che sempre ne valgono la pena: Alisette. Oramai fu chiaro. Questo non è solo sport, è anche una passione. Svegliarmi, da anni oramai, al mattino presto, freddo o caldo che sia. Svegliare con un bel biscotto la vecchia amica che mi porta su di sé. Svuotare gli zoccoli. Strigliarla a dovere. Sellarla. Montarla in campo. Allenarsi con i vari esercizi fin’ anche allo stremo delle proprie forze. Controllare che non abbia lesioni o una sopraggiunta infezione chissà dove e perché. Foraggiarla. Coprirla se fa freddo. Rinfrescarla se fa caldo. Muoverla ogni volta che serve. E ora che mi guardo indietro, tutto ciò che ho fatto in scuderia fino a adesso con Aly o anche con altri cavalli, mi chiedo se ne vale davvero la pena. Poi guardo avanti, e mi rispondo: sì, ne vale! A volte, anzi spesso, è estenuante. Sciocco non ammetterlo. Tutto ciò che vale del prezioso per il nostro spirito costa sacrificio e determinazione, nei rapporti interpersonali come anche lavorativi. E quindi senza dubbio anche nell’equitazione. Durante varie vicissitudini sono stato più volte, per famiglia, lavoro o altro, sul punto di abbattermi inesorabilmente. Ma la mia fida cavalla era sempre lì ad aspettare che mi decidessi a montarla. Può sembrare assurdo eppure così è. Sono giunto alla conclusione, ma prima vorrei rivolgermi a te che mi stai leggendo. Non so se mai sei salito su un cavallo , magari monti abitualmente o magari no. Forse non ti sei neanche affacciato al mondo equestre. In ogni caso ascolta. Ma non me! Avvicinati al cavallo. Guardalo negli occhi. Posagli la mano sul muso. Non noti qualcosa? Qualcosa che non riesci a definire, di ancestrale magari, ma che esiste e che soprattutto ‘’senti’’? Ciò che ognuno di noi possa sentire lo vive alla propria maniera. Tu ascolta e basta. Ascolta quel tacito richiamo. Ascolta… ti sta parlando.
di Andrea Capuani